Apr 23 2014

LO STATALISTA CHE NEGA IL DIRITTO DI SECESSIONE NEGA OGNI CONTRATTO SOCIALE

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Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo Secession and the Law di Butler D. Shaffer, docente di diritto alla Southwestern University School of Law di Los Angeles, collaboratore del Ludwig von Mises Institute, saggista autore di numerosi libri e pubblicazioni. (Traduzione di Luca Fusari)

 

Sono stupito dall’assenza di motivazioni riscontrate nelle risposte date dai molti avvocati, professori di diritto, filosofi politici, e opinionisti dei media sul tema della secessione politica. Come nelle discussioni politiche, in generale, il dibattito su questo tema nasce da una prospettiva individualista o collettivista.

 

Coloro i quali, la cui premessa di base è allineata con gli interessi istituzionali e che considerano tali enti come fini a sé stessi, superiori agli interessi dei singoli, tendono a rifiutare la legittima autorità di uomini e donne di poter modificare o smantellare queste istituzioni. Se gli individui sono visti come asserviti agli interessi dello Stato, coloro che condividono questo parere trovano facile trattare la secessione come un atto illegale.

 

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Apr 17 2014

VENETISMO, PADANISMO, INDIPENDENTISMO: O SI COGLIE L’ATTIMO O MEGLIO CHIUDERLA LÌ

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Alcuni recentissimi sondaggi Swg dicono che il 47% degli abitanti del NordOvest è favorevole all’indipendenza, che la percentuale raggiunge il 50%  nel NordEst. Non è una novità.

 

Nel gennaio del 1996 la rivista Limes aveva pubblicato un’inchiesta di Ilvo Diamanti sulla percezione e gradimento dell’idea di indipendenza padana. Ne risultava che per il 36,5% dei padani l’indipendenza era “un’ipotesi inaccettabile”, per l’8,5% “una via che porterebbe al disastro”, per il 30,7%  “una prospettiva vantaggiosa sul piano concreto, ma inaccettabile” e per il 24,4% “una prospettiva vantaggiosa ed auspicabile”.

 

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Ott 24 2013

GALLI DELLA LOGGIA: CRITICHE DEVASTANTI, MA NON AMMETTE CHE “DI ITALIA SI MUORE”

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di GILBERTO ONETO

 

Ernesto Galli della Loggia è uomo colto e intelligente che però è vittima di un tormento interiore, di una scelta dolorosa e sempre rimandata, che sembra essere riassunta dal suo cognome, in bilico fra celtismo padano e italianità massonica, fra ribellistico slancio di libertà gallico e costrizioni mentali da setta patriottica.

 

Il suo impegno esprime la dilaniante contrapposizione fra la constatazione del fallimento dell’Italia unita e la necessità di continuare – oltre ogni ragionevole dubbio – a sostenerne l’intangibilità.

 

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Ott 10 2013

DISFARE L’ITALIA

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L’Italia non va salvata dalla crisi, ma da se stessa: l’Italia va disfatta. Disfare l’Italia significa due cose: secessione e autogoverno delle comunità, drastica riduzione dei poteri e degli ambiti del governo ad ogni livello.

 

Il diritto alla secessione è un diritto naturale, perché scaturisce dal diritto a disporre liberamente della propria persona. Il diritto alla secessione ha la medesima origine e la stessa sacralità del diritto all’autogoverno. Se posso decidere chi mi governa, devo anche poter decidere che cosa mi governa. Ne consegue che ogni comunità – dal singolo nucleo familiare a intere regioni del Paese – ha il diritto, in ogni momento, di secedere dal corpo politico di cui fa parte (senza peraltro averlo mai scelto né deciso) per autogovernarsi come meglio crede. Quando una Costituzione nega un diritto naturale, è da considerarsi nulla e illegittima, e come tale decaduta. Ne consegue che il diritto naturale alla secessione e all’autogoverno è anche un diritto costituzionale, indipendentemente da ciò che la Costituzione attuale contiene.

