Mar 28 2016

TREMONTI E LEGA, LA MENTE E IL BRACCIO CHE HAN PARTORITO BEFERA

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Attilio Befera

 

 

C’era una volta, il Circo padano. Oggi ci sono gli alieni extrapadani.

Il primo, qualcuno di voi se lo ricorda certamente, lo volle Bossi in persona per mostrare al mondo che nelle terre del Po c’era tutto quel che serviva, nani e ballerine comprese. L’iniziativa, come tutte quelle volute dal “capo”, fallì miseramente, con somma gioia delle famiglie Togni ed Orfei. Inoltre, la gente si accorse che bastava un pagliaccio a Gemonio per far ridere tutti. Oggi, per non dimenticare i tempi perduti, ci sono i marziani che imperversano e i marxisti che comandano, al punto che dopo esser diventati ministri dell’Interno (ruolo d’ordine per il mantenimento dell’unità’Italia), adesso sono assurti a segretari 2.0.

 

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Mar 13 2016

Le 5 MOSSE CONTRO NUOVI SBARCHI

Category: Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 00:05

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di GILBERTO ONETO

 

Sono cinque i principali gruppi dimotivazioni che vengono solitamente fuori per giustificare l’immigrazione:

 

1) che pone rimedio alla nostra denatalità,

2) che i nuovi cittadini pagheranno le nostre pensioni,

3) che gli immigrati fanno i lavori che gli Italiani non vogliono più fare,

4) che abbiamo il dovere della solidarietà, e

5) che la società multirazziale è l’ineluttabile futuro di tutti.

 

Vediamo di esaminare ogni singolo punto.


 

1 – Da noi c’è troppa gente, in Padania ci sono 230 abitanti per chilometro quadrato ma le aree abitabili di pianura e di collina sono meno
di due terzi del totale, e qui la densità è largamente superiore a quella di tutti gli altri Paesi europei: in provincia di Venezia ci sono 341 abitanti per chilometro, a Como 375, a Genova 570 e in quella di Milano 1.455, come a Hong Kong o Singapore.

 

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Mar 20 2015

QUEL CHE GL’ITALIANI DOVREBBERO SAPERE IN FATTO DI STORIA E DI BANDIERE

 

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Bandiera tricolore (bianco, rosso e verde) della RC, la Repubblica Cispadana costituitasi in epoca napoleonica dal gennaio al luglio del 797).

 

 

Da tempo si fa un gran parlare di anniversari patriottici e del tricolore… Ma sono discorsi seri?

 

Premessa 

 

Dire cose totalmente diverse o contrarie alla realtà costituisce una grave e inaccettabile menzogna… ma anche le “mezze verità” sono da condannare, poiché ad esse corrisponde sempre, inevitabilmente una “mezza menzogna”… ed anche questa è una cosa inaccettabile!

 

Ciò non ostante, la “mezza verità” è il sotterfugio più usato dai politicanti per fare apparire credibili le loro menzogne, in modo da carpire la fiducia del popolo, il cui consenso permette poi a loro di agire a proprio arbitrio nella gestione della cosa pubblica.

 

Sola difesa per i Cittadini è la ricerca della verità, ricerca però di difficile attuazione per le difficoltà nel reperimento di documentazione veramente obiettiva e perché i profondi condizionamenti culturali, subiti dal Cittadino in età scolare, lo fanno sicuro di saperne abbastanza e, di conseguenza, di non avere bisogno di ulteriori approfondimenti.

 

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Feb 20 2015

OLIVETTI NON ERA UN MARXISTA: L’IMPRENDITORE FILOSOFO DI IVREA SI ISPIRAVA AL PERSONALISMO DI MOUNIER E ALL’ANTROPOSOFIA DI STEINER. ERA UN’IDEALISTA PRATICO, NON UN MATERIALISTA DIALETTICO

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ADRIANO OLIVETTI ERA UN IDEALISTA PRATICO: Credeva “nel potere illimitato delle forze spirituali” . Esprimeva un pensare e un agire tutt’altro che marxisti

 

 

 

di Luca Negri

 

Ci piace pensare che vi sia qualcosa di provvidenziale dietro la riscoperta della figura e dell’opera di Adriano Olivetti. Dopo anni di semi oblio questo grande italiano torna finalmente attuale, o meglio ci si accorge della sua mai tramontata ed urgente attualità. Eccolo infilato nel pantheon delle personalità ispiratrici sia da Matteo Renzi che da Giorgia Meloni, dunque da ciò che resta della Sinistra e della Destra, quasi a confermare la decomposizione di quella dicotomia tutta otto-novecentesca.

