Set 12 2012

MONTECASSINO: QUELLO CHE NON SI È MAI DETTO SU MONTECASSINO DURANTE LA II GUERRA MONDIALE

 

Montecassino un luogo tutt’ora suggestivo, ma completamente alterato.

Quanti misteri e quante reticenze sui fatti tragici accaduti su quel monte sacro dove San Benedetto decide che quel luogo debba essere la residenza della sua regola e dei suo monaci sulle indicazioni dei Padri del deserto egizio e del retaggio cenobita, dando alla regola la “riproduzione” e il legame del numero (sacro a Pitagora) 12 legato alle Lucumunie Etrusche.

Quel luogo prima che fosse occupato da San Benedetto era la sede di un importante tempio Pagano dedicato ad Apollo e nelle vicinanze esisteva anche un tempio dedicato a Giove. Al di sotto di quella Acropoli pagana troviamo la Cassino romana con il suo anfiteatro e molti manofatti propri della sacralità romana.

Durante la Seconda guerra mondiale, gli studiosi tedeschi dell’Ahnenerbe pianificarono una delle più segrete missioni della storia per recuperare alcuni manoscritti. Questa missione fu battezzata Diomede, dal nome dell’eroe omerico che dopo la caduta di Troia si rifugiò nelle Isole Tremiti e, insieme ai suoi compagni, fu trasformato da Venere nelle diomedee, gli uccelli di mare che nidificano sulla costa.

L’Ahnenerbe concentrò le ricerche in Italia centrale, ed esattamente a nell’Abbazia di Montecassino. Da una parte si combatteva una guerra ufficiale con armi, mezzi e militari dall’altra, invece, si combatteva una guerra nascosta i cui retroscena erano noti ai servizi segreti di entrambi gli schieramenti e a pochi leader del Reich. Tra questi il Generale Frido Von Senger Und Etterlin, un monaco guerriero che ebbe un ruolo delicato, e in un certo senso ambiguo, nella tragica vicenda di Montecassino. Frido si era recato a Montecassino nel 1943. Il motivo ufficiale di questa visita andava oltre le intenzioni spirituali. Essa aveva per obiettivo il tentativo di sottrarre importanti documenti dall’archivio benedettino che sarebbero serviti a costringere il Vaticano a coprire la fuga dei nazisti nel dopoguerra. L’obiettivo fu raggiunto grazie all’Abwehr. In quel periodo, il servizio segreto militare tedesco, aveva bisogno di raccogliere informazioni di interesse strategico inerenti uno dei principali capisaldi della linea Gustav. Altri fatti misteriosi che riporterò, dato che la storia ufficiale ha rimosso queste notizie a parere mio fondamentali per tentar di iniziare a comprendere ed elaborare i possibili motivi di tanta violenza.

Il bombardiere che portava il numero 666 apri i bombardamenti il 15 febbraio 1944 alle ore 9 e 24 del mattino, l’abbazia di Montecassino è scossa da una tremenda esplosione, che interrompe la preghiera del piccolo gruppo di monaci benedettini nel cenobio e recitano «et pro nobis Christum exora». Tra di loro c’è l’abate ottantenne dom Gregorio Diamare e il suo segretario dom Martino Matronola, che in seguito pubblicherà un diario, indispensabile per ricostruire quei drammatici giorni. Si salveranno tutti i 12 frati che si rifugeranno nella cripta. Una valanga di bombe sui frati e sulle centinaia di profughi presenti nel monastero che si erano diretti al convento convinti di essere in un luogo protetto.

Si è appena abbattuto il grappolo di bombe da 250 kg l’una sganciato dal bombardiere strategico numero 666, pilotato dal maggiore Bradford Evans, il quale, con un numero di codice così inquietante, guida la prima delle quattro formazioni di B-17, le fortezze volanti statunitensi, che hanno ricevuto l’ordine di distruggere il millenario monastero arroccato sul colle. Alle fortezze volanti seguono altre quattro ondate di bombardieri medi.

Alle 13 e 33 è tutto finito, i monaci sono tutti salvi, ma diverse centinaia (qualcuno prospetta più di mille persone inermi) di profughi sono morti sotto le bombe, e sarà difficile, anche dopo la guerra, riesumarne i corpi e dare un nome alle lapidi. Diamare uscito da quell’inferno con i suoi frati rifiuterà di essere accompagnato in Vaticano dai soldati americani preferendo l’aiuto dei soldati e dei mezzi tedeschi.