 

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Ott 10 2013

GLI STATI NON SONO ETERNI. AVANTI COL SOGNO DI ARPITANIA

Category: Autonomie Indipendenze,Popoli e nazionigiorgio @ 00:02

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di  HENRIET JOSEPH*

 

L’idea di Arpitania nacque nei primi anni del ‘70. Non mi ero mai occupato di politica, o meglio di partitica nella mia adolescenza.  Nel 1969 andai ad insegnare in Svizzera, nel Giura bernese.  In quel periodo il Giura  lottava per distaccarsi da Berna, Cantone tedesco,  e formare un nuovo Cantone indipendente per poter meglio difendere l’appartenenza alla  francofonia. Paragonai il comportamento dei nostri politici  con quello dei giurassiani; i nostri  si proclamavano anti-italiani, ma anti-italiani lo erano solo  a parole.  In pratica, accettando e rispettando la giurisdizione italiana, si comportavano come  dei collaborazionisti con il nemico che dicevano di voler combattere.  Con tale strategia, non sarebbero mai giunti a difendere il nostro particolarismo e  col tempo saremmo stati completamente italianizzati. Maturai l’idea che anche in Valle d’Aosta, se si voleva veramente ed efficacemente difendere  la propria identità, si sarebbe  dovuto intraprendere una politica secessionista,  di distacco da Roma.

 

Tornato dunque dalla Svizzera, radunai alcuni amici ed esposi  loro le mie idee, il mio nascente progetto politico.

 

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Ott 09 2013

INDIPENDENZA DEL VENETO? DIRANNO CHE NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE…

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di GIANFRANCESCO RUGGERI

 

L’indipendenza del Veneto nuoce gravemente alla tua salute e a quella del tuo bambino.

Preparatevi perché questo sarà lo slogan che di questo passo ci capiterà di leggere, questa in sintesi sarà la linea propagandistica antireferendum.

Nonostante la proposta referendaria si dibatta in consiglio regionale da mesi e non sia ancora liberata dalla palude politica, la collaudata macchina della disinformatia patriottico tricolorita si è già messa in moto. Prima la Puppato, poi ecco i rappresentanti veneti degli industriali, degli artigiani e dei commercianti, infine è intervenuto nientepopodimeno che Antonio Pipitone. In definitiva è già partito il ritornello delle mille disgrazie e sciagure che colpiranno il Veneto qualora diventasse indipendente: troppo piccolo, isolato, non in grado di reggere la competizione mondiale, che senso ha la secessione in un mondo che è globale, sarà la nostra rovina economica, ci porterà al fallimento, ecc.

 

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Ott 08 2013

APPELLO INDIPENDENTISTA A SALVARCI DAL TITANIC-ITALIA

 

 

di Gilberto Oneto

 

La serata di sabato scorso a Cologno al Serio ha dato un interessante spaccato dell’atteggiamento della politica nei confronti della cosiddetta “questione settentrionale”.

Da una parte il variegatissimo e inutilmente litigioso mondo autonomista: la Lega, i partitini veri e quelli virtuali; dall’altra i tre maggiori partiti “italiani” (Pd, Pdl e 5Stelle); in mezzo chi cerca di ragionare, scrivere e proporre soluzioni. Si è parlato senza troppi giri di parole di indipendenza e questo è il primo elemento positivo: l’hanno accettato (non si sa se per opportunismo, furbizia o reale spirito di confronto) anche i partitanti italiani. Si è parlato di soluzioni e proposte concrete e questo è un altro punto incoraggiante. Se ne è parlato in un momento (che dura come un’era geologica) in cui tutti sono presi dai domiciliari di Berlusconi, da sigle fiscali estorsive, da “spread”, da sbarchi, tutte cose che hanno peso ma che sono davvero niente di fronte al problema dei problemi: l’avvenire e le ristrette prospettive di sopravvivenza della comunità di comunità che si chiama Padania, Nord, Settentrione, Eridania o anche – con linguaggio medievale e rinascimentale – Italia. Quella parte di mondo che se ne sta fra le Alpi settentrionali e quelle meridionali, sopra la Linea Gotica o – secondo altri – sopra il mitico Fosso del Chiarone. È un posto che da alcune migliaia di anni è stato uno dei motori della cultura, dell’arte e dell’economia del mondo occidentale e che oggi rischia di sprofondare nella miserabile gora mediterranea, pieno di acciacchi, debiti, derubato e maltrattato.

