Dic 20 2016

L’ARRINGA FINALE DI GEERT WILDERS DAVANTI ALL’INQUISIZIONE

 

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Incriminato per le sue opinioni, per la sua incrollabile determinazione a difendere l’Olanda dal nazismo islamico, Wilders ha pronunciato un discorso memorabile davanti alla corte che lo deve giudicare.

 

 

 

Signor Presidente, Signori della Corte,

 

quando ho deciso di rivolgermi a voi qui, oggi, facendo una dichiarazione finale in questo processo contro la libertà di parola, molte persone hanno reagito dicendomi che è inutile. Che voi giudici avete già scritto il verdetto di condanna qualche tempo fa. Che tutto indica che mi avete già condannato. E forse è vero. Tuttavia io sono qui. Perché io non mollo mai. E ho un messaggio per voi e l’Olanda.

 

Da secoli l’Olanda è simbolo di libertà.

 

Quando si dice Olanda, si dice libertà. E questo è vero anche, forse soprattutto, per coloro che hanno un parere diverso da quello dell’establishment, l’opposizione. E la nostra libertà più importante è la libertà di parola.

 

Noi olandesi diciamo tutto ciò che è sentiamo nei nostri cuori. E questo è esattamente ciò che rende grande il nostro Paese. La libertà di parola è il nostro orgoglio.

 

E questo, proprio questo, è in gioco qui, oggi.

 

Mi rifiuto di credere che stiamo semplicemente gettando via questa libertà. Perché siamo olandesi. È per questo che non usiamo mezze parole. E io neppure lo farò mai. E sono orgoglioso di questo. Nessuno riuscirà a farmi tacere.

 

Inoltre, Signori della Corte, personalmente la libertà di parola è l’unica libertà che mi rimane. Ogni nuovo giorno me lo ricorda. Stamattina, per esempio, mi sono svegliato in una “casa sicura”. Sono stato caricato su una macchina blindata e sono arrivato in convoglio in quest’aula di massima sicurezza a Schiphol. Le guardie del corpo, le luci lampeggianti blu, le sirene… E così ogni giorno. Un inferno. Ma sono anche grato di tutto ciò.

 

Perché mi proteggono, mi tengono letteralmente in vita, mi garantiscono l’ultimo pezzo di libertà rimastomi: la mia libertà di parola. La libertà di andare in giro a parlare di miei ideali, le mie idee per rendere l’Olanda – il nostro Paese – più forte e più sicuro. Dopo dodici anni senza libertà, dopo essere vissuto per motivi di sicurezza, insieme con mia moglie, nelle caserme, nelle carceri e nelle case sicure, so cosa vuol dire la mancanza di libertà.

 

Spero sinceramente che lo stesso non accadrà mai a voi, Signori della Corte. Che, diversamente da me, non dobbiate mai essere protetti perché le organizzazioni terroristiche islamiche, come Al-Qaeda, i talebani e l’ISIS, e chissà quanti individui musulmani, vogliono uccidervi. Che vi sia consentito di svuotare la vostra cassetta della posta, che non dobbiate indossare un giubbotto antiproiettile alle riunioni, che non abbiate poliziotti di guardia alla porta ogni volta che andate in bagno. Spero che vi sarà risparmiato tutto ciò.

 

Se tuttavia avete provato qualcosa di simile – non importa quanto siate d’accordo con le mie opinioni – forse capirete perché non posso rimanere in silenzio. Che non devo rimanere in silenzio. Che devo parlare. Non solo per me, ma per l’Olanda, il nostro Paese. Che ho bisogno di usare l’unica libertà che ancora mi rimane per proteggere il nostro Paese. Contro l’islam e contro il terrorismo. Contro l’immigrazione dai Paesi islamici. Contro l’enorme problema dei marocchini in Olanda. Non posso tacerne, devo parlarne. Il mio dovere è affrontarlo, mettere in guardia, proporre soluzioni.

 

Ho dovuto rinunciare alla mia libertà per farlo, e continuerò. Sempre. Chi mi vuole fermare dovrà uccidermi.

 

E così, eccomi qui davanti a voi. Da solo. Ma io non sono solo. La mia voce è la voce di molti. Nel 2012, quasi un milione di olandesi hanno votato per me. E ce ne saranno molti di più il 15 marzo.

