Feb 05 2023

IL VENETO PRIMA DELL’ARRIVO DEI LIBERATORI 

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IL VENETO prima dell’arrivo dei  “liberatori” italiani:  C’e un unico territorio che, quando viene annesso, ha il suo bravo bilancio in attivo: I VENETO…il cui bilancio, presentando un’entrata di circa 79 milioni di lire ed un’ uscita di circa 54, ci dava un avanzo di 25 milioni” 

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Tratto da Ruggiero Bonghi “Storia della finanza italiana dal 1864 al 1868. Lettere di Ruggiero Bonghi al commendatore Giuseppe Saracco senatore del Regno” pag 103-Firenze 1868

citato in: 

Bozzini F.  “L’arciprete e il cavaliere” – pagina 183 – Roma 1985 

Beggiato E. – “La grande truffa” – pagina 59 

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N.B. Ruggiero Bonghi (Napoli 1826-1895) fu parlamentare dal 1860 al 1895 e  ministro dell’istruzione pubblica.


Mag 12 2019

FATTURA 57.000 EURO E PAGA L’83% DI TASSE. È LO STATO LADRO ITALIANO

Unico di Stefan Dario 

 

 

di LEONARDO FACCO

 

Nessun parassita riuscirà mai a comprendere cosa significhi vivere in un inferno fiscale! Il parassita non produce ricchezza, semmai la consuma, ergo non ha la percezione reale di quanto sia vessatorio, ed umiliante, essere costretti a cedere oltre i 3/4 del frutto del proprio lavoro.

Ieri, un amico mi ha segnalato lo sfogo di Dario Stefan, apparso sulla pagina Facebook di “Veneto Libero”. Lo riporto integralmente:

 

“Grazie Italia!!! Oggi, sono andato dal commercialista a fare Unico 2015 (foto) ed ho scoperto che ho un utile di 57.050,00 € (ma dove cazzo sono che non li ho visti). Comunque il bello è che mi trovo a pagare, entro fine anno, 47.460,00€ di tasse (83%) quindi mi trovo un netto di 9.590,00 € netti dividendoli per 12 mesi. Vuol dire che ho preso 800€ al mese. E che il negozio che pensavo fosse mio in realtà è solo mio al 17%!!! Mi spiace non solo per me stesso, ma per tutti gli italiani, perché una cosa del genere è inaccettabile e uno stato cosi ti costringe o a chiudere o a espatriare con la conseguenza che la gran parte degli imprenditori chiudono con il susseguirsi di un aumento di disoccupazione. Grazie ancora Italia, grazie di avermi fatto capire che qui da te non è più possibile investire per farti crescere!!!”.

Due settimane fa, ho scritto di un tizio bastonato anche peggio del signor Stefan(e chissà quanti altri ne esistono), considerato che anziché un “modico” 83% di tasse, è stato costretto a sborsare agli estorsori italici il 111,6%dei 75.000 euro fatturati (VEDI QUI). 

 

 

Non voglio tediarvi con commenti da assatanato ed improperi da scaricatore di porto, gli unici che mi verrebbero da proferire. Non voglio nemmeno stare a citare studiosi e intellettuali, come spesso m’è capitato di fare, che hanno passato la loro vita offrendoci gli strumenti utili a difendere legittimamente la libertà, oltreché a spiegare perché il collettivismo porta dritti alla miseria.

Purtroppo, posso solo constatare quanto ho sempre temuto: lo Stato italiano mantiene le sue promesse criminali e, incapace di riformarsi ed autolimitarsi, non può far altro – come del resto fa da almeno 20 anni a questa parte – che espropriare con ferocia i propri cittadini, che, al netto delle zecche che vivono di denari pubblici, sono tanto mansueti quanto patetici borbottoni in cerca di un eroe della patria.

