Apr 03 2022

SVELATA LA PROVENIENZA DELLA PIETRA DELLA CELEBRE “VENERE” GRAVETTIANA DI WILLENDORF: E’ ITALIANA, DELLA LESSINIA!

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La “Venere” gravettiana di Willendorf

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La piccola scultura litica femminile di Willendorf, alta 110 mm, risalente a circa 30.000 anni fa e appartenente alla tipologia delle cosiddette “Veneri” del Gravettiano, è un’autentica icona del Paleolitico, rinvenuta sulle rive del Danubio nel 1908 ed esposta nel Museo di Storia Naturale di Vienna. Recentemente è stata ristudiata da un gruppo di specialisti austriaci e tedeschi, che hanno appena pubblicato uno studio su Scientific Reports. Le analisi condotte con tomografie microcomputerizzate rivelano l’origine, la scelta del materiale e le caratteristiche della superficie nella quale è stata scolpita, una tenera oolite del Mesozoico. Dopo aver campionato molti affioramenti oolitici su un raggio di 2500 km dalla Francia all’Ucraina, è stata trovata una corrispondenza sorprendentemente stretta con la granulometria del calcare oolitico del Lago di Garda, soprattutto dall’area di Sega di Ala nei Monti Lessini, tra Trentino e Veneto. Tutto ciò sembra suggerire una notevole mobilità delle popolazioni Gravettiane così come un trasporto su lunghe distanze di manufatti da sud a nord ad opera di gruppi di cacciatori-raccoglitori sapiens, prima dell’ultimo massimo glaciale.

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Dic 16 2021

SEFFORIS LA CITTÀ MISTERIOSA

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Secondo la tradizione, Maria non era di Nazareth, era nata a Sefforis, primogenita di una anziana coppia, Anna e Gioacchino, intorno al 18 a.c. e solo in un secondo tempo si era trasferita a Nazareth. 

Sefforis è in quel periodo la capitale amministrativa della Galilea, è a solo pochi chilometri da Nazaret, anzi è ben visibile da Nazaret essendo situata su una collina, inoltre vi era nata Maria, e lo stesso, non  viene mai citata nei Vangeli. 

Pertanto andiamo a vedere cosa possiamo sapere della  Sefforis nel periodo romano.

Sefforis, chiamata con vari nomi a seconda del momento storico (Autocratoris, Neronia, Eirenopolis, Diocaesarea, Zippori, Saffurieh), era una grande città di epoca romana-bizantina, situata al centro della Bassa Galilea, cinque km a ovest di Nazareth. 
 Fu anche capitale amministrativa della Galilea al tempo di Erode Antipa, quindi negli anni in cui Gesù fanciullo cresceva a Nazareth. Era abitata da una comunità di ebrei già al tempo di Alessandro Janneo, verso il 100 a.C. Pochi anni dopo, nel 56-57 a.C. il proconsole di Siria, Gabinio, assegnava a Sefforis la sede di un Sinedrio, vale a dire il consiglio del governo interno alla comunità giudaica, e quindi riconosceva il carattere giudaico della città. Negli anni 3-18 d.C. il Tetrarca di Galilea Erode Antipa la eleggeva a sua capitale, prima di trasferirla alla nuova città di Tiberiade. Verso l’anno 200 d.C. Rabbi Yuda Hannassi completò la Mishnah residendo a Sefforis. Sefforis fu abitata anche in epoca bizantina (4º-7º secolo d.C.) da una fiorente comunità giudaica.
Le fonti rabbiniche ci informano che a Sefforis esistevano 18 sinagoghe in epoca bizantina o talmudica. 

Ma la situazione diventa più interessate se analizziamo in dettaglio il periodo a cavallo dell’anno zero.

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Mar 17 2021

RIEMERGE IL PIÙ ANTICO MONASTERO CRISTIANO D’EGITTO

Il monastero. Ph. Ministero delle Antichità dell’Egitto

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Una missione archeologica franco-norvegese ha rivelato, nel fine settimana, la scoperta del più antico monastero cristiano d’Egitto: si trova in pieno deserto e risale al IV secolo d.C.

