Mar 21 2017

I DINOSAURI DEL PASUBIO RIDISEGNANO LA GEOGRAFIA GIURASSICA DELL’ITALIA

Category: Archeologia e paleontologia,Natura e scienzagiorgio @ 10:21

Una delle  orme ritrovate  nella galleria

 

 

Il ritrovamento di tre orme di dinosauro all’interno della galleria del Monte Buso, nel massiccio del Pasubio,  rivoluziona la paleogeografia italiana. Lì non dovevano stare: nel periodo Giurassico, quel territorio si ipotizzava sommerso. Ma c’è di più: la “piattaforma di Trento” apparteneva all’Eurasia e non al continente africano.

 

Durante l’esplorazione della galleria passante del Monte Buso, nel massiccio del Pasubio (scavata dagli austriaci durante la prima guerra mondiale per collegare le retrovie alla prima linea), Marco Avanzini – conservatore responsabile della sezione di geologia del Museo tridentino di scienze naturali e noto esperto di icnologia, la disciplina che studia le orme fossili – ha individuato tre orme di dinosauro che riscrivono la storia antica della penisola italiana.

 

Seguendo le ricostruzioni paleogeografiche, basate su dati geologici e stratigrafici, l’Italia del Giurassico (il periodo che va da 200 a 160 milioni di anni fa) era considerata perlopiù un territorio sommerso, dove al massimo erano presenti basse distese fangose a pelo d’acqua. Nel 1990, la scoperta di tracce di dinosauri ai Lavini di Marco, nel Trentino meridionale, fa vacillare questa ipotesi. I ritrovamenti successivi, avvenuti in un’ampia area compresa tra la Valle dell’Adige e il Feltrino, provano che il territorio denominato dai geologi “Piattaforma di Trento” nel Giurassico inferiore (200-190 milioni di anni fa) era costituito in gran parte da terre emerse. Lo sprofondamento previsto dai modelli tradizionali era avvenuto più tardi (nel Giurassico superiore, 160 milioni di anni fa).

 

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Feb 28 2017

ARCHEOBUONI E GLI STUDIOSI INDIPENDENTI

 

Perché? La stampa e i media conoscono   solo gli studi degli archeobuoni, mentre la gente preferisce gli studiosi indipendenti

 

Gli ARCHEOBUONI, prima DERIDONO, poi COPIANO, poi sono glorificati dalla STAMPA che aveva ignorato le scoperte e le innovazioni degli STUDIOSI INDIPENDENTI.

 

Quante scoperte si possono attribuire alla archeologia ufficiale?

Forse l’uno per cento e non manco sicuro che essi non si siano appropriati di qualcosa scoperto da altri.

Da BELZONI a SCHLIEMANN, ai moderni SITCHIN, a Robert Bauval e più recentemente alle scoperte di Leonardo Melis… vedere la città sulla Jara, il coccio scritto di Pozzomaggiore, la piramide a gradoni .. la sua opera omnia sui POPOLI DEL MARE e i SHARDANA, di cui scrive e discute da 40 anni ….

 

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Feb 09 2017

LA MALEDIZIONE DI TUTANKHAMON

 

 

Da quasi un secolo ormai aleggia un alone sinistro intorno al nome del faraone-bambino Tutankhamon. Da quando infatti Howard Carter ne scoprì la tomba – ufficialmente il 27 novembre 1922 – le persone più informate riguardo ai dettagli del ritrovamento morirono tutte, inspiegabilmente, nell’arco di pochi anni.

 

Circa cinque mesi dopo la scoperta della tomba il finanziatore dell’impresa, Lord Carnarvon, venne punto da una zanzara su una guancia. In seguito a questo banale incidente, le sue condizioni di salute peggiorarono fino a condurlo alla morte per setticemia.

 

Toccò poi al fratellastro di Lord Carnarvon, Aubrey Herbert, che morì inspiegabilmente, nel 1923, a seguito di una semplice estrazione dentale.

