Feb 09 2018

TANTO PELO

Category: Enzo Monti Raccontigiorgio @ 00:07

L’ingresso di via Leoni….beoni

 

 

Il 4 gennaio del Settantadue, a Verona e in Corso Sant’Anastasia, aprii il mio negozio d’ottica. E dopo qualche giorno andai ad abitare in Corticella San Paolo.

 

 Per recarmi al lavoro, dovevo attraversare il Ponte Navi, procedere lungo Via Leoni e Via Cappello, e alla fine di Piazza delle Erbe, davanti al Palazzo Maffei, svoltare a destra dove, al numero civico 4, aprivo i cancelli del negozio. Per ben quattro volte al giorno facevo circa questi seicento metri a piedi passando davanti ai bar di Via Leoni. Una vera e propria tentazione. Ed essendo dotato di una volontà di ferro, a febbraio ero già dentro in uno di quei locali a festeggiare.

 

 In quel periodo, i posti più famosi e più frequentati dai bevitori del centro erano la Bottega del Vino, Pommarini, e i baretti di Via Leoni, dove, sulla lastra che reca inciso il nome della via, una  felice mano aveva mutato la elle con la bi maiuscola. In modo da leggersi Via Beoni.

 

 Ogni giorno, prima dei pasti, si potevano vedere un via vai di persone allegre e chiassose che andavano e venivano dai quattro bar. C’è chi li passava tutti e quattro, chi solo due, ma i più ripassavano anche da quelli già fatti. Il verso di percorrenza, secondo un’abitudine consolidata, era quello che da Porta Leona andava al ponte. 

 

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Feb 08 2018

ALTA BORGHESIA

Category: Enzo Monti Raccontigiorgio @ 00:25

Cremona – Società Canottieri Baldesio

 

 

  Per la mia folta capigliatura e per il fatto che fin da piccolo ero piuttosto ribelle, a sedici anni cominciarono a chiamarmi Calvino. Questo era il nomignolo comunemente usato sia dagli amici all’oratorio che dai compagni di classe. 

 

 A essere sinceri, all’inizio mi dava un po’ fastidio; come del resto poteva capitare per qualunque altro soprannome. Anche perché non credo che ne esista qualcuno accettabile, a meno che non sia un’abbreviazione o una vezzosa alterazione del nostro nome. Con il tempo, ci feci l’abitudine perché tutto sommato mi si attagliava alle perfezione. Con il cognome o il nome  venivo chiamato solo durante gli appelli a scuola e in famiglia. 

 

 Ma che nella prima metà degli anni Sessanta gli amici di mio fratello mi chiamassero “Senior”, “Senior di Alta Borghesia” mi stava sul gozzo. Mi bastò vederli un paio di volte darsi di gomito e sentirli sussurrare:

 

 – Ecco che arriva Senior di Alta Borghesia

 

Cos’era quella novità? E cosa voleva dire quel nuovo epiteto? Ne aveva già uno che mi stava a pennello e a cui aveva fatto ormai il callo. Quel senior poi, mi faceva pensare a quel simpaticone di mio fratello.

 

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Feb 07 2018

SUL CORSO

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:39

Cremona. Chiesa di Sant’Agata

 

 

  Alla fine degli anni Cinquanta, a Cremona la passeggiata serale dei giovani si svolgeva lungo Corso Campi. Si partiva dall’ingresso presso i giardinetti della Galleria XXV Aprile, un’imponente costruzione dell’epoca fascista, e, dopo averla attraversata, si sbucava in Corso Campi. 

 

 Si camminava lungo una via di circa centocinquanta metri che alla fine si restringe e si biforca. Andando diritto s’imbocca Via Palestro, mentre curvando leggermente a sinistra si prosegue per Corso Garibaldi. 

 

 Mentre la maggior parte di noi ragazzi tornava indietro, altri allungavano il cammino proseguendo per Corso Garibaldi fino alla chiesa di Sant’Agata. Questa era la nostra vasca: chiamata in questo modo per il semplice fatto che il percorrerla più volte ricordava l’andare e venire in piscina.

 

 La via si snoda sulla linea Est-Ovest, probabilmente su una parallela del Cardo Massimo, ed è quindi  in buona luce. Purtroppo non ha monumenti, ma solo qualche palazzo di fine Ottocento. Il marciapiede più battuto per chi si dirige verso la galleria, oltre a essere il più stretto e sconnesso, era quello di sinistra. Non c’era una spiegazione perché questo avvenisse.

 

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Feb 06 2018

E ADESSO?

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:08

 

 

 

Ah, le donne! Non finiscono mai di stupirci. Fantastiche e fantasiose sono poi nelle loro domande e risposte quando fanno le finte ingenue. Quante volte le abbiamo sentite dire: – O Dio, ma cosa ho fatto?- fingendo di pentirsi. Oppure: – E adesso, cosa facciamo?- pur sapendo benissimo cosa fare. Ecco l’argomento per un buon racconto.