 

Non appena nominato alla presidenza del Consiglio, Mario Monti ebbe l’ardire di affermare che“l’Italia era in uno stato di guerra” (VEDI QUI) per colpa dell’evasione fiscale. Chi gli ha dato corda, e ha creduto a cotante fanfaronate, va annoverato tra i complici e gli aguzzini a libro paga dello Stato italiano. La verità è altra ed è che, purtroppo, “l’Italia è talmente statalista che per colpa degli evasori fiscali c’è ancora un po’ di ricchezza in circolazione”. E il governo ne è consapevole!

 

Senza indipendenza dall’Italia, l’imprenditore veneto non avrà alcuna speranza, se non quella di vedersi spogliato sempre di più dei suoi averi. L’Italia è un’espressione geografica in cui il socialismo è pressoché reale. Non è un paese per imprenditori, è l’eden dei prenditori!

 

Fonte:  srs di Leonardo Facco, da Miglioverde  del 2015

Link: https://www.miglioverde.eu/fattura-57-000-euro-e-paga-l83-di-tasse-e-lo-stato-ladro-italiano/

 


Nov 03 2017

VENETO: PIÙ CHE L’AUTONOMIA, HA VINTO SAN MARCO

 

 

di Stefano Lorenzetto 

 

Non ha vinto l’autonomia. Ha vinto la Serenissima. È un’altra cosa. Mai il referendum avrebbe potuto assumere in Lombardia lo spessore plebiscitario registrato in Veneto. Che cos’hanno a che vedere le valli orobiche e camune con Milano? Niente. E infatti le percentuali dei votanti lombardi differiscono nettamente da quelle, ridotte a valori omeopatici, degli elettori ambrosiani. I quali sono rappresentati da un sindaco, Giuseppe Sala, che ha preferito snobbare la consultazione e svegliarsi sotto il cielo di Parigi, al contrario del governatore Luca Zaia, che alle 7 meno un quarto, mentre faceva ancora buio, si è presentato al seggio del suo paesello per dare il buon esempio.
Il Veneto intero ha invece tutto a che vedere con Venezia. La città di San Marco è sua madre. Lo stesso dicasi di Bergamo e Brescia, i cui centri storici ancora traboccano di leoni marciani scolpiti nella pietra. Fino al 1797, fino all’Adda, era Repubblica veneta. La più longeva che sia mai esistita. Motto ufficiale: “Viva San Marco!”. Durata 1100 anni. Affogata nel sangue da un ladrone il cui nome faceva rima con Napoleone, saccheggiatore di opere d’arte (dalle Nozze di Cana del Veronese alla Cena in Emmaus del Tiziano, fatevi un giro al Louvre) e di molto altro (40 milioni di lire oro dell’epoca, depositate nella Zecca della Serenissima, pari, al valore di oggi, alla metà del debito pubblico italiano).
Se non siete mai approdati a Venezia dalla parte giusta, dal mare, dalla bocca di porto di San Nicoletto, e non vi ha preso uno struggimento, un magone, un’inspiegabile voglia di piangere vedendo in lontananza il campanile di San Marco e il Palazzo Ducale che brillano nell’oro del tramonto, lasciate perdere queste righe: non fanno per voi.

 

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Lug 29 2017

A BRESCIA SPARISCE VIA CADORNA, AL SUO POSTO QUELLA DEDICATA DODDORE MELONI

 

 

di REDAZIONE

 

Si tratta di un gesto certo, ma estremamente simbolico anche se illegale.

Questa notte qualcuno ha apposto sopra la targa intitolata a Luigi Cadorna, nella omonima via a Brescia, una altra insegna con scritto Via Doddore Salvatore Meloni. Patriota sardo.

In pratica, al posto di un assassino si ricorda un assassinato dallo Stato.

 

Doddore Meloni indipendentista sardo scomparso 3 settimane fa, dopo un lungo sciopero della fame e della sete.

Perchè a Brescia?

Probabilmente, perchè proprio nella città  della Leonessa Meloni era stato rinviato a giudizio insieme a oltre 40 persone per il processo “Tanko 2” ovvero per aver attentato all’’Unità d’ Italia.

 

Doddore Meloni è stato tumulato a Terralba, dove hanno partecipato decine di persone, provenienti da ogni parte della penisola.