 

Fonte. da Luigi Pellini dell’ 8 settembre 2012

Link: http://luigi-pellini.blogspot.it/2012/09/quello-che-non-si-e-mai-detto-su.html

 

 

GLI “ALLEATI”? VA BENE, MA DI CHI ? LA DISTRUZIONE DELL’ABBAZIA DI MONTECASSINO

 

 

IL SALVATAGGIO DELL’ARCHIVIO E DELLA BIBLIOTECA DI MONTECASSINO DALL’OTTOBRE AL DICEMBRE 1943 AD OPERA DELLA WEHRMACHT E DEL MINISTERO DELLA RSI

Di Elio Lodolini

 

Cinquanta anni or sono, un feroce quanto ingiustificato bombardamento aereo angloamericano distruggeva l’Abbazia di Montecassino, uno dei più insigni monumenti della civiltà.

Ingiustificato, in quanto nell’Abbazia non si trovava – come dichiarò dopo il bombardamento l’Abate Diamare – alcun soldato tedesco, ed i tedeschi avevano escluso il monumento dalla propria organizzazione difensiva, rinunciando così ad avvalersi di quello che avrebbe potuto essere un caposaldo di prim’ordine, sulla vetta di uno scosceso monte che domina la vallata sottostante (1).

Il bombardamento, oltre a distruggere barbaramente per la terza volta lo splendido complesso monumentale (le precedenti distruzioni erano avvenute ad opera dei longobardi nel 577-589 e dei saraceni nell’896),  provocò la morte di gran numero di civili, che avevano trovato rifugio entro le sue mura, proprio in quanto sapevano che Montecassino era un’oasi in mezzo all’infuriare della battaglia. Il Vescovo Abate Diamare aveva addirittura indicato, nel documento il cui testo abbiamo sopra riportato in nota, l’esistenza di una “zona neutrale che si era stabilita intorno al Monastero”.

Dal punto di vista militare, poi, il bombardamento dell’Abbazia ad opera dei nuovi barbari fu per loro un errore colossale, perché, una volta distrutta Montecassino, le macerie ne furono occupate dai paracadutisti tedeschi della Divisione “Goring”, che vi si arroccarono e tennero testa per mesi ad un nemico numericamente di gran lunga superiore. “Storia Verità” si occuperà in un prossimo numero del quadro bellico in cui il salvataggio avvenne.

 

Qui vogliamo però ricordare un episodio che, pur noto nelle sue linee generali, lo è assai meno per quanto riguarda le modalità con cui si svolse, e soprattutto per la partecipazione delle autorità della Repubblica Sociale Italiana: il salvataggio dell’archivio e della biblioteca dell’Abbazia, due complessi non meno ricchi del monumento stesso. L’archivio, in particolare, è di una ricchezza senza pari ed è costituito da documenti risalenti addirittura all’Alto Medioevo.

Narra l’archivista, Padre Mauro Inguanez: “Il giorno 14 ottobre 1943 si presentarono all’Abate di Montecassino, Mons. Gregorio Diamare, Conservatore del Monumento Nazionale di Montecassino, due ufficiali tedeschi, il colonnello Schlegel ed il capitano Becker, dicendo che erano inviati dal generale Conrad, Comandante della Divisione “Goring”, e da parte del Ministero dell’Educazione Nazionale…” (2). Ministero dell’Educazione Nazionale, come è ovvio, della R.S.I.

Questa affermazione del P. Inguanez era nota, ma ci sembra che sino ad ora non ne sia stato rivelato il passo relativo all’intervento dal Ministero dell’Educazione Nazionale, che non solo ci fu, ma che fu probabilmente determinante nel suggerire l’operazione.

Scopo della missione dei due ufficiali tedeschi era prendere accordi per il trasporto in luogo più sicuro dei preziosi complessi di beni culturali, costituiti dall’archivio e dalla biblioteca.

L’archivio dell’Abbazia di Montecassino, al pari di quelli delle Abbazie di Cava dei Tirreni e di Montevergine, soppresse nel Regno di Napoli durante il periodo napoleonico, dopo la Restaurazione era stato dichiarato, dalla “legge organica” sugli Archivi del Regno delle Due Sicilie del 12 novembre 1818, sezione del “Grande Archivio”, oggi Archivio di Stato, di Napoli.

Questa ne è tuttora la condizione giuridica, pur se quegli archivi sono affidati alla custodia dei monaci delle tre Abbazie; tanto che gli archivi della Badia di Cava, dell’Abbazia di Montecassino e dell’Abbazia di Montevergine figurano sotto la voce “Archivio di Stato di Napoli” della “Guida generale degli Archivi di Stato italiani” (volume III, edito nel 1986). Ivi è detto che “gran parte del materiale documentario [delI ‘ archivio] potè salvarsi perché trasportato a Spoleto dalle truppe della divisione “Goring” e successivamente consegnata alle autorità vaticane” (3).

