Feb 06 2024

LA VERA ORIGINE DEL CALCIO. MASSONERIA E CONTROLLO 

Category: Dominio Potere e Violenza,Sport e tempo liberogiorgio @ 23:04

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Colgo la notizia per raccontare le origini del calcio, che forse non tutti conoscono.

160 anni fa l’Inghilterra della seconda rivoluzione industriale era flagellata dalle rivolte di quella classe operaia che iniziava a mal tollerare le disumane condizioni di lavoro in fabbrica imposte in quell’epoca. 

Il capitalismo industriale era in forte difficoltà a causa del moltiplicarsi di rivendicazioni e scioperi e così il 26 ottobre  del 1863, dieci massoni inglesi e tre massoni scozzesi, si riunirono nella taverna ubicata proprio di fronte alla sede della “Grande loggia unita d’Inghilterra”, cui appartenevano. La taverna si chiamava ” Freemason’s Tavern, di Great Queen Street, nel rione di Holborn,  ” ed esiste ancora oggi con il nome di “Freemasons Arms Pub”, sempre  Great Queen Street, a Londra.: Si raccolsero 11 club dell’area di Londra per uniformare i loro regolamenti.

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Qui, prendendo spunto dal controllo sociale praticato a Firenze dai Medici con la “Palla a calci in piazza”, fondarono la “Football Association”, prima lega di calcio al mondo, con lo scopo di distrarre la massa operaia sedando le rivolte.

Il football attecchì subito nelle grigie periferie delle città industriali, dove vennero create squadre capaci di accendere rivalità ed attriti fra i rivoltosi, frammentandone ed indebolendone la forza d’urto.

Retaggio dell’antico “Divide ed Impera” Romano, il calcio salvò il capitalismo industriale Inglese e venne adottato con le medesime finalità dai capitalisti di tutti i paesi avanzati.

Chiunque abbia studiato a scuola il Princeps di Machiavelli sa che il filosofo fiorentino avesse individuato nel carnevale la valvola di sfogo per i sudditi che, una volta l’anno travestendosi da Re, tornavano poi ad essere ligi alle imposizioni dei propri aguzzini.

🏴‍☠️A voi le considerazioni.


Gen 29 2017

PER UNA VITA MIGLIORE. L’IMPEGNO AL QUALE TUTTI SIAMO CHIAMATI

marina perlato

Marina Perlato, alla sua sinistra Andrea Conti

 

 

Sei anni fa, quando io e altri amici fondammo il GSC GIAMBENINI, non avevamo idee ben chiare su quello che stavamo facendo. Eravamo un gruppo che condivideva un passatempo, un hobby diverso dalla lettura, dalle chiacchiere al bar, e uno sponsor generoso e appassionato come noi di sport e bicicletta.

 

Con l’handbike abbiamo scoperto una disciplina accessibile a tutti, uno sport paritario, bastavano questo mezzo, simile ad una bicicletta, e un po’ di voglia di muoversi, per permetterei di percorrere le strade del nostro paese, poi della città, della nazione e infine dell’Europa, così i nostri orizzonti si sono allargati, e conoscere un sacco di gente di ogni nazionalità… Gente tosta, che non si piange addosso, che non molla mai, fino al traguardo, spalle incassate, gente che non si lamenta di diritti negati, di barriere architettoniche, di servizi inesistenti, di persone maleducate che non ti aiutano abbastanza, di soldi non sufficienti. Gente che ha fede in se stessa e dentro di se trova tutte le risorse per far fronte alle difficoltà della vita, più presenti per chi è in carrozzina, ma fondamentalmente difficoltà che prima o poi tutti incontrano.

 

In questi anni, tutti noi abbiamo imparato a stringere i denti, a non lamentarci e affrontare i problemi di petto, cercando di non deviare e tanto meno abbatterei. Il team, i compagni di viaggio, erano lì, pronti a cogliere il minimo segno di scoraggiamento, di “fatica”, pronti a spronarci e a darei una “spinta” in senso lato. Nessuno di noi è stato lasciato indietro.