Applausi, “Libertà” e “Indipendentzia” urlate tenendo alta la bandiere dei quattro Mori, quella di Malu Entu e anche quella col Leone di San Marco.

I funerali si sono svolti il 9 luglio scorso a Terralba (Oristano), dove viveva con la famiglia, nella Cattedrale di San Pietro gremita di gente arrivata un da tutta la Sardegna.

 

Fonte: da il miglioverde del 28 luglio 2017-07-28

Link: https://www.miglioverde.eu/a-brescia-sparisce-via-cadorna-al-suo-posto-quella-dedicata-doddore-meloni/

 


Lug 22 2017

SIAMO TUTTI DODDORE. ONORE ALL’INDIPENDENTISTA SARDO

Onore eterno ad un indipendentista. Vero!

 

Doddore Meloni

 

 

Vedete, cari amici indipendentisti(almeno per chi lo è, non amico, ma indipendentista) è persino banale dire che “oggi siamo tutti Doddore Meloni“.

Lui, il più conosciuto e battagliero degli indipendentisti sardi, si è lasciato morire in carcere dopo 69 giorni di sciopero della fame e della sete. Ha voluto ripercorrere, fino all’estremo sacrificio, la strada indicata da Bobby Sands, eroe dell’indipendentismo nordirlandese che si lasciò morire in carcere in segno di protesta per il regime duro a cui venivano sottoposti i detenuti repubblicani.

 

Doddore Salvatore Meloni era stato messo in galera il 28 aprile scorso a seguito di una sommatoria di pene per reati fiscali (il nostro amico Leo Facco lo farebbe santo subito per quei reati finalizzati a fregare lo stato italico), e all’appuntamento si era presentato innalzando la bandiera dei Quattro Mori e portando sottobraccio la biografia di Bobby Sands. In un certo senso lui aveva già scelto il proprio destino. Sapeva che i reati fiscali per i quali era stato condannato erano più che altro un pretesto per fiaccare e mettere all’angolo un personaggio scomodo per le istituzioni italiche, soprattutto dopo che nel 2008 aveva proclamato la Repubblica indipendente di Malu Entu, non tanto per il gesto in se stesso, quando sul suo significato in prospettiva: il nucleo iniziale intorno al quale organizzare la battaglia verso l’indipendenza della Sardegna.

 

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Nov 04 2016

DOVE C’È LIBERTÀ C’È LA MIA PATRIA

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Fiume Po, 15 settembre  1996

 

 

di GILBERTO ONETO

 

«La mia patria è ovunque si combatta la mia battaglia», sia che lo si faccia con gli strumenti pacifici della democrazia, o che ci sia bisogno di lotte molto più energiche.

La battaglia per la libertà e per l’indipendenza dei popoli si combatte oggi un po’ dappertutto, dal Quebéc ai Paesi Baschi, dal Darfour al Tibet. Ovunque ci sia qualcuno che lotta per la libertà, l’identità e l’indipendenza,  là – in termini ideali – “è Padania”.

Ma c’è una modalità tutta europea di lotta, una sorta di indipendentismo post-moderno che ha caratteri tutti propri e che avvicina ancora di più fra di loro tutte le nazioni negate del vecchio continente, che sono per questo, ancora “più Padania.

 

L’oppressione europea degli ultimi decenni non è quasi mai esplicita o brutale, non è l’imposizione conclamata di una etnia, di una religione o di un gruppo umano su un altro. Si tratta quasi sempre di oppressioni striscianti e subdole, che si nascondono dietro il paravento della legalità, del riconoscimento democratico (ma limitato) delle alterità. Sono fatte in nome di un interesse superiore, di identità inventate di Stati inventati; sono nascoste dietro il paravento di processi storici che cercano rispettabilità nella loro antichità, sono acquattate dietro a grandi ideali di solidarietà imposte in nome di valori etici. A farne le spese sono comunità civili, evolute, economicamente avanzate, che in genere sono la parte più ricca dello Stato che devono sostenere.