 

Secondo l’ultimo sondaggio, stiamo per arrivare a due milioni di voti. Signori della Corte, voi conoscete queste persone. Le incontrate ogni giorno. Oggi un cittadino olandese su cinque voterebbe il Partito per la Libertà (PVV). Magari proprio il vostro autista, il vostro giardiniere, il medico o la colf, la fidanzata di un cancelliere, il vostro fisioterapista, l’infermiera della casa di riposo dei vostri genitori, o il panettiere del vostro quartiere. Sono persone comuni, olandesi comuni. La gente di cui sono così orgoglioso.

 

Mi hanno eletto per parlare a loro nome. Io sono il loro portavoce. Sono il loro rappresentante. Io dico quello che pensano. Io parlo per loro conto. E lo faccio con determinazione e con passione. Ogni giorno, e oggi anche qui.

 

Quindi non dimenticate, nel giudicarmi, che non state dando un giudizio su un singolo uomo, ma su milioni di uomini e donne d’Olanda. State giudicando milioni di persone. Le persone che sono d’accordo con me. Le persone che non comprenderanno una condanna. Le persone che rivogliono indietro il loro Paese, che sono frustrate e stufe di non essere ascoltate, che hanno a cuore la libertà d’espressione.

 

Signori della Corte, voi state giudicando il futuro dell’Olanda. E io vi dico: se condannerete me, condannerete mezza Olanda. E molti olandesi perderanno la loro ultima briciola di fiducia nel ruolo della legge.

 

Ovviamente, io non avrei neppure dovuto essere sottoposto a questo assurdo processo. Poiché si tratta di un processo politico. Si tratta di un processo politico perché le questioni politiche devono essere discusse in parlamento e non qui. Si tratta di un processo politico perché altri politici – per lo più dei partiti di governo – che hanno parlato dei marocchini non sono stati perseguiti. Si tratta di un processo politico perché questa Corte è stata obbligata a colpire politicamente un leader dell’opposizione che non si riesce a sconfiggere in parlamento.

 

Questo processo, signor Presidente, puzza. Sarebbe appropriato in Turchia o in Iran, dove si trascina l’opposizione in tribunale. Si tratta di una farsa, una vergogna per l’Olanda, una presa in giro del nostro Stato di diritto.

 

Ed è anche un processo iniquo poiché, in passato, uno di voi – la signora Van Rens – ha commentato negativamente la politica del mio partito e il successo nel precedente processo Wilders. Ora, costei sta per giudicarmi.

 

Cosa ho fatto in definitiva per meritarmi questa parodia? Ho parlato di un minor numero di marocchini in un mercato e ho rivolto domande ai membri del PVV durante un evento elettorale. E l’ho fatto, Signori della Corte, perché in questo Paese abbiamo un problema enorme con i marocchini. E quasi nessuno osa parlarne o prendere misure drastiche. Soltanto il mio partito ha parlato di questo problema, per anni.

 

Date uno sguardo a queste ultime settimane: marocchini in cerca di fortuna che rubano e rapinano a Groningen, abusando del nostro sistema di asilo; giovani marocchini che terrorizzano interi quartieri a Maassluis, Ede e Almere. Posso fornire decine di migliaia di ulteriori esempi: quasi chiunque in Olanda li conosce o ha sperimentato di persona il contatto con i criminali marocchini. Se voi non ne sapete niente, vuol dire che vivete chiusi in una torre d’avorio.

 

Io vi dico: se non possiamo più affrontare apertamente i problemi dell’Olanda, se non siamo più autorizzati a usare la parola “straniero”, se noialtri olandesi diventiamo improvvisamente razzisti perché vogliamo che Pietro il Moro rimanga nero, se per non finire davanti a una corte penale dobbiamo chiedere più marocchini, se gettiamo via la nostra libertà di espressione conquistata a fatica, se usiamo i tribunali per mettere a tacere un politico dell’opposizione che minaccia di diventare primo ministro, allora questo bel Paese sarà condannato. È inaccettabile, perché siamo olandesi e questo è il nostro Paese.

 

Di nuovo, cosa avrò mai fatto di sbagliato? Come si giustifica il fatto che io bebba star qui come un delinquente, come se avessi rapinato una banca o commesso un omicidio?