 

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Gen 26 2017

LA STORICA CORSA AUTOMOBILISTICA STALLAVENA-BOSCO CHIESANUOVA: L’ETERNA CORSA

Category: Lessinia,Sport e tempo liberogiorgio @ 10:12

raduno automobilistico ai Tracchi di Boscochiesanuova

I precursori: raduno automobilistico ai Tracchi di Boscochiesanuova all’inizio

 

 

Dal 1958 al 1968 la corsa Stallavena-Boscochiesanuova rappresentò l’evento motoristico più atteso. L’automobile era privilegio di pochi e non faceva parte del trantràn lavorativo: si andava in auto per il piacere della scoperta. C’era la voglia di riscattarsi da due guerre mondiali, da vite grame e secolari miserie. L’auto allargò gli orizzonti e divenne simbolo di progresso e benessere. I piloti da corsa interpretavano la sfida della velocità e dell’ardimento impiegando minuti e secondi per superare distanze e dislivelli che, fino a pochi anni prima, richiedevano intere giornate. Non è solo questione di strade, ma di gente e passione, testimoniate da un dato inoppugnabile: ancora oggi su oltre 700 piloti veronesi con licenza sportiva, più dell’80% risiede in provincia.

 

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Ago 25 2016

LE RISSE ALLO STADIO: NULLA DI NUOVO SOTTO IL SOLE

Category: Sport e tempo libero,Storia e artegiorgio @ 08:14

 

stadio di pompei

Pompei: dipinto che ne riporta l’evento 

 

Corsi e ricorsi storici

 

Era il lontano 59 d.C. , quando durante uno spettacolo di gladiatori, nell’arena di Pompei, scoppiò una rissa. Prima cominciarono gli insulti tra i tifosi Pompeiani e quelli Nocerini, poi cominciarono i lanci di pietre ed in fine la mano passò alle armi. Ci furono diversi morti e molti feriti, in particolar modo nelle fila Nocerine.

 

L’imperatore Nerone, portò in senato l’accaduto e qui fu decisa la chiusura dell’anfiteatro per dieci anni e lo scioglimento delle squadre (collegia). Il senatore Regolo, organizzatore dell’evento e i fomentatori della rissa furono tutti esiliati.

 

Le cause di questo increscioso evento sono da ricercare in un episodio precedente. Con la deduzione di Nocera a colonia, era stata sottratta della terra (ager) ai Pompeiani, per ampliare la neo colonia. Tale decisione non fu presa bene da qualche eminenza grigia Pompeiana ed ad arte si creò lo scontro.

Il dipinto sopra riportato, raffigura l’accaduto e fu trovato in una casa negli scavi di Pompei. Ora è al Museo Archeologico di Napoli.

 

Fonte: liberamente tratto da RIFONDAZIONE BORBONICA

Link: http://rifondazioneborbonica.splinder.com/

 


Mag 18 2016

MARCO PANTANI… LA MIA VERITÀ DI RENATO VALANZASCA. A MADONNA DI CAMPIGLIO IL 5 GIUGNO 1999 VI FU UN COMPLOTTO.

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Scusandomi per il “famigliare Tu” che vuole solo esprimere tutto l’Affetto e il Rispetto che porto a Te e a tutta la Tua Famiglia, immediatamente dopo aver ricevuto il massaggio inviato al sito, mi precipito a rispondere a Te e a Tuo nipote Thomas.

 

Lascio poi a Te la decisione se dare il via libera ad Antonella se mettere o meno in rete questa mia… Perché se da un lato, per la mia immagine, la cosa potrebbe tornare più che utile… dall’altro, capisco perfettamente che si tratta di un Dolore Talmente Grande e Personale che potresti desiderare di voler tenere tutto per Te!… Decidi Tu!!!…

 

Nel caso che Tu decidessi di non mandarla blog, come mi dovrei regolare con le domande che mi sono giunte (da Marco, la freccia, Gabriele Guerini, Bruno e…) sempre riguardo alla Tragica vicenda del Tuo Compianto Marco, che mi ha coinvolto a causa del passaggio ne Il fiore del male?… Ignorarle non mi pare corretto… ma altrettanto sarebbe se dicessi loro le stesse cose!… Fammi sapere… Grazie!

 

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Giu 16 2014

EVITA COME UN DIAVOLO QUALUNQUE SPORT. SONO DROGATURE DEI CAPITALISTI PER RUBARE I SOLDI AI SALARIATI

 

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Evita come un diavolo qualunque sport.

Sono drogature dei capitalisti per rubare i soldi ai salariati, e aumentare la degradazione dell’ energia.

