Gen 21 2014

LA NOSTRA CHIESA DURANTE IL REGNO DI PIPINO

Category: Chiesa Veronese Storia Pighi,Libri e fontigiorgio @ 19:24

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A Pipino sembra doversi attribuire la fontana della Piazza delle Erbe con la così detta Madonna Verona, colà trasportata dal colle S. Pietro. 

 

EPOCA II – CAPO I

 

SOMMARIO. – Dominazione dei Franchi a Verona – Loterio: se sia certo il suo episcopato – Epoca della chiesa di S. Maria Matricolare – AIdone: dilapidazione dei beni della chiesa – Eginone – Ratoldo – Opere e morte del re Pipino – Generosità dei principi e dei fedeli verso la chiesa.

 

 

Gli ultimi anni dell’episcopato di sant’Annone furono agitati per le novità politiche. Il regno dei Longobardi, che aveva spadroneggiato nell’Italia superiore per circa duecento anni, cadeva infranto dalla potenza di Carlo Magno.  Mentre l’ultimo re, Desiderio, era assediato da Carlo in Pavia, il di lui figlio Adelchi si era rifugiato in Verona, città bene fortificata, dove si trovava pure Gilberta vedova di Carlomanno coi suoi due figli e col nobile Franco Auctario.

Da Pavia Carlo Magno venne a Verona, e vi entrò ai primi di giugno dell’anno 774 senza trovarvi opposizione; accolto con plauso dal vescovo Annone, dal clero e dal popolo: nè alcun rimpianto vi avean lasciato di sè i Longobardi.

Poco dopo, espugnata anche Pavia, Carlo fondò nell’Italia superiore il nuovo regno dei Franchi, e lo diede a suo figlio Pipino, che fece sua residenza prediletta Verona. A queste mutazioni poco sopravvisse il vescovo Annone, il quale santamente morì il giorno 23 maggio di un anno incerto; probabilmente fu l’anno 780 (1): egli è l’ultimo vescovo onorato di culto pubblico dalla chiesa veronese.

 

E’ ben vero che durante il regno dei Franchi i vescovi di Verona ebbero molta importanza, come scrisse un celebre storico nostro (2): ma insieme è pur vero che la nostra chiesa nella elezione dei suoi vescovi subì di sovente l’influsso della prepotenza dei re Franchi; come apparisce anche dal nome dei vescovi, che la governarono durante il loro dominio.

 

Il  primo di questi, ed immediato successore di sant’Annone, secondo alcuni degli storici nostri sarebbe Loterio; ma per breve tempo, forse per un anno. Lo ammettevano nel secolo XVI Canobio (3) e Peretti (4), e dietro di loro Libardi, Moscardo, Biancolini, Muselli, Cappelletti (5), e recentemente Spagnolo (6); sarebbe il Vescovo quarantesimoquarto.

A quanto riferisce il Canobio, Loterio avrebbe molto lavorato per la costruzione o ricostruzione della chiesa di S. Maria Matricolare, aiutato in quest’opera da Bertrada moglie di Pipino e dalle mogli di Desiderio e Carlo Magno.

Secondo il prof. Cattaneo, la chiesa di S. Maria Matricolare sarebbe assai più antica ed avrebbe avuto per pavimento i mosaici recentemente scoperti, che egli ritiene opera del secolo VI: Loterio  avrebbe rifatta ed ingrandita quella chiesa, ornandola di colonne e capitelli, dei quali si hanno tuttora alcuni avanzi (7).

 

Null’altro sappiamo di Loterio: anzi alcuni ne negano anche l’autenticità: così Panvinio (8), Cenci, Dionisi, il vescovo Liruti (9), Venturi.  Noi non tenteremo di risolvere la controversia troppo difficile dopo undici secoli:  il nostro Stato personale lo omette (b).