 

Certo è che le nuove leve della politica italiana non fanno seguire alle parole i fatti, come degni continuatori delle leve ormai rottamate. Il nome di Olivetti, accanto a quelli di un Mazzini, di un La Pira, di un Longanesi, fa, come si dice, fine e non impegna. Non impegna, perlomeno, rampanti quarantenni come Renzi.

 

 

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Gen 29 2015

POLITICHE DI IMMIGRAZIONE E D’INTEGRAZIONE. IL MANIFESTO LEGHISTA CON L’ INDIANO

 

 

Per tutte quelle persone che si occupano di politiche d’immigrazione e d’integrazione ricordate bene: NOI SIAMO GLI INDIANI.

 

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Ecco uno dei manifesti stampati dalla Lega Nord in vista delle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008: compare la testa di un capo indiano con il tradizionale copricapo di penne d’aquila.

A caratteri cubitali la frase, incentrata sul tema dell’immigrazione clandestina:

«Loro non hanno potuto mettere regole all’immigrazione. Ora vivono nelle riserve! Pensaci».

Sotto il tradizionale simbolo della Lega Nord, con la rosa camuna della Padania, il guerriero Alberto da Giussano e la scritta Bossi (foto dal sito della Lega)

 

 


Gen 11 2015

TRAMONTO DELLA LEGA NORD: DI LOMBARDO RIMANE SOLO L’EX GOVERNATORE SICILIANO

Category: Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 23:55

 

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di MARCO FORMENTELLI

 

La smobilitazione leghista dal Nord passa, metaforicamente, dalla messa in vendita della sede di via Bellerio e dalla discesa sempre più a Sud di Salvini.

 

Come scrive il Corriere della Sera, “Via Bellerio addio. Il quartier generale della Lega non ha ancora riaperto dopo le vacanze di Natale. Il portone sormontato dal Sole delle Alpi resterà sbarrato fino a lunedì prossimo. Ma, alla riapertura, non sarà un ritorno alla normalità: la storica della sede del Carroccio, orgoglio e vanto di Umberto Bossi, è giunta alla sua conclusione. Tutta l’attività sarà provvisoriamente concentrata in pochi, pochissimi locali in quella che fu la sede della Padania, già chiusa dallo scorso primo dicembre. Sempre nel complesso di via Bellerio, ma in una palazzina separata. Il movimento potrà così risparmiare su riscaldamento, pulizie e altre spese correnti, ormai insostenibili dopo la riduzione del finanziamento pubblico ai partiti che, nel 2017, si esaurirà definitivamente”.

 

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Gen 01 2015

CONTRO L’UNITA’ D’ITALIA

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di Anna Iseppon

 

Fa innervosire leggere che, in epoca preunitaria, un francese vedesse con tanta chiarezza quello che stava succedendo nella penisola e come sarebbe andata a finire. Fa innervosire che lo vedesse prima delle sanguinose guerre risorgimentali, prima del brigantaggio, dei paesi rasi al suolo, prima dell’emigrazione di massa, delle catastrofiche guerre mondiali, prima della dittatura, dello scandalo della banca di Roma, prima di mani pulite, delle olgettine…

 

Eppure, ancora oggi, molti veneti moderni si ostinano a non vedere. O meglio, solo adesso cominciano a vedere. Meglio tardi che mai! Sappiamo che il risveglio è cominciato e con altrettanta chiarezza sappiamo che sarà INARRESTABILE.

 

Leggendo un libro di Lorenzo Del Boca (“Polentoni”) mi sono imbattuta in qualcosa che, da molti anni, avremmo dovuto sapere… tutti noi! Vi riporto alcuni stralci del libro in questione

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Dic 23 2014

BUN E CUJUN’, SIAMO LOMBARDI. LA SECESSIONE FATTA AL BAR

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di GIORGIO MASOCCO

 

Senza offesa. ‘Bun e cujun’, siamo Lombardi; ‘2.000 anni di storia’, Roma, mafia capitale, semo Romani;

 

Questa in premessa è la differenza CULTURALE, tra un popolo che lavora, da sempre, per il benessere di un paese, ma in cui non possono identificarsi, ed un modo di pensare, quello ROMANO, o napoletano, o siciliano, o calabrese, dove la regola di vita è ‘EMBROGGHIE AIUTAME’.