 

Ho soltanto parlato di marocchini in un mercato e posto una domanda in una serata elettorale. E chiunque abbia la minima esperienza di politica, sa che le serate elettorali di ogni partito sono a base di discorsi pieni di slogan, battute e gran copia di artifici retorici. Questo è il nostro lavoro. Questo è il modo in cui funziona la politica.

 

Le riunioni elettorali sono così, con la loro retorica e loro discorsi politici. Non sono lezioni universitarie, in cui ciascun paragrafo viene esaminato per 15 minuti da sei punti di vista. È semplicemente pazzesco che il pubblico ministero adesso usi questo contro di me, come se si incolpasse un calciatore per aver realizzato una tripletta.

 

In effetti, ho detto al mercato, nello splendido quartiere di Loosduinen all’Aia: “Se possibile un minor numero di marocchini”. Notate che l’ho detto un paio di minuti dopo che una signora marocchina era venuta da me per dirmi che avrebbe votato PVV perché ne aveva piene le scatole del disturbo causato dai giovani marocchini.

 

E alla riunuine elettorale ho esordito chiedendo al pubblico del PVV: “Volete più o meno UE?”, senza neppure spiegare in dettaglio perché la risposta doveva essere meno (perché abbiamo bisogno di riguadagnare la nostra sovranità e riaffermare il controllo su i nostri soldi, le nostre leggi e i nostri confini). Ma non l’ho fatto.

 

Poi ho chiesto al pubblico “Volete più o meno Partito del Lavoro?”. E di nuovo non ho spiegato in dettaglio perché la risposta doveva essere meno (perché di tutto il parlamento sono i peggiori relativisti culturali, ciechi per scelta e filoislamici codardi). Ma non l’ho detto.

 

E poi ho chiesto, “Vuoi più o meno marocchini?”, e ancora una volta non ho spiegato in dettaglio perché la risposta doveva essere meno (perché gli individui di nazionalità marocchina, in Olanda, sono ultra-rappresentati a livello di criminalità, sfruttamento del welfare e terrorismo; e che vogliamo raggiungere questo obiettivo con l’espulsione dei criminali di nazionalità marocchina dopo avergli tolto la cittadinanza olandese, con politiche di immigrazione più severe e rimpatri volontari attivi. Cioè le proposte che abbiamo fatto nel nostro programma elettorale dal giorno in cui ho fondato il Partito per la Libertà).

 

Ho spiegato questo in diverse interviste alla televisione nazionale, sia tra la dichiarazione al mercato e quella elettorale, sia dopo la seconda. È estremamente subdolo e falso, da parte del pubblico ministero, ignorare volutamente quel contesto.

 

Disgustose (non trovo altre parole per descriverle) sono le azioni di altri politici, tra cui l’uomo che per qualche mese può ancora definirsi primo ministro. Il loro – soprattutto il suo – modo di agire dopo la suddetta serata elettorale hanno costituito una vera e propria persecuzione, una caccia alle streghe.

 

Il primo ministro Rutte ha persino detto ai bambini durante un notiziario per giovani che volevo espellerli, rassicurandoli poi che ciò non sarebbe accaduto. Come se avessi affermato qualcosa del genere. È quasi impossibile comportarsi in un modo più vile e falso.

 

Ma anche l’allora ministro della Sicurezza e Giustizia – il quale, va ricordato, è il capo politico del pubblico ministero – ha definito disgustose le mie parole, chiedendomi persino di rimangiarmele. Una richiesta del ministro della Giustizia… e non c’è bisogno di chiamarsi Einstein per prevedere cosa accadrà dopo, cosa farà il pubblico ministero, se uno non ubbidisce alla richiesta del ministro della Giustizia.

 

E anche il ministro dell’Interno e il vice primo ministro, entrambi del partito laburista, si sono espressi in modo simile. In breve, il governo non ha lasciato altra scelta al pubblico ministero se non incriminarmi. Quindi, in questo processo, gli organi della giustizia non agiscono in nome di un pubblico ministero indipendente, ma sono complici di questo governo.

 

Signor Presidente, il potere ha anche incoraggiato le denunce a mio carico. Con moduli prestampati che sono stati portati alle moschee dalla polizia. Nei quali, notate bene, la polizia stessa talvolta esprimeva l’opinione che le mie affermazioni erano inammissibili.