 

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Ago 08 2013

SARDEGNA – LO STATO ITALIANO IMPONE DI TOGLIERE I CARTELLI IN SARDO

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STOP AI CARTELLI IN SARDO ALL’INIZIO E ALLA FINE DEL CENTRO ABITATO. LA DIRETTIVA ARRIVA DALLO STATO

Con una circolare del Ministero i Comuni sardi sono invitati ad adeguarsi alle disposizioni statali.

 

“La circolare con la quale lo Stato invita i Comuni sardi a togliere i cartelli in sardo all’inizio e alla fine centro abitato è l’ennesimo atto di arroganza e ignoranza che va respinto al mittente senza un attimo di esitazione. Ad una circolare di questa natura bisogna rispondere facendo l’esatto contrario, indicando all’ingresso di ogni comune anche il nome in sardo del paese, con la stessa evidenza di quello in italiano. Non è tollerabile che una pseudo direzione Generale della Sicurezza stradale anziché occuparsi dei pericoli delle strade sarde non trovi di meglio che esercitarsi in un volgare quanto fuori luogo parere con il quale dichiara illegittimi i cartelli stradali con la scritta in lingua sarda”.

 

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Giu 25 2013

DECALOGO DI ASSAGO CHE MIGLIO RPEFERIVA CHIAMARE “BREVIARIO”

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Gianfranco Miglio 

Con il consenso della gente si può fare di tutto: cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo”.

 

Il Decalogo di Assago è stato redatto da Gianfranco Miglio, con contributi dei collaboratori della Fondazione Salvadori. È stato presentato ad Assago, il 12 dicembre 1993, al Secondo Congresso della Lega Lombarda. Altri tempi e altra storia: parliamo infatti di vent’anni fa. Quel lavoro e la stessa figura di Miglio furono poco dopo seppelliti dalle scelte di Umberto Bossi e dalla conseguente uscita dello stesso Miglio dalla Lega Nord.

Lo riproponiamo perché i nostri lettori possano giudicare, e commentare, cosa vi sia in esso ancora di attuale ed eventualmente di emendabile, o addirittura di non condivisibile, all’interno del dibattito su un eventuale movimento separatista avviato su L’Indipendenza.

 

In coda riproponiamo poi l’intervento che Miglio pronunciò pochi mesi, dopo in Senato, 17 maggio 1994,   nel dibattito sulla fiducia al primo governo Berlusconi, quando aveva già lasciato alla Lega.

Le previsioni su quanto sarebbe accaduto negli anni a venire sono di una drammatica lucidità, con la sola variante che il bicchiere di olio di ricino lo stiamo bevendo adesso, ma con davanti nessuna prospettiva…

 

 

IL DECALOGO DI ASSAGO

 

Il “Decalogo di Assago” è stato redatto da Gianfranco Miglio, con contributi dei collaboratori della Fondazione Salvatori ed è stato presentato ad Assago, il 12 dicembre 1993, al secondo Congresso della Lega Lombarda.

 

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Giu 24 2013

RIFORMA FEDERALE: LE TRE REPUBBLICHE DI MIGLIO

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di GABRIELE COLTORTI

 

Il modello di Costituzione federale elaborato da Gianfranco Miglio prevede una riscrittura della Costituzione che riguarderebbe non solo la seconda parte, ma anche numerosi articoli contenuti nella prima parte e nei principi fondamentali. La stragrande maggioranza dei costituzionalisti ritiene che i primi articoli della Costituzione italiana siano intoccabili. Il professore comasco non era per nulla d’accordo: ho ascoltato tempo fa la registrazione di un’intervista del 1994 in cui sosteneva che la Carta del ’48 era rivoltabile come un calzino. A suo giudizio, l’unico articolo che non poteva essere modificato era il 139, ove è scritto esplicitamente che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. Naturale quindi che per Miglio fosse del tutto insensata una riforma limitata alla seconda parte della Carta, come invece ci propongono tutti i partiti italiani, dal centrodestra al centrosinistra compreso il Presidente della Repubblica. No, direbbe oggi il professore: “Le vere Costituzioni federali o sono tali o non lo sono”.