 

 Negli anni Sessanta, per noi giovani era difficile trovare posticini adatti per amoreggiare. Se erano sposate, in alberghi o in qualche locanda fuori mano non venivano per timore di lasciar tracce; se erano nubili, era la vergogna che le tratteneva. E noi non eravamo neanche così ricchi da permetterci un paio di locali da usare come scannatoio. Per combinar qualcosa, c’erano solo due posti: l’aperta campagna o la macchina. Raramente poi si riusciva a portarle in casa nostra o entrare nella loro. 

 

 I giovani del giorno d’oggi la cantano bella: fino agli anni Sessanta i genitori non permettevano che i loro ragazzi amoreggiassero in casa, mentre già negli anni Ottanta, alcuni miei amici al sabato sera ritardavano il loro rientro per lasciare più tempo ai figli. Addirittura al giorno d’oggi li lasciano che passino le notti insieme.

 

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Feb 05 2018

LA STAZIONE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:04

 

 

 

Negli anni Settanta, l’Università di Verona non ha ancora la Facoltà di Medicina, e la maggior parte degli studenti sono invogliati, per la breve distanza e per la frequenza dei treni sulla linea Milano-Venezia, a iscriversi all’Università di Padova. Che è una fortuna non indifferente essere iscritti in una facoltà che fin dal Medio Evo vanta nobili origini e chiara fama in tutto il mondo. 

 

 Tra questi giovani ce n’è un paio che non sono affatto male. Svegli, e già fin troppo navigati per la loro età. Oltre che compagni di corso si vedono spesso in giro per il centro circondati da quel benevolo alone d’ammirazione e d’invidia che rendono mitiche le loro imprese.

 

 Michele, dai capelli neri e corti, dal sorriso smagliante, appena al di sotto del metro e ottanta su un viso dai lineamenti delicati, è sempre in jeans e maglione più o meno pesanti secondo le stagioni. Flaviano, leggermente più piccolo e più maschio, porta i capelli lunghi fino al collo: sono castani e ben curati dalla tartaruga del suo pettine. Eternamente abbronzato, con scarpe all’inglese, con i risvolti ai calzoni e in giacca e cravatta, veste come un elegantone d’altri tempi. Ora, con un paio d’avventure capitate in treno, potrete inquadrarli meglio.

 

  Soprattutto nelle prime ore del mattino, la linea Milano-Venezia a causa dei pendolari e degli studenti che si recano quotidianamente a Padova e a Venezia è sempre affollatissima. Capita sovente di salire e di farsi strada a fatica, il più delle volte disgustati dall’alito e dal sudore cipollino di certe ascelle. A volte, si deve anche ringraziare il Cielo se non si prendono spintoni e pestoni da alcuni energumeni.

 

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Feb 04 2018

IL CALCIATORE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:29

  Già in un’altra occasione, avevo scritto che l’amante ideale per noi maschi dovrebbe essere la bella femmina della porta accanto, e se poi è sposata, meglio ancora! 

Non mi credete? Consideriamone i vantaggi. In primo luogo, con la vicina si ha più facilità di contatti, e quindi maggiori rapporti; secondariamente, se dovessero pescarvi mentre entrate o uscite dal suo appartamento, potete sempre giustificarvi che eravate confusi o che avete sbagliato porta. Addirittura, che vi occorreva del sale, un goccio d’olio, due uova… o che so io? Quel che vi salta in mente in quel momento, anche della curcuma. Nessun dubbio poi dell’enorme vantaggio che rappresenta la via di fuga, che non può essere più breve che da porta a porta.

Donna sposata non va mai abbandonata, a meno che lei voglia lasciare il marito per mettervi delle catene. Vi ricordo che siamo liberi d’entrare in una gabbia, ma difficile uscirne. Queste sono le raccomandazioni che faccio sempre ai miei amici. Quanti guai in meno, se mi avessero ascoltato!

Una mattina di primavera degli anni Settanta, stavo aprendo un po’ prima delle nove i cancelli della vetrina che dà sul vicoletto, quando mi sento sfiorare da una folata di vento che mi entra in negozio. Penso già al primo seccatore. A quello che ha l’occhiale storto, un‘asta staccata, oppure che ha bisogno d’un giro di vite e che, per la premura che dichiara, dovrei  piantar lì tutto e servirlo. In negozio non trovo nessuno. Mi credo poco sveglio o di aver ancora dei fumi residui della sera precedente quando dal retrobottega mi appare lui: il bomber del Verona.

È pallido come una pezza lavata ed è nudo. Porta un asciughino a mo’ di grembiule … Eh, no, no! adesso ricordo bene: teneva le mani sui fianchi che reggevano uno straccetto. Resto a bocca aperta, e poi mi metto a ridere, e a ridere fino alle convulsioni. E per simpatia anche lui scoppia in una risata fragorosa.

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Feb 03 2018

T’HO VIST

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:06

Cremona    la casa di via Volturno al 62

 

 

Ho avuto una gran mamma. E che nessuno si sogni di dirmi adesso che la sua è stata più grande della mia. Di Margherita, chiamata Rita, potrei raccontarne tante da riempire più d’un libro, ma tempo e spazio mi consigliano di limitarmi solo a un breve compendio.