 

E un campione prelevato da noi dimostra che alcune denunce erano il risultato di puro inganno, costrizione e intimidazione. C’erano persone convinte che stavano andando a votare; non conoscevano nemmeno il mio nome, non si rendevano conto di ciò che stavano firmando, e alcuni hanno dichiarato di non sentirsi affatto discriminati da me.

 

Qualcuno ha detto che alla moschea As Soenah, dopo le preghiere del venerdì, erano state firmate ben 1200 denunce da gente convinta di votare. Ci sono stati cortei guidati da sindaci e assessori, come a Nijmegen, dove il sindaco Bruls ha potuto finalmente mostrare il suo odio viscerale per il PVV. La polizia ha consentito di prolungare gli orari di apertura, si offriva caffè e tè, c’erano marocchini che cantavano e ballavano accompagnati da una vera banda musicale davanti a una stazione di polizia. Hanno trasformato l’evento in una grande festa.

 

Ma intanto due sondaggi popolari, uno commissionato del Partito per la Libertà, l’altro dal quotidiano “De Volkskrant”, hanno dimostrato che – a eccezione del governo e dei media mainstream – il 43% del popolo olandese, circa 7 milioni di persone, è d’accordo con me. Vogliono meno marocchini. Sareste davvero indaffarati se il pubblico ministero decidesse di processarle tutte.

 

La gente non riuscirà mai a capire perché altri politici – soprattutto dei partiti di governo – e funzionari pubblici che hanno parlato di marocchini e turchi vengano lasciati stare e non siano incriminati dal pubblico ministero.

 

Come il dirigente laburista Samsom, secondo il quale i giovani marocchini hanno il monopolio della delinquenza etnica.

 

O il presidente del partito Spekman, che ha detto che i marocchini dovrebbero vergognarsi.

 

O l’assessore laburista Oudkerk, che ha parlato di f ***i marocchini.

 

O il primo ministro Rutte, che ha detto che i turchi dovrebbero andare al diavolo.

 

E che pensare del capo della polizia Joop van Riessen, il quale ha detto di me in televisione (cito alla lettera): “Fondamentalmente ci si sente portati a dire: uccidiamolo, sbarazziamoci di lui adesso, e che non torni più a galla”?

 

E riferendosi agli elettori del PVV, Van Riessen ha dichiarato: “Questa gente dovrebbe essere deportata, non appartengono più a questo luogo”. Fine della citazione. Il capo della polizia ha detto che uccidere Wilders era una reazione normale. Questo è odio, Signor Presidente, odio puro… e non da parte nostra ma contro di noi. Ma il pubblico ministero non ha incriminato il signor Van Riessen.

 

Il pubblico ministero, invece, incrimina me. E chiede una condanna basata su argomentazioni prive di senso sulla razza e concetti che non appaiono nemmeno nei codici. Mi si accusa di insultare un gruppo, di incitare all’odio e alla discriminazione per motivi razziali. Ma siamo matti? Razza? Quale razza?

 

Ho parlato e fatto una domanda sui marocchini. I marocchini non sono una razza. Chi se l’è inventato? Nessuno a casa si è accorto che i marocchini sono improvvisamente diventati una razza. Questa è una totale fesseria. Non una sola nazionalità è una razza. I belgi non sono una razza, gli americani non sono una razza. Finiamola con queste sciocchezze, pubblico ministero. Io non sono razzista né lo sono i miei elettori. Come osa suggerirlo, facendo passare per razziste milioni di persone?

 

Il 43% degli olandesi vogliono un minor numero di marocchini, come ho già detto. Non sono razzisti. Smettetela di insultare questi cittadini. Ogni giorno, essi hanno a che fare con l’enorme problema rappresentato dai marocchini nel nostro Paese. Essi hanno diritto a un politico che non abbia paura di parlare del problema marocchino. Ma né a loro né a me importa se qualcuno è nero, giallo, rosso, verde o viola.

 

Io vi dico: se condannate qualcuno per razzismo quando costui non ha nulla contro le razze, allora voi minate alle fondamenta lo Stato di diritto, lo mandate in bancarotta. Nessuno in questo Paese riuscirà ad accettarlo.