Anche lo sport è una guerra fatta per impinguare i capitalisti

 

(Pensieri e principi di Don Alberto Benedetti) 

 

 

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Don  Alberto Benedetti  seduto sui castagni del Ponte di Veja

 

 


Nov 29 2013

VALENTINO ROSSI: MOTOGP, STONER? ORA CON LA DUCATI ARRIVEREBBE 6°

Category: Sport e tempo liberogiorgio @ 15:08

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MOTOGP

Rossi, Rossi e ancora Rossi. Il diluvio mediatico no su Valentino non si arresta ed ora anche il mensile Rolling Stone, gli dedica un lungo servizio sul numero in edicola dal 29 novembre.

 

“La prima volta che ho guidato la Ducati è stato uno shock – ricorda il pesarese a RS – Dopo tre giri ho pensato: “Siamo nella merda”. Mi sono bastati per capire che avevo fatto un errore. Non avevo potuto mai provare la moto prima di firmare, ma ho firmato lo stesso. I problemi erano chiarissimi fin dall’inizio. Ho detto: “Ok, proviamo a migliorare questa moto”. Abbiamo lavorato per tutta la prima parte della stagione, ma dopo 10 gare ho cominciato a capire che non avrei mai vinto con quella moto. Le voci secondo cui volevo rescindere il contratto erano vere, ma non potevo farlo, non c’era modo. Ed è stato un bene. Sarebbe stata una scelta sbagliata, troppo facile dire: “Me ne sto a casa” quando le cose vanno male. Non bisogna arrendersi. Si dice che quando attraversi un periodo difficile diventi più forte, secondo me non è vero. Sicuramente diventi più vecchio”.

 

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Nov 24 2013

IL PROFESSOR SAPELLI FA A PEZZI SACCOMANNI (UN INCAPACE) E LANCIA L’ALLARME: LA GERMANIA VUOLE DISTRUGGERE L’ITALIA

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Bruxelles – Doppia mossa del cavallo europeo. Prima si colpisce la Germania invocando un articolo dei trattati ultra-nascosto e dimenticato – eccesso di surplus commerciale, pensate un po’- e in tal modo ci si accoda obbedienti al diktat Usa che ha attaccato Berlino con una violenza inaudita mai resa manifesta da dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Poi si attacca l’Italia, tutta protesa a dar buon esempio di sé, e la si critica; non la si colpisce a morte, la si ferisce per la legge di stabilità, soprattutto per l’enormità degli emendamenti. È un imprevisto.

 

Vuol dire che gli Usa contano sino a un certo punto e un contentino alla Germania bisogna pur darlo. Del resto è Berlino che controlla e dirige la macchina tecno-burocratica. In primo luogo, per capacità e patriottismo nazionalistico dei suoi funzionari, che hanno via via egemonizzato attorno a sé i rappresentati dei paesi ex comunisti e quelli nordici dell’Europa scandinava che tutto è meno che europea, ossia è una formazione economico-sociale a sé stante come ricorda del resto la storia dei trattati economici post-bellici, Efta in testa. Ma lasciamo perdere, queste cose nel tempo dei reset non le ricorda più nessuno, anche se contano.

 

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Ott 21 2013

CRISI ECONOMICA E PARLAMENTARE… MA E’ DEI CORI CHE L’ITALIA SI DEVE PREOCCUPARE ??!

Category: Monolandia,Sport e tempo liberogiorgio @ 09:04

crisi economicama ma  dei  cori italia si deve preoccupare coro 14 settembre 2013

 

MILANO STADIO SAN SIRO 2013. CURVA SUD.

COME SAPETE BASTA UN CORO DISCRIMINATORIO O FISCHIARE UN GIOCATORE DI COLORE PER FAR CHIUDERE UNA CURVA ED IL GOVERNO E’ MOLTO ATTENTO ED INFLESSIBILE NEL FAR RISPETTARE IL ‘NUOVO REGOLAMENTO’. PRIORITÀ ASSOLUTA

 


Mar 07 2009

La notte più bella della mia vita.

Quel mattino del 13 agosto 1994 ci svegliammo presto al bivacco Slataper, a mt. 2610, sotto la vetta del Sorapiss (mt. 3205), raggiunta la sera prima. 

Le prime luci dell’alba facevano a malapena intravedere le sagome scure delle pareti circostanti. 

Subito un occhiata al tempo, qualche stella ancora resisteva al giorno nascente. Verso SO si notavano delle nubi lenticolari, segno che con l’arrivo di venti da SO in quota, qualcosa si stava preparando. 