Archivio e biblioteca, trasportati in un primo momento nella Rocca di Spoleto poiché neppure quel rifugio era ritenuto dei tutto sicuro, furono poi nuovamente trasportati, con un convoglio di dodici autocarri militari tedeschi distolti dall’impiego bellico, a Roma, per essere consegnati alle autorità vaticane.

La consegna, però, non fu effettuata direttamente, ma in due tempi ed attraverso le autorità della Repubblica Sociale Italiana, che, come abbiamo visto, erano già intervenute nella prima fase dell’operazione.

L’8 dicembre 1943 archivio e biblioteca di Montecassino giunsero a Roma e furono consegnati ai competenti uffici italiani, e precisamente alla Soprintendenza archivistica per quanto riguarda l’archivio ed alla Soprintendenza bibliografica per quanto riguarda la biblioteca.

Precisiamo, a questo riguardo, che allora, e sino al 1974, gli archivi dipendevano dal Ministero dell’Interno, le biblioteche dal Ministero dell’Educazione Nazionale (poi Ministero della Pubblica Istruzione), pur se retti da normative tra loro affini, quali la dichiarazione di appartenenza al demanio (e non al patrimonio) dello Stato di archivi e biblioteche statali, enunciata nell’art. 822 del Codice civile entrato in vigore il 21 aprile 1943-XX. Furono unificati, insieme con gli altri beni culturali, nel dicembre 1974 – gennaio 1975 nel nuovo Ministero per i Beni culturali e ambientali, la cui istituzione, da tempo auspicata nel mondo della cultura, fu opera di Giovanni Spadolini.

Ma torniamo agli avvenimenti del dicembre 1943. Due giorni dopo il trasferimento a Roma, il 10 dicembre, archivio e biblioteca di Montecassino furono trasferiti in territorio vaticano e dati in consegna al Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana. La consegna fu effettuata congiuntamente da Luigi de Gregori, Ispettore generale bibliografico, e da Emilio Re, Soprintendente archivistico per il Lazio, l’Umbria e le Marche, in rappresentanza rispettivamente del Ministero dell’Educazione Nazionale e del Ministero dell’Interno della Repubblica Sociale Italiana. Ministri erano il prof. Carlo Alberto Biggini per l’Educazione Nazionale, l’avv. Guido Buffarini Guidi per l’Interno.

Il verbale di consegna è datato “Città del Vaticano, 10 dicembre 1943” e reca le firme di Luigi de Gregori, di Emilio Re e del Padre Anselmo P. Albareda, Prefetto della Biblioteca Vaticana (4).

Dopo la guerra, archivio e biblioteca tornarono nell’Abbazia, una volta completata la ricostruzione del monumento. Dei più antichi documenti, l’Amministrazione degli Archivi di Stato italiani, allora facente parte come abbiamo detto, del Ministero dell’Interno, iniziò nel 1964 la pubblicazione dei regesti, cioè di riassunti contenenti gli elementi essenziali di ciascun documento, redatti secondo particolari modalità e corredati da un complesso apparato scientifico. Si tratta di una metodologia frequentemente usata, quando la mole stessa dei documenti ne impedisce la pubblicazione integrale. L’opera è stata curata da P. Tommaso Leccisotti e da P. Faustino Avagliano, archivisti dell’Abbazia.

Nel primo volume, il Padre Leccisotti scrive che “nulla di quanto i militari tedeschi avevano posto in salvo si è trovato mancante” e che “tutto quello che è ritornato, è ciò che aveva portato via la divisione “Goring” davanti all’infuriare della battaglia. ll resto rimasto sul posto, è andato quasi tutto distrutto, sia per i bombardamenti e gli incendi, sia per il logorio delle intemperie a cui, fra le macerie che l’avevano travolto, rimase esposto” (5).

L’undicesimo volume dell’opera – edita, come abbiamo detto, dal l’Amministrazione archivistica della Repubblica Italiana -, pubblicato nel 1977, reca la dedica: “In queste pagine rievocanti le memorie della martoriata Cassino sia consacrato il ricordo del tenente colonnello Julius Schlegel, del capitano medico Massimiliano Giovanni Becker e dei loro collaboratori nel sottrarre all’immane rovina tanta parte del patrimonio culturale cassinese, rendendo così possibile la redazione di questi Regesti” (6).

Mentre i combattenti degli opposti eserciti si incontrano a Cassino, a cinquanta anni dalle vicende che li videro nemici – e fra loro sono anche i reduci della R.S.I. e del “Regno del Sud” -, ci è sembrato doveroso ricordare questo gesto di altissima civiltà, voluto ed operato congiuntamente dalle autorità della R.S.I. e della Divisione paracadutisti “Goring”, che è stato determinante per la salvezza di un patrimonio culturale unico al mondo. La pubblicazione dei “regesti”, che il pontefice Paolo Vl ha dichiarato trattarsi di “impresa nobilissima, che merita approvazione ed incoraggiamento” (7), ne costituisce la più chiara prova.