 

E ora la pubblica accusa utilizza anche il vago concetto di “intolleranza”. Un’altra fesseria. L’intolleranza è un termine soggettivo che non è neppure menzionato nel codice penale. Cosa diavolo sarebbe, l’intolleranza? Avete intenzione di deciderlo voi, Signori della Corte?

 

Non spetta a voi deciderlo. Né alla Corte Suprema, e neppure alla Corte Europea. È la legge stessa a determinare ciò che è punibile. Noi rappresentanti siamo eletti dal popolo per determinare in modo chiaro ed evidente per tutti ciò che è punibile e ciò che non lo è.

 

Questo non spetta al tribunale. Non dovreste farlo, certo non sulla base di concetti così soggettivi, che vengono interpretati in modo diverso da ognuno e di cui il potere può facilmente abusare per vietare alle opposizioni opinioni sgradite. Non mettetevi su questa strada, vi avverto.

 

Signor Presidente, Signori della Corte,

i nostri antenati hanno combattuto per la libertà e la democrazia. Hanno sofferto, molti hanno dato la vita. Dobbiamo la nostra libertà e le nostre leggi a questi eroi. Ma la libertà più importante, la pietra angolare della nostra democrazia, è la libertà di parola. La libertà di pensare ciò che si vuole e di dire ciò che si pensa.

 

Se perdiamo questa libertà, perdiamo tutto. Allora l’Olanda cesserà di esistere; allora gli sforzi di tutti quanti hanno sofferto e combattuto per noi saranno stati vani. Dai combattenti per la libertà e per la nostra indipendenza nel Secolo d’Oro, agli eroi della resistenza nella seconda guerra mondiale. Vi chiedo: esprimetevi nel rispetto della loro tradizione. Esprimetevi a favore della libertà di espressione.

 

Con la richiesta di una condanna, il pubblico ministero, da complice dell’establishment, da burattino del governo, chiede di mettere a tacere un politico dell’opposizione. E, di conseguenza, di mettere a tacere milioni di olandesi. Io vi dico: il problema marocchino non si risolverà in questo modo, ma potrà soltanto peggiorare.

 

Perché le persone finiranno per zittirsi dalla paura d’esser chiamati razzisti, dalla paura di finire in tribunale. Se io sarò condannato, chiunque dirà qualcosa sui marocchini avrà paura di essere chiamato razzista.

Signor Presidente, Signori della Corte, concludo.

 

Sta nascendo un movimento mondiale che metterà fine alle dottrine politicamente corrette delle aristocrazie e dei media che fanno loro da megafono.

 

Come è stato dimostrato dalla Brexit.

 

Come è stato dimostrato dalle elezioni americane.

 

Come sta per essere dimostrato in Austria e in Italia.

 

Come sarà dimostrato l’anno prossimo in Francia, Germania e Olanda.

 

Il corso della storia sta per prendere una piega diversa. I cittadini non tollereranno più a lungo.

 

E vi dico, la battaglia delle élite contro il popolo sarà vinta dal popolo. Anche qui in questa sede, non riuscirete a fermare il cambiamento ma piuttosto ad accelerarlo. Noi vinceremo, gli olandesi vinceranno, e non dimenticheranno chi stava dalla parte della storia.

 

Il buon senso prevarrà sull’arroganza del politicamente corretto. Perché ovunque in Occidente si assiste allo stesso fenomeno.

 

La voce della libertà non può essere imprigionata: suona come una campana. Ovunque, sempre più persone stanno dicendo quello che pensano. Non vogliono perdere la loro terra, non vogliono perdere la loro libertà.

 

Chiedono politici che li prendano sul serio, che li ascoltino, che parlino a loro nome. Siamo di fronte a una vera e propria rivolta democratica. Il vento di cambiamento e di rinnovamento soffia ovunque. Anche qui, in Olanda.

 

Come ho detto: io sono qui a nome di milioni di cittadini olandesi.

 

Non parlo solo a nome mio.

 

La mia voce è la voce di tanti.

 

E, quindi vi chiedo, non solo a nome mio, ma a nome di tutti quei cittadini olandesi:

assolvetemi! Assolveteci!

 

(traduzione a cura di “Etnie”)

 

Fonte: da Etnie del 24 novembre 2016

Link: http://www.rivistaetnie.com/geert-wilders-discorso-finale-72369/

 

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