Dovevamo scendere per circa 1000 mt. per il rifugio S. Marco e poi risalire di altri 1500 per raggiungere la nostra meta prefissata per la sera, pernottare, sotto la cima dell’Antelao mt. 3268, al bivacco Cosi (il più alto delle Dolomiti a mt. 3111).

Arrotolati in fretta i sacchi a pelo, e fatta colazione con latte condensato e gallette, rivolgemmo insieme un breve ringraziamento al Padre che ci stava regalando ancora una meravigliosa giornata da vivere intensamente. 

Partimmo quando già il sole nascente illuminava con i primi raggi, le vette più alte, regalandoci una meravigliosa “enrosadira”; termine usato in dolomiti per descrivere il bellissimo colore che tinge le rocce di dolomia al primo ed ultimo sole della giornata. Il tempo man mano si guastava. Alle nubi orografiche, che di solito si formano da mezzogiorno in poi per la condensazione dell’aria umida riscaldata dal sole sui versanti esposti con vere e proprie correnti ascensionali, si aggiungevano degli strati da SO poco rassicuranti.  Ma nel complesso il tempo si manteneva discreto. Solo un “patito” di meteo andava annotando, con preoccupazione, quei segni premonitori. 

Sollecitavo i miei tre compagni a mantenere alta l’andatura per arrivare in anticipo al bivacco. Per due ragioni: una per trovarlo libero e potervici dormire, seconda, per arrivare prima del temuto peggioramento. 

I bivacchi sono strutture di alta quota, per alpinisti o escursionisti, e sono senza custode. Consistono in un vano di legno 2 per 3 mt. coperto da lamiera dipinta di rosso. All’interno in così poco posto, ben 9 “posti letto”, ricavati in tre serie da 3 a castello, su tre lati escluso, quello della porta. L’arredo: uno sgabello, 2 o 3 candele, un badile, e qualche scatoletta alimentare per le emergenze. 

Dopo il rifugio S. Marco, saliamo al Galassi,  a mt. 2020. Il tempo peggiorava sensibilmente le nubi arrivavano da tutte le parti, ed in breve ci trovammo  nella nebbia,  qualche goccia cominciò  a cadere. Ci consultammo, e dopo avere preso una bevanda calda, decidemmo di proseguire per il bivacco a più di 1000 mt. sopra di noi. Erano le dodici. 

Conoscevo l’itinerario, perfettamente descritto da amici che vi erano già stati, non presentava difficoltà alpinistiche, solo una salita faticosissima sui  “lastei dell’Antelao”. Così viene chiamata la parete inclinata (lastra), che termina ai 3111 mt. del bivacco. 

La salita è dura per il dislivello da vincere, non impegnativa dal lato tecnico, infatti gli esperti, “con piede saldo” riescono a percorrerla senza usare le mani per l’equilibrio. 

Era come andare di notte: una calma ovattata e scura ci avvolgeva. Speravo che il tempo non peggiorasse repentinamente, confortato anche dall’assenza del vento e  la mancanza di tuoni. 

A quota 2700 circa, scrutando verso l’alto, notammo  un leggero chiarore a sud, impercettibile, ma indicativo. Man mano il chiarore tendeva dal grigio al rosa. E’ fatta, dissi  ai miei, fra 10 minuti avremo  il sole! Dopo essermi preso qualche sorrisino ironico, 100 mt.  più su, d’incanto sbucammo sopra lo strato di nubi. 

Una meraviglia! Le vette circostanti spuntavano dal mare di nubi: Le Marmarole, il Sorapiss, la Croda da Lago e un po’ più a sud il Pelmo, semicoperto dalle nubi più alte provenienti da SO: sembrava volersi nascondere ai nostri sguardi indagatori; dovevamo salirlo dopo 2 giorni. 

Panorama esaltante! Guardavo quegli strati scuri che avanzavano velocemente da Sud e pensavo: l’importante è arrivare al bivacco, dopo: peggio è, meglio è. Ebbi la spudoratezza di comunicare il mio pensiero agli altri tre. Non l’avessi mai fatto! Mi coprirono di male parole (scherzose). 

Il bivacco è disposto sul versante NNE della bellissima piramide che contraddistingue questa stupenda montagna, proprio sotto quel “bitorzolo” roccioso che, solo in prossimità della vetta, interrompe la bella geometricità del cono. E’ situato, quasi sospeso, incastrato fra un roccione sporgente e la parete principale. Un nido d’aquila stupendo!  Lo si vede solo 20/30 mt. prima. 