 

L’archeologo canadese La Fleur, giunto in Egitto nell’aprile 1923 – in perfetto stato di salute – per aiutare Carter nei suoi lavori, moriva appena qualche settimana dopo per una misteriosa malattia 

 

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Gen 30 2017

SIAMO TUTTI UN PO’ NEANDERTHALIANI

Category: Archeologia e paleontologia,Natura e scienzagiorgio @ 00:14

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Lo schema che spiega come (e dove) i geni del Neanderthal sopravvivono in noi ancora oggi 

 

 

Un team internazionale di scienziati ha sequenziato il genoma dell’uomo di Neanderthal e lo ha confrontato con quello di 5 persone provenienti da diverse parti del mondo. Scoprendo così che sapiens e Neanderthal si sono incrociati.

 

L’uomo di Neanderthal, estinto circa 30 mila anni fa, “vive” dentro di noi: tutti gli uomini moderni, a eccezione degli africani, hanno infatti nel proprio Dna dal 1 al 4 % del suo patrimonio genetico. In altre parole, ci furono incroci fra Homo sapiens e uomo di Neanderthal. Grazie ad antiche coppie miste i geni dei Neanderthal hanno potuto così sopravvivere.

 

È uno dei dati più sorprendenti emersi da una ricerca scientifica che per se stessa non ha precedenti: gli studiosi del Max Planck Institute for Evolutionary Antropology di Lipsia hanno annunciato di avere sequenziato per la prima volta il patrimonio genetico dell’uomo di Neandherthal.

 

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Gen 24 2017

FUMANE DI VERONA, GROTTA SOLINAS: RIVENIMENTO DI UN DENTE DI 40MILA ANNI FA. ERA DELL’UOMO DI NEANDERTHAL

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Il frammento di dente trovato nella grotta Solinas di Fumane

 

 

L’ultimo rinvenimento negli scavi nella grotta è ora allo studio degli esperti delle università di Torino e Ferrara.  È un rarissimo frammento di premolare con una marcata usura dello smalto che fornisce nuove ipotesi per le ricerche

 

Gli scavi alla Grotta di Fumane hanno portato alla scoperta di un dente appartenuto a uno degli ultimi uomini di Neanderthal vissuto tra i 40 e i 50mila anni fa.

 

Si tratta di un rarissimo frammento di dente umano, un premolare, trovato nei cosiddetti livelli Uluzziani, nello strato A3, che presenta una marcata usura dello smalto e dei solchi verticali. Questo dimostra che i neanderthaliani usavano molto la bocca e i denti per rompere e strappare, oltre che per mangiare. Il dente è ora allo studio del professor Giacomo Giacobini dell’Università di Torino e di Marco Peresani dell’Università di Ferrara, che ha proprio in questi giorni aperto la campagna di scavi per l’anno 2010.

 

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Gen 18 2017

LE OSSA FOSSILI: UNA DIFFICILE CONSERVAZIONE

Category: Archeologia e paleontologia,Natura e scienzagiorgio @ 00:07

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Tecnico di laboratorio

 

 

Secondo una recente ricerca le ossa fossili andrebbero conservate refrigerate ed in condizioni di sterilità per evitare di contaminarne il DNA. Le procedure tradizionali di scavo e conservazione potrebbero avere causato danni irreparabili al materiale sin qui raccolto.

 

D’ora in poi i ricercatori impegnati negli scavi dei reperti fossili dovranno imparare a comportarsi come gli investigatori della Scientifica.

 

Questo è quanto emerge da un recente articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Americana PNAS.

 

Fino ad ora le ossa fossili erano manipolate da una quantità di persone, lavate collettivamente in ampie vasche, ripulite e spazzolate, e perfino lucidate con speciali vernici, prima di essere esposte nelle teche dei musei.

 

Queste procedure potrebbero aver causato danni irrimediabili ai reperti fin qui raccolti.

 

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Gen 17 2017

L’UOMO DI NEANDERTHAL IN TERRA PADANA: INTERVISTA A LAURA LONGO CONSERVATORE DI PREISTORIA DEL MUSEO DI STORIA NATURALE DI VERONA

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L’occipitale  neandertaliano  del riparo Mezzena.

 

 

La Dottoressa Laura Longo, Conservatore di Preistoria del Museo di Storia Naturale di Verona, è la coordinatrice delle ricerche sui Neandertaliani e gli Uomini anatomicamente moderni (H. sapiens) convissuti in terra padana per circa 3/5000 anni. La abbiamo intervistata per voi.