 

Certo è l’episcopato di Aldo od AIdone, che noi segneremo come vescovo quarantesimoquinto.  Di origine franco od alemanno, pare sia stato arcidiacono della nostra cattedrale: fu imposto alla nostra chiesa, od egli vi si intruse con la violenza, protetto da qualche prepotente. Comunque sia, AIdone lasciò di sè triste memoria presso i veronesi. Il canonico Rezano, sdegnando di scriverne il  nome, così scriveva di lui: « Non suscepit administrandam ecclesiam, sed diripiendam invasit: decem namque et octo annorum spacio ita illam oppressit atque discerpsit, ut sese, non pastorem, sed atrociorem exhiberet lupum ea bona diglutientem, quae piorum hominum insigni liberalitate ecclesize dono dabantur» (10). Particolarmente alcuni nostri storici lo accusano di aver profanata e quasi distrutta la chiesa di S. Giorgio, forse edificata poco prima dai chierici in opposizione al loro vescovo, come abbiamo veduto più sopra: quella chiesa sarebbe poi stata restaurata dal vescovo Ratoldo e consacrata dal patriarca d’Aquileja Massenzio.  Ma l’atto di Ratoldo dell’anno 813, che attesterebbe il delitto di Aidone, da alcuni dei nostri è ritenuto apocrifo. Il Canobio dice semplicemente che nel tempo di AIdone « occorsero diversi tumulti » (11).

 

Nel secolo XVIII alcuni dei nostri scrittori misero in dubbio l’autenticità del vescovo AIdone: contro di essi la sostenne il canonico Dionisi, narrando insieme la prepotenze e le usurpazioni da lui commesse (12).

 

L’ultimo vescovo del secolo VIII fu  Eginone. « Tempore magni Karoli imperatoris augusti erat quidam magnee reverentiae Episcopus, Egino nomine, de Alamannorum gente procreatus, qui tunc veronensis civitatis ecclesize monarchiam tenuit» (13). Da Carlo Magno in un diploma è detto suo cognato, ossia consanguineo; probabilmente da Carlo stesso fu dato vescovo alla chiesa veronese; e forse per questo motivo non potè mai acquistarsi la benevolenza del clero e del popolo di Verona. Da altri documenti parrebbe che egli per amore alla vita solitaria ed al patrio suolo abbia sempre .ripugnato alla dignità di vescovo, massime in Italia.

Qualunque fosse il motivo, è certo che poco egli stesse in Verona, e ben presto si ritirò nel monastero di Augia nell’isola di Richenau sul Reno; dove egli morì il giorno 27 febbraio dell’anno 802. Le memorie di quel monastero riferiscono molti miracoli operati al sepolcro di Eginone, massime di febbricitanti guariti; ed egli vi fu sempre venerato col titolo di beato (14). Di lui riferisce Hermanno Augiense:  « Augite sancti  Petri  basilica ab Eginone  veronensi episcopo constructa et dedicata est» (15).

 

Il Dionisi riporta un’iscrizione sepolcrale, che nel 1767 diceva trovata poco tempo prima nel monastero di Augia (16):

 

HAC SUNT IN FOSSA PRAECLARI PRAESULIS OSSA,

QUEM VERONA DEDIT; NOMEN EGINO FUIT.

HANC POSUIT CELLAM PETRO PAULOQUE DICATAM.

FEBRIS PULSA DOCET FACTAQUE  MIRA  PIUM.

OBUT   D. CCC. II.

 

Qualcuno opinerebbe che Aldone, anzichè antecessore, sia stato successore di Eginone, e forse anche vicario di Ratoldo: novella prova dell’oscurità di quest’epoca.

 

Sul principio del secolo IX certamente fu vescovo di Verona Ratoldo, detto anche Rotaldo, Rataldo, Ratolfo. Sembra che egli fosse chierico di Eginone; dopo che questi si ritirò da Verona, ne fu eletto vescovo nell’anno 800 circa, e la resse sino all’anno 840. Di lui scrisse Siccardo di Cremona: « Claruerunt  Stephanus episcopus cremonensis et  Rothaldus  episcopus veronensis » (17).