Erano  le quattro del pomeriggio. Lo troveremo vuoto? Pensammo visto il tempo e l’ora.  Un vociare molto nutrito ci comunico un panico improvviso. Ben undici ragazzi Polacchi armeggiavano, stipati dentro, con attrezzature alpinistiche e sacchi a pelo. Posti strettissimi= 9 . Occupanti = 11, e noi?  Qui si faceva brutta davvero. 

Li salutiamo e  cerchiamo di farci capire, qualcuno; come me masticava qualche parola di francese, e finalmente dai miei salti di gioia, i miei amici capirono   che erano in procinto  di partire, lasciando il bivacco tutto per noi. 

Dopo un’oretta riuscimmo ad entrare infreddoliti per l’attesa e ci si sistemammo. Io non riuscivo a darmi pace, entravo ed uscivo per controllare il tempo che cambiava continuamente. Grossi cumuli si stavano avvicinando da tutte le parti, il vento rinforzava da sud, la temperatura era scesa a 5 gradi. Poi una buona schiarita mi fece intravedere i primi lampi a nord, sulle Tofane e Cortina. 

Ero eccitatissimo, mentre gli altri tre mangiavano seduti sui loro “loculi”, io addentavo qualcosa su una roccia lì vicino, come un soldato in vedetta. Dalle 22 alle 23, lampi e tuoni sempre più vicini, una scorribanda pazzesca di nubi, grossi cumuli sprigionavano bagliori accecanti. Ero come in trance. Stretto nel mio giaccone termico con papalina e cappuccio, avevo solo gli occhi fuori, che roteavano da un lampo all’altro. 

Un mio compagno mi portò, quasi di forza, dentro. Ero intirizzito, la temperatura era scesa a tre gradi, il vento fortissimo, sembrava facesse gemere la montagna. Appena dentro dissi: Questa notte vedremo la neve! Che bello rimanere bloccati per un paio di giorni anche se dovremmo razionare i viveri. 

Rischiai grosso, non mi picchiarono, se non altro per la riconoscenza che provavano in ricordo delle mie previsioni a vista e a breve, quasi sempre azzeccate ed utili nelle precedenti esperienze. Mi scelsi il posto in alto, vicino all’unica piccola finestrella che tassativamente vietai che fosse oscurata la  persianetta.  

A mezzanotte si cominciò a ballare. Due fulmini, con bagliori accecanti, a distanza di pochi minuti colpirono il bivacco: le lamiere esterne ed i tiranti metallici fecero da parafulmine ottimamente. La struttura tremò violentemente, come colpita dalla clava di un gigante. Qualcuno di noi ebbe veramente paura. Io non pensavo alla paura, mi sembrava di essere già in Paradiso! Con la pila puntata verso il  vetro (passai tutta notte sporgendomi dalla brandina di più di mezzo metro), riuscivo a vedere nel fascio di luce proiettata nell’oscurità, ben evidenziati i vari tipi di precipitazione: pioggia battente polverizzata dal vento violentissimo, poi un fracasso che copriva quello forte del vento: per 10 minuti la grandine scagliata dalla bufera mitragliava la lamiera esterna. 

Alle 2 circa, un refolo veloce ed irregolare si staglia nel raggio della mia pila. Nevica!!!  Fu l’urlo incontenibile che uscì dalla mia bocca, già spalancata per l’emozione. I miei amici, sobbalzati dalle brande, non capivano la mia gioia ed eccitazione: erano solo preoccupati di tornare sani e salvi. Per un’ora circa si alternò la neve, la pioggia, la grandine. Poco dopo le 3, tutto si calmò. La neve non attecchì, sciolta dalla pioggia, solo qualche chiazza e cumuli nelle fessure delle rocce, mista a grandine. Riuscii a dormire un’oretta. 

All’alba tutti in piedi a prepararsi per raggiungere la vetta a 150 mt. sopra di noi. Lasciammo gli zaini e l’attrezzatura pesante al bivacco e su, a vedere spuntare il sole in vetta. Proprio ad est vi era una fessura libera da nubi, la temperatura, con il fronte da nord passato, era calata a -2,-3 gradi. Avemmo avuto qualche difficoltà a superare un passaggio di secondo grado, semplicissimo in condizioni normali, per il ghiaccio formatosi dal congelamento della neve bagnata.  Bellissime stalattiti di ghiaccio pendevano dalle rocce. 