 

Quando l’uomo di Neanderthal si stabilì in terra padana?

 

Abbiamo notizie della presenza neandertaliana nel nord Italia a partire da almeno 150.000 anni fa, forse anche un po’ prima.

 

Cosa attirò i Neandertaliani, e poi gli Uomini anatomicamente moderni (H. sapiens), sui monti veneti?

 

I Monti Lessini, i Berici, gli Euganei e le prealpi venete più in generale, sono disposti in modo che il sole li illumina e riscalda durante tutto l’arco della giornata. E durante i periodi glaciali questo aspetto non era certo da sottovalutare. Poi sono ricchi di strati calcarei in cui il carsismo ha scavato grotte e ripari, che sono i naturali ricoveri dei gruppi umani preistorici. Sono tutte aree ricche di selce, la roccia a frattura concoide che l’uomo preistorico ha sempre usato per costruire i propri strumenti. Sono zone ricche di acqua e quindi attiravano gli animali che diventavano facile preda dei cacciatori e raccoglitori preistorici. Insomma i monti veneti erano una specie di paradiso per Neandertaliani e Uomini anatomicamente moderni.

 

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Gen 11 2017

INTERVISTA ALL’ARCHEOLOGA PREISTORICA VERONESE LAURA LONGO

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Laura Longo durante una campagna di scavo

 

 

La Dottoressa Laura Longo  (nata a Verona nel 1961)    è qualificata come archeologo preistorico e svolge la professione di Conservatore di Preistoria presso il Museo di Storia Naturale di Verona. La abbiamo intervistata per voi.

 

Qual’è stato il suo percorso formativo?

 

Laurea in Scienze Naturali presso l’Università di Ferrara, Master in Archeologia all’University College di Londra, un primo Dottorato in Antropologia presso l’Università di Bologna, Master in Tecnologia Preistorica e Archeologia Sperimentale, presso l’Accademia delle Scienze di S. Pietroburgo, un secondo Dottorato in Sc. Della Terra e Preistoria presso l’Università di Siena.

 

E il suo percorso professionale?

 

Post-doc all’Università di Milano e presso la Southern Methodist University di Dallas; Borsista UE progetti FP3 e FP4 per 3 anni (in varie sedi europee, Valbonne, Tarragona, Atene, Lisbona), e dal 1998 Conservatore di Preistoria al Museo di Storia Naturale di Verona.

 

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Gen 10 2017

OMINIDI A ISERNIA LA PINETA E…FORSE…UNA CAPANNA

Category: Archeologia e paleontologia,Natura e scienzagiorgio @ 00:21

OMINIDI A ISERNIA LA PINETA E…FORSE…UNA CAPANNA

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Isernia la pineta, il paleoauolo. In questo fotografia, tra le ossa e i sassi, si vede una forma circolare senza nessun oggetto. Negli scavi archeologici è la classica impronta lasciata da una buca dove era infisso un palo

 

 

Verona 25 giugno 2010

 

Oggi sono passato da Alberto   Solinas per avere alcune informazioni sulla Postumia a Verona. Prima del congedo  Alberto mi blocca e mi dice: Lo sai della “capanna” di Isernia la pineta, beh sto vedendo che non sono più il solo a pensare ad una possibile  costruzione eseguita dall’uomo.  Ho recuperato un libro della Giunti editore, scritto da  Alberto Salza,  (Ominidi uomini e ambienti di tre milioni di anni fa) che propone un’ipotesi di:  Isernia come un atto deliberato dell’uomo.

Ti ho estrapolato  alcune pagine.

 

PALEOSUOLO

 

(…) Ciò che apparve ai ricercatori valse la scommessa: migliaia di ossa di  animali mescolate a centinaia di utensili. I reperti sono così numerosi e ammucchiati che spesso si corre il rischio di danneggiarne uno mentre se ne scava un altro. La prima cosa che salta agli occhi, già sul terreno, ma ancor più osservando il rilievo delle prime superfici del paleosuolo portato alla luce (pochi metri quadrati, rispetto alla totalità del sito), è la non casualità della disposizione di ossa, sassi e utensili. Isernia appare come un atto deliberato dell’uomo, e non  come effetto di forze casuali, quali si possono riscontrare nei “mucchi idraulici” dovuti all’ acqua di torrenti sufficientemente impetuosi da trasportare per grandi distanze anche ossa di pachidermi.