L’opera principale da lui compita sul principio del suo episcopato fu l’aver procurato una decorosa posizione al corpo di S. Zeno, mediante la cooperazione del re Pipino. Riferisce la Historia translationis come, trovandosi le sacre reliquie in luogo umido e poco decente, Ratoldo e Pipino deliberarono di costruire « una chiesa sotterranea oscura sopra colonne … et anco fecero fare un avello de marmo polito, lo quale destinarono al corpo de santo Zenone per la sua sepoltura» (18). Non sembra che quella chiesa fosse la cripta attuale, ma fosse tuttavia presso lo stesso luogo; ed alla sua costruzione pare abbia atteso l’arcidiacono Pacifico. Compiuta la chiesa, vi furono trasportate le sacre ossa per mano dei due eremiti Benigno e Caro  chiamati a tale scopo a Verona dal loro romitaggio presso il lago di Garda; essendochè nessuno ardiva toccare quell’avello, dal quale « divinum quiddam videbatur exhalare, quod horrorem inspiraverat et omnes circumstantes exanimaverat » (19).

 

Questa traslazione avvenne circa l’anno 807.  Alla munificenza di Pipino pare doversi pur attribuire la fondazione e dotazione di un monastero presso la chiesa di S. Zeno, nel quale vennero ad abitare i monaci benedettini: ad essi venne affidata la cura della chiesa e la custodia delle preziose reliquie.

 

Oltre queste generose largizioni per la chiesa e monastero di S. Zeno, il re Pipino diede pure altre prove della sua predilezione per la città di Verona.  In essa risiedeva ordinariamente, abitando probabilmente nel palazzo detto di Teodorico.  Diede opportuni provvedimenti per l’istruzione pubblica, vi esercitò con saggio rigore la giustizia; abbellì la città di nuovi monumenti; restaurò e in parte rifece le mura (20): a lui sembra doversi attribuire la fontana della piazza delle Erbe con la così detta Madonna Verona, colà trasportata dal colle S. Pietro.  Morì a Milano il dì 8 luglio dell’anno 810 in età di anni trentacinque.   A Milano fu pure sepolto; non a Verona.

Tuttavia a Verona fino dal secolo XV si riteneva che fosse sepolto in un sarcofago romano esistente tra la basilica di S. Zeno e la chiesa di S. Procolo:  anzi Antonio Rodolfo arciprete di S. Procolo verso l’anno 1704 in caratteri pseudo-gotici vi fece incidere questa iscrizione: «Sepulcrum Pipini in Italia regis Caroli Magni imperatoris filii piissimi» (21). Esprimeva un pio desiderio.

 

Dal complesso di documenti dei secoli VIII-IX apparisce come e gli ultimi re longobardi ed i cittadini veronesi di quest’epoca furono assai generosi verso le istituzioni della chiesa.  Ne è prova il fatto di chiese e monasteri spettanti al secolo VIII, e di beni loro donati o lasciati, ed ancor più il fatto di beni posseduti dal vescovo e dai chierici della cattedrale: di donazioni e permute di tali beni si parla spesso in documenti nei primi decenni del secolo IX.

 

 

NOTE

 

1 – Vedi Cap. XVIII (Epoca I); in questa nostra edizione a pag. 135 (N.d.R.).

 

2 – CIPOLLA, Storia politica di Verona, pag. 90.

 

3 – CANOBIO, Historia di Verona Libro V, presso BIANCOLINI, Chiese di Verona I. 134, 142.

 

4 – PERETTI,  Le sante vergini Teuteria e Tosca ecc. pagg. 49, 59 (Verona 1588).

 

5 – CAPPELLETTI, Chiese d’Italia, Vol. X., pag. 752.

 

6 – SPAGNOLO, Un diploma di Berengario I., pag. 14 (Torino 1902).

 

7 – CATTANEO,  L’architettura in Italia dal secolo VI ecc., pag. 175. – Egli parla dei mosaici esistenti nel « pittoresco chiostro lombardo »: e perciò in massima si accorda con le idee di Carlo Cipolla. Soltanto è difficile ammettere che quei pavimenti appartenessero alla chiesa « antica e non vasta »  di S. Maria Matricolare, se di questa facean parte le colonnette esistenti presso la chiesa di S. Giovanni in Fonte (a).