Una missione archeologica franco-norvegese, guidata dall’Institut français d’archéologie orientale, ha rivelato, nel fine settimana, di aver scoperto il più antico monastero cristiano noto in Egitto. Il sito è stato trovato nell’oasi di Bahariya, nel mezzo del deserto, a una distanza di circa 370 km dalla capitale Il Cairo. “La missione franco-norvegese”, ha spiegato il Ministero delle Antichità dell’Egitto in un comunicato diffuso sabato, “ha scoperto, durante la sua terza campagna di scavo nel sito di Tal Ganoub Qasr-al Agouz nell’oasi di Bahariya, molti edifici costruiti in basalto, altri scavati nella roccia e altri fatti di mattoni di argilla”. Il complesso è suddiviso in sei settori, dove sono state rinvenute le rovine di tre chiese e di celle monastiche le cui pareti mostrano graffiti e simboli con iscrizioni legate alla cultura copta. Sono stati ritrovati anche numerosi ostraka (frammenti di ceramica) con iscrizioni in greco che fanno riferimento ai monaci. Sulla parete di una chiesa sono stati rinvenuti anche alcuni passaggi biblici in greco, da cui si ricavano importanti informazioni sulla vita monastica nella zona. La scoperta risale all’anno scorso, ma gli scavi in quest’area sono cominciati una decina di anni fa.

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Dic 19 2020

LETTERA DELL’IMPERATORE SETTINO SEVERIO ALLA CITTÀ DI NICOPOLIS

Lettera dell’imperatore  Settino Severio  alla città di  Nicopolis

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Una lettera imperiale dell’Imperatore  Settimio Severo alla città di Nicopolis ad Istrum nell’odierna Bulgariasettentrionale, è stata esposta al pubblico per la prima volta da secoli. 

È l’unica lettera intatta di un imperatore romano mai scoperta in Bulgaria. 

E’ sopravvissuta perché è stata scolpita su una lastra di calcare di 2 tonnellate alta 3 metri. 

L’iscrizione fu riscoperta nel 1923 spezzata. I pezzi sono stati conservati al Museo di Storia di Veliko Tarnovo sin dalla loro scoperta, ma sono stati assemblati solo di recente. 

Gli epigrafi hanno ora tradotto completamente le 37 righe dell’iscrizione e la stele è stata reinstallata nella sua posizione originaria presso il parco archeologico vicino a VelikoTarnovo.

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Set 30 2020

IL RETICOLO URBANO DI VERONA

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Verona è sempre stata un perfetto incrocio ortogonale di cardini e decumani, con isolati di dimensioni costanti. 

Il decumanus maximus e il cardus maximus realizzati in età romana misuravano 720 metri ciascuno, a costituire una ‘centuria quadrata’. 

Una superficie iniziale di 477.000 mq, un perimetro di 2,7 km, strade larghe 8 m (6 m la carreggiata, 1 m ciascuno i marciapiedi) crearono isolati a pianta quadrata con lato oscillante tra i 75 e gli 80 metri.

Oggi le linee perimetrali degli isolati romani si sono perfettamente conservate grazie al loro mantenimento durante l’altomedioevo, come dimostrato dagli scavi archeologici. 

Indagando tre edifici altomedievali, in via Dante, in Corte Quaranta e in vicolo Monachine si è inoltre giunti alla conclusione che Ia mancanza di edifìci al centro degli isolati nel periodo altomediovale non rappresenta, come in altre città, un segno di abbandono. Ci fu invece una parziale occupazione del lastricato stradale romano, che portò all’avanzamento degli isolati altomedievali rispetto a quelli romani. L’isolato di Palazzo Maffei per esempio venne allungato di ben 9 metri. 

Le case finirono dunque per disporsi in fila sul perimetro dell’isolato, lasciando sgombra di edifici la zona centrale. Questa disposizione di più proprietari affìancati sul margine della strada fece sì che all’interno degli isolati si realizzassero orti e giardini ma anche depositi di rifiuti domestici.

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Fonte: srs di Andrea Schiavone, da  facebook:  LA ME BELA VERONA 


Set 14 2020

VERONA. UNA MANSIO SOTTO L’EX CINEMA ASTRA

Category: Archeologia e paleontologia,Verona storia e artegiorgio @ 14:41

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Nell’estate autunno del 2004, sotto l’immobile di via Oberdan 13 (ex cinema Astra), 200 mt da Porta Borsari e dunque appena fuori dalle mura, gli scavi per la realizzazione di un piano interrato hanno portato alla luce una serie di strutture a carattere residenziale.  
Una stazione di posta (mansio), adibita a fornire ospitalità pubblica e privata lungo la Postumia.