 

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Feb 21 2015

VENETO INDIPENDENTE, SUL CONTO DEL REFERENDUM DONATI 39.000 EURO

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Il primo a contribuire era stato il padovano Fabio Miotti, giovane presidente del consiglio comunale di San Giorgio in Bosco: trenta euro. Ma a distanza di dieci giorni langue la sottoscrizione per raccogliere i fondi necessari allo svolgimento del referendum per la secessione del Veneto dall’Italia. L’obiettivo di raccolta è di 14 milioni di euro, necessari per l’organizzazione della consultazione elettorale cara al governatore Luca Zaia.

 

A ieri mattina, il conto corrente aperto nella Banca Unicredit (il numero di IBAN è il seguente: IT 37 C 02008 02017 000103397411) contava su meno di quarantamila euro.

 

Per l’esattezza, a mezzogiorno i soldi sul conto corrente sono 39.741,74, frutto di 456 bonifici da altrettante persone. La media di ogni versamento di poco superiore agli 80 euro. Insomma, siamo molto lontani dall’obiettivo del 14 milioni di euro. Non c’è stata la corsa agli sportelli, che qualcuno proditoriamente annunciava. Insomma, un flop. E i primi a rallegrarsene, a Palazzo Balbi, sono proprio gli assessori che non hanno investito un centesimo del loro tempo per inseguire l’idea della secessione. Né tantomeno quella del referendum previsto dalla legge regionale 16.

 

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Feb 21 2015

LA QUESTIONE VENETA: NASCE GIA’ DAL 1866 E DALLA DISPERAZIONE DELLE CLASSI RURALI

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La misera realtà del Veneto dopo l’unità d’Italia

 

 

Siccome non siamo padroni della nostra storia, finiamo per vivere, noi veneti, in un continuo presente, dato che pochi di noi sanno quelle che erano le aspirazioni dei nostri Padri, e quindi anche il movimento che promosse la nascita della Liga veneta, lo si ritiene, a torto, privo di radici profonde, mentre, in realtà, l’autonomismo o l’indipendentismo, sono aspirazioni che, come fiumi carsici, corrono sotto terra, per poi riemergere prorompenti.

Quindi dagli anni ’80 del ‘900, possiamo risalire ai giorni susseguenti l’annessione con un referendum farsa (questo bisogna ricordarlo ogni volta).  I quell’epoca intorno a Montagnana, ad esempio, verso Casale, i braccianti si impossessarono delle terre incolte e se le picchettarono, mentre lo stato le aveva cedute ai grossi proprietari fondiari. Ne nacque una rivolta, arresti, con con conseguenti condanne durissime ed espatri forzati.

 

 

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Feb 17 2015

SOGNO UN VENETO LIBERO, VENEZIA CAPITALE E UN’EUROPA

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di MAURIZIO DEL MASCHIO

 

Egregio Direttore, ho letto con attenzione l’articolo il cui incipit costituisce l’oggetto di questa mia e-mail.

Sono fieramente Veneziano, come ha il diritto di sentirsi chi, come me, lo è da sette generazioni per parte di padre e i suoi antenati materni erano già a Venezia nel Quattrocento, essendo stati ascritti nell’Albo d’Argento della Serenissima. Ne condivido il contenuto, in particolare l’affermazione che la pluralità di gruppi indipendentisti non è di per sé né un bene né un male. Peraltro, è un male se si configura come un’accozzaglia di rozzi gruppuscoli l’un contro l’altro armato, che vogliono imporre il proprio punto di vista, che si ritengono depositari della verità, che si sentono portatori del verbo venetista migliore. Con questo velleitarismo non si va da nessuna parte e si fa il gioco della potenza dominante.