In vetta, stupendo!  Verso sud e sud/est, all’orizzonte in lontananza,  si scorgevano ancora i bagliori del temporale, già sul Friuli e Istria. A nord ed ovest era scuro per strati neri e cirrostrati più alti. L’aurora tingeva, di colori mozzafiato, il cielo e le rocce. Il sole appena spuntato nella fessura ad est contrastava con il nero ad ovest. Un’ “Enrosadira” da sogno!  Le crode più alte sembravano tante fiammelle sullo sfondo di un caminetto nero di fuliggine. Ci vorrebbe un pittore od un poeta per descriverlo. 

Giù nella valle di S.Vito e Cortina un mare di nubi stupendo arrivava fin quasi a 3000 mt.  L’ombra del “nostro” Antelao disegnava sul soffice tappeto di nubi grigio chiare sottostanti,  un cono d’ombra perfetto, che si andava accentuando man mano che il sole saliva. 

La fine del mondo!!! 

Non abbiamo potuto fare a meno, tutti e quattro, di inginocchiarci e lì, sulla vetta, dire un bel grazie a Chi ci stava regalando tanto.

Scusate se mi sono lasciato prendere la mano, ma non potevo non raccontare, agli amici, la notte più bella della mia vita! (metereologicamente è ovvio!) 

Ciao Giorgio 

 

Fonte /Giorgio da Rimini/: Meteo Italia/23/07/2000//00:40


Mar 06 2009

Verona: Il Palio del drappo verde, la più antica corsa del mondo

 

“Poi si rivolse e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna. E parve di costoro
quelli che vince non colui che perde”

L’idea che la “Divina Commedia” potesse essere letta ed interpretata scherzosamente come la descrizione di una delle prime corse podistiche medievali a tappe è sorta spontanea leggendo e rileggendo i versi riportati in foniferiti do al capitolo quindicesimo dell’Inferno (Inferno, canto XV, vv. 121-124): riferiti all’incontro di Dante con il maestro Brunetto Latini. In questi quattro versi Dante documenta infatti proprio l’esistenza di una corsa podistica che si disputava a Verona la prima domenica di quaresima, detta “corsa del palio” o “del drappo verde”.

La città di Verona ha sempre avuto una grande importanza nella vita del poeta, essendo stato il primo rifugio sicuro nel quale Dante, esiliato da Firenze, ha trovato accoglienza. Nel trascorrere parte del suo esilio nella città veneta, e precisamente nel sobborgo di Santa Lucia, Dante ha avuto modo di venire a conoscenza degli usi e dei costumi locali che ha poi voluto citare nella sua opera.

Per quanto riguarda questa chiamiamola “corsa podistica” veronese, a scanso di equivoci va detto subito che non si trattava di una manifestazione sportiva nel senso in cui siamo soliti intenderla ai nostri giorni, ma – come d’altronde le altre competizioni, tutte disputate nell’ambito di una qualche ricorrenza cittadina o religiosa – interessava comunque tutta la popolazione. Un po’ come succede oggi per il palio di Siena.

Ebbene, anche in questo caso si parla di palio, e due erano le gare di velocità con questo nome a cui i veronesi del tempo di Dante potevano assistere, e per la precisione il palio dei cavalli e quello dei corridori. Il drappo verde, che dà il nome alla corsa nei versi danteschi, era appunto il premio riservato al vincitore di questi ultimi, che dovevano correre nudi, mentre un simile palio ma di colore diverso, rosso scarlatto, era l’ambito trofeo per il miglior cavaliere.

Andando a ricercare maggiori dettagli su questa corsa a piedi – secondo alcuni studiosi istituita nel 1207 per festeggiare una vittoria riportata dalla repubblica contro i conti di San Bonifazio ed i Montecchi – ne troviamo indicato con una certa precisione anche il percorso, che comunque poteva variare a seconda dell’umore del podestà cittadino, che aveva, fra gli altri, il diritto di scegliere il luogo della competizione.

Il tracciato prendeva il via dal sobborgo di Tomba (ma più tardi da quello di Santa Lucia) e si snodava lungo le mura a sud di Verona, quelle di Porta al Palio (conosciuta già come Porta Stuppa o Stupa, opera dell’architetto Sammicheli) ed attraverso la pianura “a mezzogiorno della città”. Qualcuno degli studiosi è propenso a spiegare “campagna” identificandola con un’omonima località veronese, ma a parte il fatto che non è sicuro che la zona avesse già il nome proprio di Campagna all’epoca di Dante, non si può essere neanche certi che Dante abbia voluto menzionare proprio questa località, il cui nome oggi è ancora possibile comunque ritrovare in Madonna di Campagna, in Sommacampagna, in Mezzacampagna ed in Campagnola.