Su alcune pareti rimangono consistenti resti dì affreschi che richiamano pitture di III stile, mentre in 7 vani sono stati individuati pavimenti in signino bordati da fasce di tessere musive e contenenti campi centrali decorati da tesselle e crustae. L’edificio doveva essere dotato di un piano superiore di cui è testimoniato il crollo nel vano F. Tale piano era dotato di pavimentazioni musive. Un totale di 20 vani con alcuni ambienti aventi riscaldamento a parete e a pavimento.

Fonte: N.R.  


Ago 05 2019

L’ANTICA PATAVIUM ROMANA SOTTO AL PEDROCCHI

 

Nel 1764, davanti all’ormai diroccata chiesa di S. Giobbe, sul lato nord della Piazzetta Pedrocchi, a 4 – 4,5 m di profondità, fu rinvenuto un lastricato in trachite insieme ad un fusto di colonna, non scanalato, in marmo grigio, che servì poi, l’anno dopo, di sostegno al leone di S. Marco della Serenissima in Piazza dei Signori, e ad un blocco cilindrico di colonna in marmo rosso.

Così nel 1812 alla stessa profondità, demolita la chiesa, durante gli scavi effettuati dal Noale, si trovò un altro resto di colonna, col suo plinto inserito nel pavimento.

Nel 1888 si rinvennero altri frammenti architettonici ed un altro fusto scanalato; mentre, ancor prima, nel 1877, sempre alla stessa profondità, si era notato un altro resto di lastricato, con colonne scanalate e decorate ed altre di misure minori, sfaccettate o lisce.

Tutto ciò fece dunque pensare all’esistenza di un altro colonnato. Inoltre durante i lavori del Caffè si rinvennero altre due basi, con parti inferiori di colonne a 5 m di profondità. Si calcolarono pertanto tre colonne distanti rispettivamente 4,03 m.

Tutto lasciò supporre l’esistenza di un tempio databile ad età flavio-traianea (periodo tra Domiziano e Nerva). che fu distrutto da un incendio (tracce di cenere furono rinvenute durante gli scavi) ed in seguito risistemato in età adrianea.

 

Fonte: (da “Padova e il suo territorio nell’antichità” di R. Mambella)

 


Lug 29 2019

LE RAPIDE DEL TICINO

Pombia-Ticino Cartina-1850

 

 

Questo Capitolo porta a stabilire come fosse il fiume Ticino in età etrusca, per costituire un indizio sostenibile alla tesi dell’identificazione del sito di Melpum con l’attuale Pombia.

 

La tesi poggia molto sul fatto che Melpum dovesse avere un porto fluviale per risalire le rapide, e dunque con questa parte dello studio, cerco di dimostrare che detto porto ci fu veramente, perché se il fiume non avesse avuto percorso e quote adeguate, molte delle mie ipotesi cadrebbero.

 

Per evitare di leggere un capitolo noioso, a chi non è interessato all’idraulica fluviale, concludo qui in anticipo che in età etrusca, la rapida del Ticino copriva un dislivello di 20 metri su 2 chilometri, quindi era ripidissima ed invalicabile con le imbarcazioni. Nell’ottocento invece, prima della costruzione delle attuali dighe, la rapida è divenuta alta 30 metri, ma sul percorso di 10 chilometri, per cui divenne meno ripida di quella antica e perciò si è potuta navigare (parzialmente).

 

Il comportamento del fiume

 

Per capire cosa determina lo scorrimento dell’acqua di un fiume, su un territorio composto da sabbia e ghiaia, come sono fatte le colline (morene glaciali) che chiudono a sud il Lago Maggiore, possiamo osservare come si comporta la battigia di una spiaggia al variare della forza delle onde marine.

 

Durante una grossa mareggiata, il mare asporta completamente la spiaggia mettendo a nudo le rocce e trascinando sul fondo tutti i detriti di sabbia e ghiaia. Nei mari aperti (fetch 1000 km) la velocità delle onde è circa metà della velocità del vento che le forma, pertanto con una buriana da 80 Km/h arrivano onde alla velocità di 40 Km/h. Si noti che la velocità di 36 Km/h equivale a 10 metri al secondo, e questo dato è da ricordare perché è una velocità critica di logoramento più volte citata in questo testo.