 

Bisogna comunque dire che anche quest’ipotesi è stata recentemente formulata, e occorrerà attendere i risultati di sofisticati esperimenti di tafonomia prima di poter trarre conclusioni definitive.

Esistono però dei fatti, a Isernia, piuttosto singolari. Qualunque sia stata la forza che ha ammassato ossa e utensili (cerchiamo di non essere troppo antropocentrici) bisogna dire che lo ha fatto in “modo differenziale”, come direbbero gli specialisti. Ha, cioè, selezionato solo alcune parti degli animali e non ha agito su tutto lo scheletro.

 

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Gen 08 2017

EMMANUEL ANATI: IL MONTE SINAI È AD HAR KARKOM. HO TUTTE LE PROVE

Category: Archeologia e paleontologia,Bibbia ed Egittogiorgio @ 00:25

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L’archeologo Emmanuel Anati

 

 

Dove si trova realmente il Monte Sinai? In quale luogo Mosé ricevette le tavole della legge del decalogo?

 

Emmanuel Anati, che è stato ospite del festival biblico, non ha dubbi: il Monte Sinai non è, come suggerisce la tradizione, il rilievo su cui sorge il monastero di Santa Caterina, ma è la montagna di zafferano, la montagna gialla dell’Har Karkom. In due libri, editi da Edizioni Messaggero Padova, ha esposto i risultati portati alla luce da spedizioni italiane nel deserto del Negev, in Israele.

 

Proprio qui, ad Har Karkom, le ricerche di Anati hanno messo in luce una montagna sacra con altari, santuari ed altri luoghi di culto circondata da innumerevoli insediamenti riferibili all’età del bronzo, nel cuore del deserto dell’Esodo. Per la prima volta, ricerche in cui convergono archeologia, antropologia culturale, sociologia e topografia all’esegesi teologico-biblica, portano prove archeologiche concrete in accordo con il Pentateuco biblico. La Bibbia, rapportata anche a elementi di letteratura extra-biblica, smette dunque di essere mito e diventa storia.

 

Professor Anati, cosa l’ha portato alla scelta di diventare archeologo?

 

È stato il caso. Quando ho fatto la maturità, mio padre, che era architetto, mi ha iscritto a ingegneria. Dopo tre settimane sono scappato: ho frequentato corsi di geografia, scienze umane, storia e infine archeologia orientale. In realtà non faccio solo l’archeologo: mi interesso in generale alle scienze dell’uomo.

 

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Dic 18 2016

L’ELMO DI SCIPIO? SOTTO IL CEMENTO ARMATO

Liternum, in totale abbandono e minacciato dagli abusi il parco corrispondente alla tomba dell’«Africano»

 

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Gli scavi di Liternum (Lago Patria, Napoli). Una parte, corrispondente all’antica dimora di Scipione l’Africano, è finita sotto una costruzione situata a ridosso della zona tutelata dalla Soprintendenza

 

 

NAPOLI – «Ingrata patria non avrai le mie ossa».

La leggenda narra che queste siano le parole scolpite sull’epigrafe voluta da Scipione l’Africano sulla tomba, sepolta nel territorio di Giugliano, in provincia di Napoli. A causa di un diverbio con i tribuni della plebe in seguito al quale fu accusato di «peculato» per aver sottratto alle casse dello Stato ben 500 talenti ricevuti dal re di Siria Antioco III, il generale romano fu costretto a vivere i suoi ultimi giorni nella città di Liternum. Scipione, famoso per la celebre sconfitta inferta ad Annibale nella battaglia di Zama, lega da allora inesorabilmente la sua memoria a questi luoghi.

Ebbene, oggi, quegli stessi luoghi sono stati dimenticati e abbandonati: vi insiste un parco archeologico decisamente poco valorizzato e minacciato di tanto in tanto dagli abusi: la costa del giuglianese e quella di Castel Volturno, nel Casertano, sono tra le più disastrate d’Italia dal punto di vista del cemento selvaggio.

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Dic 03 2016

ZAHI HAWASS, L’ULTIMO FARAONE D’EGITTO

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Zahi Hawass

 

 

Per conto dello Spiegel, Matthias Schulz traccia un interessante quadro sulla personalità di Zahi Hawass, il segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie.