 

 Piccola di statura, con le gambe storte, con capelli corvini e ricci di cui ne andava fiera, nonostante  avesse un viso dai lineamenti marcati era riuscita a farsi sposare da mio padre che passava per un bell’uomo. In casa erano in sette fratelli: cinque femmine e due maschi. Perdiana, che allegria! Un giorno mi capitò di vederne quattro di queste cinque, parlavano tutte in una volta, e quel che mi stupì, fu che si capissero.
 Ancora bambina, dopo la terza elementare aveva inforcato la bici e ogni mattina portava il pane nelle cascine vicine al paese. Era soprannominata la Fornarina(1) e, macinando chilometri e chilometri su strade piene di polvere e fango, portava, oltre al pane, un po’ d’aria fresca nella dura vita dei contadini di allora. In tavola, se il tempo non permetteva, i contadini si accontentavano della polenta.
 Al ritorno, andava a dar una mano nella trattoria di famiglia. Mio nonno, oltre a essere fornaio, gestiva, aiutato da moglie, figli e dipendenti, una trattoria che a mezzogiorno dava da mangiare a un centinaio di lavoratori delle filande. Un piatto caldo o panini con il salame oltre al bicchier di vino. Un pasto che poi la gente integrava con qualcos’altro che si portava da casa per non spendere.

 

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Feb 02 2018

TITOLO DELL’OPERA: DIO NON RIDE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 07:40

 

 

Ala di copertina

 

 E non ha tutti torti. Per quel che vede, c’è solo da piangere.

 

  Nietzsche ha scritto che Dio è morto, mentre la maggior parte di chi Lo implora si lamenta che è sordo. Gli autori delle Sacre Scritture Lo hanno descritto come un padre-padrone: ci ha scacciato dal paradiso, ci ha fatto correre per il deserto, ci ha dettato le Sue leggi e ha disperso il Suo popolo.  

 

 Con i limiti tutti nostri di poveri mortali Lo hanno sempre descritto troppo severo e vendicativo. Non credo però che Dio venga offeso quando non si condivide le idee dei Suoi preti, e neppure credo sia anche un giudice così serio e severo pronto a punirci senza divertirsi e regalarsi neppure un sorriso. Gli abbiamo attribuito le nostre più noiose qualità senza donargli un briciolo di umorismo e d’ironia che, come san tutti, sono il sale della vita. Per questo penso che la Teologia vada riscritta. Han fatto meglio i Greci che tra gli dei avevano generato un Bacco. 
 Ora, ammesso che esista, come posso non annoiarlo e fargli perdere quell’aria vendicativa di giustiziere se non deliziandolo e farlo sorridere? C’è solo un modo, anche se un po’ presuntuoso da parte mia: fargli leggere questi brevi racconti.

 

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Feb 01 2018

ENZO MONTI – INTRODUZIONE

Category: Enzo Monti Racconti,Libri e fonti,Pensieri e parolegiorgio @ 00:31

Enzo Monti

 

 

 Non capita tutti i giorni d’incrociare per strada un amico che ti suggerisca:
 – Visto che hai la penna facile, cerca di scrivere dei racconti brevi e, se ti è possibile, facendo leva sulla tua voglia di ridere e di scherzare, che siano divertenti. Mi piacerebbe  vedere in giro facce più allegre. Ce ne sarebbe un gran bisogno! Ma lo sai che potresti ricavarne anche un sacco di soldi?  

 Non ci sarebbe nulla di singolare se il consiglio non mi fosse stato soffiato dal professor Flavio quando, in una mattina fredda e con qualche fiocco di neve di questo fine febbraio del Duemilatredici, l’incontrai all’uscita da Squassabia, in Piazza Isolo qui a Verona. Ero appena uscito da questo centro, dove avevo fatto delle terapie (interferenziali e ultrasuoni alle ginocchia), quando al volo ci siamo scambiati queste quattro parole. 

 Flavio è uno dei primi lettori dei miei scritti, un lettore entusiasta del mio primo libro. Ricordo che se lo portò in vacanza e gli piacque così tanto che mi scrisse una cartolina dalla Croazia complimentandosi e confessando pure che se lo contendeva con la moglie.
 Uomo di solida e vasta cultura parla e scrive correttamente in cinque o sei lingue, avendole imparate nel corso degli anni come nostro addetto culturale in parecchie capitali europee. Ora,
insegna all’Università della Terza Età e, a tempo perso, sta leggendo le mie opere teatrali. Forsenon gli sono piaciute più di tanto, e allora mi ha suggerito con diplomatica eleganza di scrivere qualcos’altro. 
 E se mi sbagliassi? E se invece avesse visto in me una discreta abilità nel raccontar facezie? 
 Sulla settantina, calvo, sornione, con lo sguardo e il sorriso del saputo, oltre a possedere la raffinata doppiezza del diplomatico, conosce l’arte di pesare chi gli sta davanti. Che mi abbia dato un buon consiglio?

 

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