Il tracciato rientrava poi in città sotto l’Arco dei Gavi, percorrendo il Corso Vecchio fino ad arrivare al palazzo della Torre a San Fermo, mentre più tardi avrebbe attraversato il Corso attuale fino a giungere alla piazza di Sant’Anastasia, dove c’era la scritta “Corso la meta” ed un gran pilastro detto appunto “La meta” che rappresentava il punto di arrivo della competizione. Il percorso del palio a cavallo si snodava sullo stesso tracciato ed era della medesima lunghezza di quello a piedi.

Se il percorso è suscettibile di variazioni, non si può dire altrettanto però del regolamento di gara, che nonostante le modifiche agli statuti cittadini ai quali era vincolato ha sempre previsto non solo un premio per il vincitore ma – precorrendo i nostri tempi – anche un premio di consolazione (chiamiamolo così, ma sarebbe meglio dire “di umiliazione”), per l’ultimo arrivato. E questo spiega perché Dante ci tenga a sottolineare che Brunetto “parve di […] / quelli che vince non colui che perde”.

Lo svolgersi delle competizioni quaresimali infatti, codificato a partire dallo Statuto Albertino (così chiamato perché venne compilato sotto Alberto della Scala anche se reca disposizioni di molti anni anteriori al 1271) prevedeva due corse da disputarsi nella prima domenica di quaresima, una equestre e l’altra podistica: al cavaliere vincitore si dava un palio, di colore inizialmente non specificato, mentre al perdente andava una coscia di maiale. 

Lo stesso succedeva nella corsa podistica: al primo corridore un palio sempre di colore non specificato, all’ultimo un gallo. Lo Statuto Albertino venne poi compilato nuovamente da Cangrande I nel 1328 e sempre nella prima domenica di quaresima, erano previste le solite due competizioni. Per il palio a cavallo i premi erano un drappo scarlatto ed una coscia di maiale, per quello a piedi un drappo verde (il “drappo verde” dantesco) ed un gallo.

È interessante notare però che già con lo Statuto di Giangaleazzo Visconti, approvato nel 1393, le corse divennero tre: il solito palio a cavallo (un drappo di velluto al vincitore, una coscia di maiale all’ultimo) e due invece le corse a piedi, la prima riservata agli uomini (palio rosso al primo, gallo all’ultimo) e l’altra invece aperta alle sole donne, alla vincitrice delle quali era destinato il “drappo verde”, senza dimenticarsi anche qui del gallo per la meno veloce. 

Il palio verde insomma che al tempo di Dante era destinato agli uomini, fu da Giangaleazzo Visconti assegnato alle donne, ma – attenzione! – con la postilla che per la conquista del drappo, recita lo statuto, “correranno donne oneste, anche se ce ne fosse una sola, se invece non ci sarà alcuna donna onesta che corra, allora in sostituzione verranno accettate anche le prostitute”. Lo spettacolo, insomma, deve continuare!

Non molto tempo dopo il 1450, dopo cioè che Verona passò sotto la dominazione veneziana, lo statuto cittadino fu infine nuovamente riformato e modificato in una forma che si mantenne inalterata fino alla caduta della repubblica. In questa versione del regolamento di gara, il giorno delle competizioni venne spostato dalla prima domenica di quaresima al giovedì grasso, ed alle tre corse ne venne aggiunta un’altra, il palio degli asini, con un drappo bianco per il vincitore.

La cerimonia delle premiazioni infine rivestiva un’importanza particolare anche per gli stessi spettatori, non solo per tributare i dovuti onori a chi aveva primeggiato nelle due/tre/quattro gare, ma anche e soprattutto per divertirsi a spese degli ultimi, costretti da regolamento a girare per la città facendo bella mostra del “premio di consolazione”. 

Nel caso del cavaliere perdente, questi doveva attraversare Verona con la coscia di maiale appesa al collo del cavallo, coscia che, sempre da regolamento, “è lecito che chiunque la possa tagliare e portar via”. E i podisti di oggi che si lamentano per niente!

 

 

Fonte: srs di Indro Neri/Dante era un podista/run.com