 

Sono le 5 di mattina e Zahi Hawass entra nel suo SUV, diretto a una conferenza stampa nell’Oasi di Bahariya.  Le strade del Cairo sono ancora vuote e bisogna affrettarsi per evitare il traffico mattutino.  Hawass ha già avuto un infarto e da allora fuma solo pipe ad acqua. Riferendosi all’autista, dice: “Se rallenta, lo licenzio”.

 

Gli piace chiamare i suoi oppositori “stronzi”, ma nessuno ha problemi col suo carattere. In realtà egli gode di una sorta di licenza che gli permette di essere volgare e arrabbiato e le regole le definisce lui stesso. Lui è il protettore finale di tutti i monumenti del paese.

 

Con un abbigliamento che ricorda Indiana Jones,  Hawass è famoso nel mondo grazie alla presenza costante in TV. È lui stesso a spiegare senza esitazioni il suo narcisismo. Sull’incontro con Obama lo scorso giugno, Hawass rivela: “Gli dissi che George Lucas venne qui per scoprire perchè il mio capello è diventato più famoso di quello di Harrison Ford”. Oppure, quando gli venne mostrata l’impaginazione del suo ultimo libro, commentò: “Ok, ma dovete stampare il mio nome in caratteri più grandi”. E infine: “Non sono solo famoso negli Stati Uniti, ma anche in Giappone e, per la verità, ovunque”.

 

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Ott 08 2016

FUMANE DI VERONA – GROTTA SOLINAS: IL NOSTRO SCIAMANO È IL PRIMO EUROPEO

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Lo Sciamano di Fumane, grotta Solinas

 

 

Alberto Broglio, scopritore della figura antropomorfa tracciata con l’ocra, ricorda vent’anni di ricerche archeologiche e spiega i più recenti sviluppi

 

Nel 1988, grazie alla Soprintendenza archeologica del Veneto e al Museo civico di storia naturale di Verona, iniziavano le ricerche sistematiche alla grotta Solinas di Fumane.  Il sito, segnalato da Giovanni Solinas nel 1964, era stato oggetto di una prima indagine di Angelo Pasa e di Franco Mezzena, ma a più riprese era stato poi devastato da clandestini.

 

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Set 11 2016

LACES DI VAL VENOSTA: UNA STELE RAFFIGURA LA MORTE DI OETZI

Category: Archeologia e paleontologiagiorgio @ 07:06

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Un’incisione rupestre rinvenuta su una stele dell’età del rame potrebbe raffigurare la scena dell’assassinio di Oetzi, la mummia di 5 mila anni ritrovata nel 1991 sui ghiacci della Val Venosta.

La stele è stata recuperata a Laces, poco distante dal luogo di ritrovamento di Oetzi.

L’immagine rappresenta un arciere che lancia una freccia alle spalle di un uomo: Oetzi, dicono gli studiosi, sarebbe morto proprio così.

 

Fonte: Repubblica.it;  gennaio 2006


Lug 23 2016

UN RIVOLUZIONARIO METODO DI DATAZIONE CON CUI ANALIZZARE IL C-14

Category: Archeologia e paleontologia,Ricerca e tecnologiagiorgio @ 00:28

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Una lampada al plasma (lucnix.be)

 

In occasione del 239′ National Meeting dell’American Chemical Society (ACS), un team di scienziati coordinato da Marvin Rowe, della Texas A&M University College Station nella sede del Qatar, ha annunciato di aver sviluppato un nuovo metodo per determinare l’età di antichi manufatti, mummie e altre reliquie senza danneggiarli.

 

La rivoluzione sta nel poter effettuare analisi su tutti quei reperti finora inaccessibili per la preoccupazione dei proprietari (musei o collezionisti privati) di rovinare gli oggetti.

Rowe spiega in cosa consista la rivoluzione: “Espande la possibilità di analizzare in modo approfondito le collezioni dei musei finora inaccessibili per via della loro rarità o del valore intrinseco e della natura distruttiva dell’attuale metodo di datazione al radiocarbonio. In teoria, potrebbe persino essere usato per datare la Sindone di Torino”.

 

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