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Lug 26 2019

ADDIO A GIOVANNI TODESCO, LO SCOPRITORE DEL DINOSAURO «CIRO»

Addio a Giovanni Todesco, lo scopritore di «Ciro», il baby dinosauro italiano.

 

Si è spento ieri a 72 anni, nell’abbraccio della sua famiglia, il paleontologo dilettante che nel novembre del 1980, nel Beneventano, recuperò da una cava la lastra che per milioni di anni era stata la «cuccia» dello Scipionyx Samniticus.

 

Fu questo il nome che il mondo scientifico attribuì a quella che è stata definita come la scoperta paleontologica del Novecento e che è avvenuta grazie alla passione di un tecnico calzaturiero in vacanza nel Sannio assieme alla sua famiglia.

 

La moglie Giovanna, i figli Valeria e Alessio, lo hanno accompagnato mano nella mano nel suo ultimo chilometro, quello di una lunga e difficile «maratona» di malattia, dopo «una vita di emozioni e sorprese» come diceva lui, come accadeva le domeniche di tanti anni fa, passate a «cavar sassi» di qua e di là per il gusto di scoprire il tesoro che millenni di storia ci avevano custodito dentro. 

 

Fonte: srs di Paola Dalli Cani, da  L’arena di Verona del 26 luglio 2019

Link: https://www.larena.it/territori/est/val-d-alpone/addio-a-todesco-lo-scopritore-del-dinosauro-ciro-1.7508198

 

 

SI È SPENTO IL VERONESE GIOVANNI TODESCO, SCOPRITORE DEL «PRIMO DINOSAURO ITALIANO»

 

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Lug 25 2019

PREMESSA ALLA TESI DI MELPUM

Category: Archeologia e paleontologia,Storia e dintornigiorgio @ 21:48

Ortelius, 1624, Italia Gallica sive Gallia Cisalpina ex conatibus. Dettaglio. Nella parte centrale dell’immagine ingrandita si può vedere l’indicazione Melpum

 

 

Tengo ad evidenziare che questo Testo, articolato in più capitoli, non espone un qualcosa che è stato trovato, ma l’opinione su come si possa trovarlo, secondo un metodo deduttivo, che conoscendolo, può essere applicato a qualunque ricerca, perché segue logiche precise e solitamente funzionanti.

 

Il problema della ricerca archeologica sta nell’essere autorizzati a farla, e perciò un privato che non lo è, può ugualmente individuare Siti archeologici, con queste analisi che consentono di indirizzare Prospezioni Strumentali preventive, da cui poi si attiveranno veri scavi autorizzati.

 

Nei capitoli precedenti, relativi al Viaggio di Annibale, è stato esemplificato come l’analisi dettagliata di un testo, produce un assemblaggio di indizi, che per confronto con la carta geografica e l’esplorazione territoriale, consente una serie di conferme ed esclusioni, che, con la comune logica ipotetico-deduttiva, porta a scoprire realtà che non sono state citate dai testi storici, o sono state distorte o mentite, così che si possa ricostruire come fu la vera storia.

 

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Lug 22 2019

L’ANALISI DEI DATI DI MELPUM

Category: Archeologia e paleontologia,Storia e dintornigiorgio @ 09:26

 

 

 

Come già visto in precedenza, la prima operazione dell’indagine è di raccogliere tutti i dati disponibili per analizzare significati, motivazioni, tempi degli eventi, luoghi della Padania nord- occidentale, per individuare quale può essere l’ubicazione di Melpum.

 

Tito Livio scrive che le invasioni galliche cominciarono alla fine del VII sec.a.C. con l’arrivo dei Biturigesdi Bellovesus,e continuarono fino al IV sec.a.C.; però l’archeologia ha corretto che vi furono prima solo immigrazioni pacifiche con integrazione di Celti, e solo nel 4° secolo a.C. vi fu una invasione.

 

La grande ondata invasionistica che distrusse Melpumnel 396 a.C., e poi tutte le città etrusco-padane, fu quella delle tribù Galliche deiBiturgi, Edui, Arverni, Ambarri, Carnuti, Aulerci, Senoni, Cenomani, Boi, che fecero fuggire i precedenti Leponzinelle valli alpine dell’Ossola e Canton Ticino, spinsero gli Orobie Camunisui monti loro vicini, nonché cacciarono liguri, umbried etruschi, dalla sponda sud del Po’ all’Interno dell’Appennino. Solo gli Insubriseppero respingere i Galli, conservando il loro dominio sulle colline del Verbano, Ceresio e Lario. La grande massa di gente nuova cambiò il lessico padano, e l’archeologia ha classificato questa nuova Cultura come il tipo La Tène.