Ma veniamo al modello costituzionale elaborato da Miglio. Presentato al Congresso della Lega Lombarda tenuto Assago nel 1993, venne perfezionato e parzialmente modificato nelle pubblicazioni apparse negli anni successivi: il Modello di Costituzione federale per gli italiani uscito nel 1995, la prima edizione dell’Asino di Buridano (1999) e la seconda edizione del 2000.

 

I Principi fondamentali della Costituzione federale proposta da Miglio

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Giu 22 2013

I FONDAMENTI DEL VERO FEDERALISMO DI GIANFRANCO MIGLIO

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Quali sono per Gianfranco Miglio i fondamenti di un vero regime federale? Nell’introduzione al volume Federalismi falsi e degenerati (Milano, Sperling&Kupfer 1997), Miglio elencava con grande chiarezza i pilastri su cui deve poggiare un regime fondato su un patto costituzionale in grado di salvaguardare e conciliare l’irriducibile diversità dei territori. Le vere Costituzioni federali sono quelle in cui:

 

a) il federalismo è interno al sistema politico e ne costituisce l’asse portante.

 

In tutti i sedicenti sistemi “federali” (Germania, Stati Uniti) o quasi “federali” è la prima Camera a rivestire un ruolo politico decisivo nella legislazione e – nei regimi parlamentari – a controllare il governo dandogli o togliendogli la fiducia. La Camera dei rappresentanti statunitense, il Bundestag tedesco sono collegi in cui dominano i grandi partiti “nazionali”, in cui i parlamentari sono eletti direttamente dal “popolo sovrano”. Quelli per Miglio erano falsi sistemi federali perché il federalismo tende ad essere confinato in una seconda camera (Bundesrat in Germania, Senato negli Stati Uniti) che ha uno scarso potere di controllo nei confronti del governo centrale. Se il federalismo deve essere l’asse portante del sistema, questo significa che per Miglio la Camera politica, quella in grado di controllare il governo federale deve essere l’assemblea in cui siedono i rappresentanti delle maggiori Comunità territoriali in cui si articola la Federazione. Nel modello costituzionale di Miglio l’Assemblea federale sarebbe formata dalla riunione periodica delle Diete (Parlamenti) delle tre Repubbliche i cui membri verrebbero eletti dalle rispettive popolazioni: 100 deputati dalla Padania, 100 dal Centro Italia, 100 dal Mezzogiorno. A questi 300 deputati si aggiungono i delegati dei Consigli delle 5 Regioni a Statuto speciale: 15 deputati siciliani, 10 sardi, 10 friulani, 6 dal Trentino Alto Adige/Sud Tirolo, 5 dalla Valle d’Aosta. In tutto 346 deputati con un taglio di 284 parlamentari rispetto ai 630 del nostro ordinamento.

 

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Apr 25 2013

IL 25 APRILE LA BANDIERA DI SAN MARCO SIA DOVUNQUE

Category: Autonomie Indipendenze,Veneto e dintornigiorgio @ 00:01

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Da sempre  nei territori della Serenissima Repubblica Veneta il  25 aprile si onora e si festeggia  San Marco, emblema religioso e politico della Repubblica Veneta fino al 1797,  bandiera e simbolo del popolo veneto. E non a caso uno dei primi provvedimenti degli invasori francesi  fu proprio quello di sospendere la festa di San Marco e di condannare a morte chi osasse gridare “Viva San Marco!”;  ma nonostante l’accanimento e la brutalità di Napoleone e dei suoi collaborazionisti italiani, ancor oggi nell’intero Commonwealth della Serenissima  decine e decine sono le iniziative per ricordare e festeggiare San Marco: dal festoso ritrovo  in piazza San Marco a Venezia, alla rogazione di Piemonte d’Istria.

E’ fondamentale riappropriarci della nostra identità, delle nostre feste, riscoprire l’orgoglio di sentirsi veneti e di sventolare gioiosamente la nostra bandiera, di esporla dalle nostre case: è l’unico modo per sconfiggere, o perlomeno attenuare gli effetti perversi di quella globalizzazione che sta mortificando culture, civiltà, lingue, costumi, identità diverse ma proprio per questo  degne di essere rispettate, tutelate e valorizzate.