 

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Feb 12 2015

DON MILANI INDIPENDENTISTA: VENTIMILA SANMARINI, LA PROFEZIA DELLA SOVRANITÀ DEI POPOLI. DA DON MILANI A SALVADORI –

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 La scuola di don Milani

 

 

Nella bella Sala Paladin del Palazzo Moroni, si è tenuta nei giorni scorsi la presentazione del saggio “Ventimila Sammarini” – “ La Profezia sulla inevitabile sovranità dei Popoli di tutto il mondo, vista da Don Milani, da Don Giussani e dalla Toscana” (Ed. Il Cerchio”, Rimini 2014)

 

Ha aperto i lavori il dott. Manrico Casini Velcha,  Segretario Generale del Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana di Vicchio di Mugello (Fi). L’oratore ha illustrato le parti salienti della vita del Profeta di Barbiana, dalla agiata e ricca giovinezza al Seminario, mettendo in evidenza il grande Servizio che ha reso – da Sacerdote fedelissimo – alla Chiesa, anche promuovendo la Scuola di Barbiana. Ma Don Lorenzo Milani oggi emerge, soprattutto, per le Profezie testimoniate da Alessandro Mazzerelli.

 

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Gen 29 2015

ADDIO LUCIANO BRUNELLI

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Luciano Brunelli e uno dei suoi cori

 

 

BASSANOLutto nel mondo della cultura per la scomparsa, di LUCIANO BRUNELLI, 68 anni, che si è spento all’ospedale San Bassiano dove era ricoverato da alcuni giorni.

 

Brunelli, conosciuto soprattutto nell’ambiente musicale bassanese, da tempo soffriva di problemi di cuore. Nato a Soave (Verona) nel 1946, ha vissuto la sua giovinezza a Rosà, dove ha iniziato i primi passi nella musica suonando l’organo del Duomo, per poi trasferirsi definitivamente nella città del Grappa, dopo una breve parentesi a Padova. Laureato in matematica, la sua è stata una vita interamente dedicata alla famiglia e alla musica, accanto alla sua professione di programmatore informatico.

 

Luciano andava molto fiero dell’essere autodidatta nel campo artistico, dove si era perfezionato nella composizione di canzoni specialmente in lingua veneta, lui che era un “venetista” convinto e della prima ora. In oltre quarant’anni di impegno musicale ha diretto diversi cori di musica sacra nel Bassanese, lasciando sempre la sua “impronta” per le innovazioni che sapeva portare.

 

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Gen 29 2015

POLITICHE DI IMMIGRAZIONE E D’INTEGRAZIONE. IL MANIFESTO LEGHISTA CON L’ INDIANO

 

 

Per tutte quelle persone che si occupano di politiche d’immigrazione e d’integrazione ricordate bene: NOI SIAMO GLI INDIANI.

 

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Ecco uno dei manifesti stampati dalla Lega Nord in vista delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008: compare la testa di un capo indiano con il tradizionale copricapo di penne d’aquila.

A caratteri cubitali la frase, incentrata sul tema dell’immigrazione clandestina:

«Loro non hanno potuto mettere regole all’immigrazione. Ora vivono nelle riserve! Pensaci».

Sotto il tradizionale simbolo della Lega Nord, con la rosa camuna della Padania, il guerriero Alberto da Giussano e la scritta Bossi (foto dal sito della Lega)

 

 


Gen 12 2015

LA MAPPA DEI DIALETTI ITALIANI

 

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Tanti dialetti in un paese che sta riscoprendo gli idiomi locali, non più come lingue esclusive, ma come strumento espressivo aggiuntivo.

 

 

Paese dei campanili e dei frammenti orgogliosi di sé, l’Italia porta ancora oggi nei suoi dialetti la storia di una terra che da centro dell’Europa è diventata crocevia di culture diverse.

Dopo oltre un secolo e mezzo di unità, i dialetti resistono a testimonianza della ricchezza culturale del nostro paese e della provenienza delle sue genti che, stando ad uno studio condotto alla Sapienza di Roma, hanno contribuito a fare dell’Italia il paese geneticamente più eterogeneo d’Europa. A ciò si aggiungono le caratteristiche morfologiche del nostro paese, le cui barriere naturali nei tempi antichi hanno contribuito a caratterizzare culturalmente le comunità locali.