 

Quando giunsero i Romani nel 3° sec.a.C. trovarono Galli ovunque e diedero nome di Gallia Cisalpina a tutta la Padania, riservando i nomi dei predecessori ai loro monti (Alpi Leponzie, Retiche, Orobie, ecc.).

 

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Lug 19 2019

GLI INDIZI DI MELPUM

Category: Archeologia e paleontologia,Storia e dintornigiorgio @ 21:41

 

Siamo giunti al capitolo principale che indica come fare il riconoscimento archeologico di un sito insospettato, ma questa spiegazione non regge da sola, se non si seguono prima le indicazioni dei capitoli precedenti, e perciò li riepilogo per chi apre questa pagina senza aver già visto le altre.

 

Disegno n. 1 di Pombia reaiizzato nel 1994, per evidenziare meglio le caratteristiche. Si noti che il “Roggione” (a metà disegno sulla destra) non è un torrentello ma è il fosso che si è scavato il deflusso continuo delle acque della cloaca etrusca, che è stata tagliata dai romani quando hanno fatto il canalone che separa il Castrum

 

1° indizio: Le Fonti Storiche:

 

Livio scrive che nel IV sec.a.C. i Galli vinsero gli Etruschi sul Ticino, quindi è lì che si deve cercare, con una buona carta geografica, per valutare i possibili percorsi etruschi sul Ticino.

Mi documento su tutti i testi storici possibili, per sapere come può essere fatto ciò che vado cercando.

 

2° indizio: L’analisi Stradale:

 

La carta geografica indica strade, che non c’erano, ma rispecchiano itinerari fondamentali, valuto distanze tra punti salienti, alture, valichi alpini, laghi, guadi, confluenza di fiumi, incroci tra gli itinerari fondamentali. Con la logica delle probabilità ed esclusioni, stringo il cerchio su poche aree possibili.

 

4° indizio: Riconoscimento del Sito sulla Carta Geografica

 

Con le idee chiare di come deve essere fatto il sito cercato, esploro una carta geografica molto dettagliata (IGM), per identificare un’area che corrisponda alle caratteristiche cercate; in prima battuta se ne trovano due o tre, ma stringendo l’analisi sui dettagli, si scopre che esiste soltanto un punto in cui coincidono tutti i connotati cercati. Mi documento come è la località attuale e organizzo una visita.

 

5° indizio: Riconoscimento del Sito sul posto

 

L’esplorazione del luogo rivela una serie di dettagli geografici, urbanistici, tradizioni, toponimi, che qui vado a confrontare con l’idea di come deve essere fatto il sito cercato, e focalizzo quanto può coincidere e quanto può escludere; si tiene conto di tutto, anche il trascurabile o l’inverosimile.

Il disegno n° 1 allegato mostra la pianta di Pombia, è tratto fedelmente in scala, dalla Carta IGM, che non allego perché troppo complicata dai dettagli, mentre qui serve una chiara visione d’assieme, che consenta di accompagnare le descrizioni della località.

 

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Lug 04 2019

IL FILO DI ARIANNA, ALLA RICERCA DELLE ANTICHE STRADE

 

 

 

L’antica idea di trovare la strada seguendo la traccia di un filo, è il principio più semplice e sicuro per trovare delle tracce seguendo una strada. Una strada consente di trovare tutto ciò che è stato costruito nell’antichità, perché fu sempre una strada a condurre in ogni luogo.

 

Questo testo prosegue i due precedenti (Annibale e Melpum) nel proporre il metodo di esplorazione dell’antichità per via deduttiva, basando la ricerca sulla percorrenza delle Antiche Strade, invece di percorrere le citazioni dei testi antichi, perché le indicazioni tratte dall’osservazione attenta dei luoghi, rivelano le esistenze del passato più di quanto sappiano spiegare i testi.

 

Questo tipo di indagine potrebbe dirsi archeologia deduttiva, perchè invece di scavare nel terreno, scava nelle ipotesi, per quanto si vede, e guida sulle possibilità di fare ritrovamenti, prima che uno scavo casuale li riveli all’archeologia.