Il tutto in un’ottica europea affinché l’Europa dei banchieri diventi l’Europa dei popoli e delle regioni; un’Europa in grado si svolgere quel ruolo che la storia le assegna, ma  che sventuratamente non riesce a interpretare.   Un’ Europa che veda protagonisti bavaresi e catalani, scozzesi e tirolesi, bretoni e sardi, ma anche noi veneti.

Viva San Marco!

 

Fonte: srs di ETTORE BEGGIATO, da L’Indipendenza del  24 aprile 2013-04-23

Link: http://www.lindipendenza.com/sanmarco-beggiato-festa-popoli/

 

 


Apr 24 2013

IL SUO FUTURO È FUORI DALL’ITALIA

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VENETO.

Ho 38 anni, sono un imprenditore e ho famiglia.

E l’Italia per me è morta.

Uccisa da una classe politica che ha trasformato la democrazia in oligarchia.

Uccisa da una generazione che ha divorato l’avvenire dei propri figli, costretti a scegliere tra l’emigrazione o a contratti umilianti e con pensioni ridicole.

Uccisa dai troppi che vivono grazie ad uno Stato che spreme, senza alcun ritegno, i sempre più pochi che producono ricchezza.

Uccisa da una popolazione apatica i cui unici sussulti di orgoglio li trova nei campi di calcio.

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Apr 07 2013

I PATRIOTI TRICOLORITI CONTRO EVA KLOTZ. OGGI SIAMO TUTTI TIROLESI!

Category: Autonomie Indipendenze,Popoli e nazionigiorgio @ 12:00

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 Eva Klotz 

 

di GILBERTO ONETO

 

Che il “patriottismo sia l’ultimo rifugio dei mascalzoni” lo aveva affermato  Samuel Johnson anche senza conoscere l’Italia di oggi. Se avesse assistito all’ultima puntata di “Servizio Pubblico” sarebbe sicuramente stato assai meno moderato nel linguaggio.

La presenza di Eva Klotz, che ha detto solo una serie di cose di normale buon senso, ha scatenato la reazione rabbiosa di tutti i presenti, che hanno messo da parte ogni divisione ideologica, partitica e politica. Tutti si sono accaniti contro la signora Klotz con astio, cattiveria, mediterraneo complesso di superiorità. Tutti – comunisti, fascisti – si sono gettati con livore, sghignazzando, facendo battute idiote, sfoderando i peggiori luoghi comuni patriottici, con il supporto di una claque di grillini e sinistri che si è  trasformata per l’occasione nella folla oceanica di Piazza Venezia: roba da “spezzeremo le reni al Tirolo”, roba da far commuovere il cuore cingolato del Presidente.

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Mar 06 2013

L’ ITALIA E’ UNO STATO DI NULLAFACENTI E PSEUDOFACENTI

Category: Autonomie Indipendenze,Padania e dintornigiorgio @ 00:10

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di PAOLO BIZZIOCCHI

 

“Quando nel corso degli umani eventi diviene necessario, per un popolo, sciogliere i legami politici che lo hanno connesso con un altro e assumersi, fra i poteri della terra, lo stato di separazione e di uguaglianza che le leggi di Dio e della Natura gli garantiscono, un onesto rispetto delle opinioni dell’umanità, richiede che esso debba dichiarare i motivi che lo spingono alla separazione. Noi Consideriamo queste verità evidenti ad un esame attento: tutti gli uomini non sono creati uguali. Tutti gli uomini hanno diritto alla vita, alla libertà e al conseguimento della felicità ma queste cose non devono venire garantite a nessuno a spese della libertà degli altri, del conseguimento della felicità degli altri. I governi istituiti dagli uomini, per garantire questi diritti, debbono trarre il loro giusto potere dal consenso dei governati. Un governo che fallisca sia nel proteggere i diritti di un popolo sia nell’assicurarsi il suo consenso, diviene distruttivo rispetto al conseguimento di questi fini ed è diritto del popolo modificarlo o abbatterlo, istituendo un nuovo governo che basi la propria fondazione su tali principi e organizzi il proprio potere in forme tali che al popolo sembri massimamente probabile che ciò promuova sicurezza e felicità”.

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