 

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Secondo la più recente indagine dell’Istat sull’argomento, datata 2006, diminuisce progressivamente l’uso esclusivo del dialetto, mentre aumenta il numero di coloro che in casa o con gli amici parla un misto di lingua locale e nazionale. Considerate le variabili di sesso, età e titoli di studio, parlano maggiormente il dialetto gli uomini, le persone anziane e quelle incolte. Geograficamente, invece, il dialetto è più diffuso nel Sud Italia e nel Nord Est.

Ciò che però risulta più interessante è, come venne osservato sul magazine Treccani, il fenomeno di progressivo sdoganamento del dialetto, che non è più percepito come lingua del ghetto e degli emarginati, ma come conoscenza che, arricchendo, è utile acquisire.

 

La maggior parte degli idiomi diffusi in Italia è di provenienza romanza, ma neLle zone di confine sono diffuse anche lingue germaniche (il tedesco nel Triveneto) e slave (Trieste, Gorizia e Udine). Minoranze diffuse nel Sud Italia portano ulteriore ricchezza linguistica al paese parlando idiomi greci (Salento e Calabria), albanese ed indo-arii (il romanì di sinti e rom).

 

 

Fonte: visto su SCIENZE FANPAGE del 1 luglio 2014

Link: http://scienze.fanpage.it/la-mappa-dei-dialetti-italiani/

 


Gen 01 2015

CONTRO L’UNITA’ D’ITALIA

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di Anna Iseppon

 

Fa innervosire leggere che, in epoca preunitaria, un francese vedesse con tanta chiarezza quello che stava succedendo nella penisola e come sarebbe andata a finire. Fa innervosire che lo vedesse prima delle sanguinose guerre risorgimentali, prima del brigantaggio, dei paesi rasi al suolo, prima dell’emigrazione di massa, delle catastrofiche guerre mondiali, prima della dittatura, dello scandalo della banca di Roma, prima di mani pulite, delle olgettine…

 

Eppure, ancora oggi, molti veneti moderni si ostinano a non vedere. O meglio, solo adesso cominciano a vedere. Meglio tardi che mai! Sappiamo che il risveglio è cominciato e con altrettanta chiarezza sappiamo che sarà INARRESTABILE.

 

Leggendo un libro di Lorenzo Del Boca (“Polentoni”) mi sono imbattuta in qualcosa che, da molti anni, avremmo dovuto sapere… tutti noi! Vi riporto alcuni stralci del libro in questione

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Gen 01 2015

L’IRA DELL’INDIPENDENZA

Category: Autonomie Indipendenze,Società e politicagiorgio @ 00:15

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di STEFANIA PIAZZO

 

In un bellissimo film con Ugo Tognazzi, “La vita agra”, proprio lui, l’attore cremonese figlio delle nostre nebbie, dice:  “L’asfalto ha rovinato le rivoluzioni, non ci sono più sassi”. E’ vero, siamo nella polvere, non ci sono più sanpietrini o pietre da lanciare contro il Palazzo, la politica la fa chi non ha i calli. E Tognazzi supera se stesso quando urla con l’ira del giusto  che si sente tradito: “Io vorrei far esplodere il Torracchione”, riferendosi ad un grattacielo di Milano, per vendicarsi dalle miniere chiuse, per fare giustizia dei lavoratori licenziati. Caro Ugo, l’è cambià nigot. Non è cambiato niente. Il Torracchione c’è ancora, anzi, a Milano ne hanno fatti altri di nuovi e ne combinano di ogni…

 

Mi hanno insegnato che le parole sono “come” pietre. Il “come” è di troppo,  da direttore di questa nuova testata io dico che i giornali sono pietre, non gli somigliano soltanto. L’informazione può svegliare chi dorme e chi soffre di sonnambulismo, ovvero quasi tutti. Dormiamo a occhi aperti, mentre davanti a noi fanno e disfano.

 

E allora, veniamo a noi, al titolo di questa testata. Si può spiegare un giornale dal titolo così deciso? Ci proviamo, in tre modi semplici.

 

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