 

NOTE

(1) È nota, ed è stata più volte pubblicata la dichiarazione scritta rilasciata il l 5 febbraio 1944, subito dopo il bombardamento, dall’Abate di Montecassino: “Attesto per la verità che nel recinto di questo Sacro Monastero non vi sono stati mai soldati tedeschi. Vi furono soltanto per un certo tempo tre gendarmi al solo scopo di far rispettare la zona neutrale che si era stabilita intorno al Monastero, ma questi da circa venti giorni furono ritirati. Montecassino, 15 febbraio 1944, +Gregorio Diamare, Vescovo Abate di Montecassino”.

Ne citiamo il testo della riproduzione fotografica dell’originale di pugno dell’Abate Diamare, pubblicata in Herbert Bloch, della Harvard University, The bombardment of Monte Cassino (February 14-16, 1944). A new appraisal, Montecassino,1979, estratto dalla rivista “Benedectina”, a. XX,1973, pp. 383-424.

(2) La dichiarazione del Padre Inguanez è pubblicata in Emilio Re, L’Archivio di Montecassino a Roma, nella rivista “L’Urbe”, a. XVI, n.s., n. 6, Roma, novembre-dicembre 1953, pp. 9-14.

(3) Ministero per i Beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i Beni archivistici, Guida generale degli Archivi di Stato italiani, vol. III, N-R, Roma, 1986, in cui la descrizione dell’archivio dell’Abbazia di Montecassino occupa le pagine 147-149. Vi è precisato che l’archivio è formato da circa 1.250 fra buste, volumi e registri, e da 14.000 documenti in pergamena, a partire dall’anno 809, cioè da quasi milleduecento anni or sono.

(4) Un originale se ne conserva nell’Archivio di Stato di Roma, atti della Direzione, busta 41, anno 1944, titolo Xlll.

(5) Abbazia di Montecassino, / regesti dell’archivio, vol. l, a cura di Tommaso Leccisotti, Roma, Ministero dell’Interno, 1964 (“Pubblicazioni degli Archivi di Stato”, vol. LIV) p. L. nota 116, dell'”lntroduzione”.

(6) Abbazia di Montecassino, / regesti dell’archivio, volume Xl, a cura di Tommaso Leccisotti e Faustino Avagliano, Roma, Ministero per i Beni culturali e ambientali, 1977 (“Pubblicazioni degli Archivi di Stato”, vol. XCV). La dedica occupa la pagina V e precede l””lntroduzione”.

(7) Lettera del cardinale Giovanni Villot, Segretario di Stato, del 2 settembre 1971, all’Abate di Montecassino, in: Abbazia di Montecassino, / regesti dell’archivio, vol . Vll, a cura di Tommaso Leccisotti, Roma, Ministero dell’Interno, 1972 (“Pubblicazioni degli Archivi di Stato”, vol. LXVIII), p. XXVI.

 

 

Fonte: da STORIA VERITA’ N. 17 Settembre-Ottobre

 

 

 

2 Risposte a “MONTECASSINO: QUELLO CHE NON SI È MAI DETTO SU MONTECASSINO DURANTE LA II GUERRA MONDIALE”

  1. paola carlini scrive:

    Sono spoletina, nata l’11 agosto del 1943, sotto il primo bombardamento di Terni. Quanto ho letto in questo articolo corrisponde a quello che mi ha raccontato mio Padre. Anche io mi chiedo di chi erano alleati gli alleati? Pezzi di somari! E quel comandante neozelandese che minacciò di ritirarsi se non si fosse bombardato Montecassino in odio ai Tedeschi si, ma in odio a tutti quanti in particolare alla cultura soprattutto Cattolica. Hanno il coraggio di chiamarli alleati.

  2. Giovanni Santi scrive:

    Alcune settimane fa per la prima volta ho visitato l’Abbazia di Montecassino. Forse un po’prevenuto, ho cercato le tracce dell’abbazia di san Benedetto, fondamento e ragione di quella nuova opera (l’attuale ricostruzione). Alla fine della visita al museo, ecco qualche macrofotografia delle rovine e un interessante filmato disturbato da luci provenienti da una serie di finestrelle e da altri visitatori nn interessati. Forse si vuole fuggire da quei tristi e ancora nn chiari fatti? Ma dove si trovano ora le opere benedettine salvate? Lungo la visita nn ho trovato di queste alcuna indicazione!

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