 

Chi volesse proseguire questo metodo, dopo qualche esperienza riscontrerà che non bazzica fantasie inconsistenti, perchè devo dire che per tutta la vita ho lavorato proprio applicando questi criteri.

 

Quel già citato “Tempi e Metodi” è una professione per la quale si fanno ristrutturazioni di stabilimenti, basate sulla attenta osservazione di quello che viene fatto, per “dedurre” come si debba farlo in un altro modo, più semplice, rapido, sicuro, meno costoso, e soprattutto flessibile (da mutare nel tempo).

 

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Giu 26 2019

LE VIE DI MELPUM

Mappa dei fiumi e dei percorsi padani

 

 

 

Secondo il criterio seguito da questo studio, definibile come geo-archeologia, l’analisi dei percorsi dell’antichità (cioè gli itinerari) è il primo passo necessario per individuare tracciati, sentieri e strade, che di conseguenza portano ad individuare dove furono gli insediamenti abitativi, dedotti con la logica che segue le forme del territorio, le distanze dei punti salienti, e l’inserimento del cosiddetto modulo di viaggio (circa 30 km/giorno) che consente la ricostruzione virtuale di dove necessariamente dovevano esservi i punti di sosta, pernottamento, insediamento.

 

Il fatto che una carta geografica mostri le strade attuali, o che si sappia dove sono stati trovati resti di strade romane, è un complemento che indica la storia di un itinerario, ma non è determinante in questo studio perché occorre risalire prima al tracciato preistorico, per poi ridiscendere alle varianti portate dalle strade successive. Spesso la storia ha sfruttato gli antichi tracciati, per ricalcarvi sopra le nuove vie, per cui è frequente trovare antiche strade sotto altre più recenti; però l’obbiettivo di questa ricerca non sono le strade, ma di usare le strade per trovare gli antichi abitati che sono andati distrutti.

 

Per trovare una strada romana è relativamente facile, perché si vede bene con la foto aerea all’infrarosso. Anche quando i basolati sono stati asportati per farne pietre da costruzione, è rimasto comunque il sottofondo, che è una massiccia gettata di ghiaia, che ama farsi notare, e dunque se si cerca una strada allo scopo di valorizzare turisticamente una località, basta scoperchiare 100 metri di strada romana, per metterla in mostra e farci il parco archeologico che dà risalto alla cittadina.

 

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Giu 24 2019

IL MODO DI VIAGGIARE NELL’ANICHITA’

 

 

– Nello studiare le strade antiche è inevitabile occuparsi anche del come venivano percorse, con quali mezzi di trasporto, quali velocità, quali intervalli tra una sosta e l’altra.

  • Il commercio minuto italico ed etrusco, consisteva di brevi carovane autonome, con carichi a dorso di mulo, che girovagavano tra città e villaggi, per scambiare merci; con mercanti e trasportatori della stessa famiglia, paragonabili agli attuali ambulanti che fanno i mercati. Più tardi, in età romana, quando vi furono sufficienti vie acciottolate o lastricate, anche questo commercio passò sui carri.
  • I grandi flussi commerciali etruschi invece non erano autonomi, perché il problema principale era la sicurezza dell’attraversamento di grandi territori abitati da altre genti; e dunque il ferro e le merci dello scambio in controvalore, viaggiavano con carovane allestite da gente locale. Gli Etruschi avevano esperienze di rapporti internazionali (conoscenza di lingue e di tipi di gente, di ambienti e di valori delle merci, diplomazia e abilità di trattare gli scambi), perciò i commercianti etruschi viaggiavano assieme a trasportatori dei luoghi attraversati (carovanieri o natanti) i quali conoscevano bene i percorsi migliori e tenevano buoni rapporti con le popolazioni locali. Questo sistema fu il motore dello scambio di costumi, credenze e conoscenze, oltre agli scambi mercantili ed economici.
  • I costumi antichi erano conservatori, cioè la gente faceva sempre le stesse cose allo stesso modo, perché l’unica scuola consisteva nel tramandare esperienze di padre in figlio, perciò esistevano famiglie a tradizione carovaniera (o natante), che per generazioni continuavano sempre gli stessi percorsi e metodi di viaggio, e ciò era quanto di meglio si potesse, per far viaggiare mercanzie, per centinaia di chilometri tra l’Etruria (o le navi etrusche) e le città dell’interno padano e celtico.

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