 

8 – PANVINIUS,  Antiquitates Veronenses, pag. 132.

 

9 – LIRUTI, Dei Vescovi della santa chiesa veronese, pag. 34 (Verona 1819).

 

10 – CENCI, Dissertazioni dell’ornamento di Classe, pag. 221; CAPPELLETTI, Op. cit., pag. 752.

 

11 – Presso SPAGNOLO, Opusc. cit., pag. 5, Nota 1.

 

12 – DIONISI, De duobus episcopis Aldone et Nottingo, Num. X-XII. – II BIANCOLINI lo omette: lo omette pure il nostro Stato personale.

 

13Ex miraculis sancti Marci presso PERTZ, Monum. Germ., IV., 450.

 

14 – Presso PERTZ, Monum. Germ. Script., V. 101.

 

15 – BIANCOLINI, Dissert. sui vescovi ecc., pag. 180. – L’anno 802 è pur segnato negli Annales Alamannici presso PERTZ, Monum. Germ., L, 49. – Il BIANCOLINI nella Serie dei vescovi, pag. 3, apina che Eginone abbia bensì visitato e beneficato il monastero di Augia, ma sia morto a Verona: egli forse allora non conosceva l’epigrafe pubblicata più tardi dal Dionisi.

 

16 – DIONISI, Osservazioni sopra un’antica scultura cristiana, pag. XXIII (Verona 1767); NEUGART, Episc. Const., L, 82.

 

17 – SICCARDUS Crem., Chronicon, presso Monum. Germ. Hist., pag. 154 (Hannov. 1903).

 

18 – Versione di Marco di sant’Agata, presso BIANCOLlNI, Chiese di Verona, L, pag. 89. Vedi anche SIMEONI, La basilica di S. Zeno di Verona, pag. 10, seg. (Verona 1909).

 

19 – Così la Historia translationis, presso CAVATTONI, Memorie ecc., Doc. 76 (c).

 

20 – Quest’opera fu eseguita verso l’anno 798; e la controversia sulla quota di spesa da assegnarsi al clero fu rimessa ad un giudizio della croce tra due chierici innocenti, Aregao e Pacifico il futuro arcidiacono. Ne parleremo trattando dell’arcidiacono Pacifico.

 

21 – SIMEONI, La basilica di S. Zeno di Verona, pag. 79; VENTURI, Compendio della Storia di Verona, pag. 151.

 

 

ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. I (a cura di A. Orlandi)

 

 

(a) Pag. 160, nota 7. – Circa lo stato, la natura e l’interpretazione di questi antichi monumenti dobbiamo rimandare a recenti opere. P. L. ZOVATTO, L’arte alto medioevale, in «Verona e il suo territorio », vol. II, Verona, 1964, pp. 481- 581; P. P. BRUGNOLI – G. P. MARCHI – R. CAMBRUZZI – S. CASALI, Le case del Capitolo Canonicale presso il Duomo di Verona, Verona, 1979.

 

(b)  Pag. 160. – Sui due vescovi Loterio e Aldo vi è stata controversia in passato e non è risolta. Molti autori li espungono e a questa opinione si attiene G. EDERLE, Dizionario cronologico bio-bibliografico dei Vescovi di Verona, Verona, 1965, p. 26.  Al presente nulla si può aggiungere di risolutivo.

 

(c)  Pag. 163, nota 19. – La narrazione della traslazione di S. Zeno fu di recente pubblicata ripetutamente. Cfr. G. P. MARCHI – A. ORLANDI – M. BRENZONI, Il culto di San Zeno nel Veronese. Verona, 1972, pp. 31-52; G. B. PIGHI, Traslazione e miracoli di S. Zeno. Storia scritta da un monaco zenoniano del XII secolo. Introduzione e versione, Verona, 1977.

 

 

Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I

 

 

 

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