 

In Lombardia, non in Veneto, abbiamo ancora la greppia piena, e finché non comprenderemo i nostri sacrosanti diritti, non percepiremo il valore dell’autonomia: Roma capitale, Roma, Catania, Messina, Calabria, i soldi di allora per l’emergenza (con l’avallo della Lega), i soldi oggi!, per Roma capitale.

 

Ma cari Lombardi da dove arrivano? Sempre dal nostro calderone, perché una truffa da 11.000.000 di tonnellate di gasolio, con organi dello stato, (che noi coglionamente, rispettiamo), che sono consenzienti, altrimenti non sarebbe riuscita. A meno che, appunto, non siamo noi a pagare.

 

I soldi di tutte le tangenti romane da dove arrivano?

 

Caro Lombardo ‘bun e cujun’, dal calderone Lombardia, tanto sbandierato dal mini governatore, col 75% di tasse ai lombardi.

 

E tu ‘bun e cujun’ Lombardo, (con la L maiuscola al contrario di stato italiano), che cat’z’o fai? dove cat’z’o sei?

 

Me ne sto al caldo della mia bella attività, tiro a campare con fatica, perché ho un poco di benessere, benessere che certamente, per l’egoismo che mi conface, non andrà ai miei figli e nipoti.

 

Con queste truppe, fai la secessione al bar; finchè i Lombardi non prenderanno possesso delle loro qualità, capacità, produzione di ricchezza, che mantengono tutta l’itaglia e tutte le tangenti inerenti e conseguenti, compresi gli organi dello stato che dovrebbero vigilare;

 

Per cui, caro amico ‘Bun e Cujun’ ricora :

 

‘PAGA E TAS, SUMARO LOMBARDO’ e continua a fare ‘LA GALLINA DALLE UOVA D’ORO’.

 

Morale: la secessione, l’autonomia, (che già possediamo), è l’unica procedura per riprendere possesso delle nostre risorse, e se Dio vorrà, l’amor proprio che mettiamo con dovizia nel lavoro, arriverà. Immaginate come, io, lo so.

 

 

 

Fonte: visto su L’Indipendenza del 21 dicembre 2014

Link: http://www.lindipendenzanuova.com/bun-e-cujun-siamo-lombardi-la-secessione-fatta-al-bar/

 

 


Dic 22 2014

“SIAM PRONTI ALLA MORTE… L’ITALIA CHIAMÒ”. IO SALVO LA LOMBARDIA, VOI MORITE DI QUEL CHE VOLETE

Category: Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 00:07

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di CESARE DURANTI

 

Gli italiani, come dice il loro inno, sono pronti alla morte. Sembrano infatti proprio destinati a morire di agonia, lenta ma inesorabile.

E ciò che più mi fa stupore è vedere i lombardi che chiedono prestiti per pagare le tasse, per mantenere l’assistenzialismo del Sud.

Quando chiedo a un lombardo cosa lo spinga a subire imperterrito senza quasi domandarsi il perché, senza rendersi conto che dà 10 e in cambio riceve uno, cosa lo spinga a mantenere forestali calabresi e anche qualche figlio della lupa o del regno delle due Sicilie, vedo in loro uno sguardo ebete. Nelle orecchie mi risuona la musichetta “Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò”.

Se loro sono pronti, bene, ma almeno salviamo la nostra Lombardia. Degli altri, francamente, e di ciò di cui vogliono morire, me ne infischio.

 

 

Fonte: visto su L’indipendenza del 15 dicembre 2014

Link: http://www.lindipendenzanuova.com/siam-pronti-alla-morte-litalia-chiamo-io-salvo-la-lombardia-voi-morite-di-quel-che-volete/

 

 


Nov 17 2014

L’INDIPENDENZA DA CESARE NON È SOLO UN FATTO ECONOMICO. PER DIO

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di DAVIDE LOVAT

 

La laicità dello Stato non coincide con il concetto di “laicismo” di matrice giacobina e non significa che lo Stato debba essere ateo, perché se lo Stato fosse ateo smetterebbe di essere laico in quanto farebbe una precisa scelta, l’ateismo, in rapporto alla religione. Va detto anche che la “aconfessionalità” delle istituzioni, ammesso e non concesso che sia necessaria, non obbliga a una legislazione che tratti tutte le religioni allo stesso modo.

 

La separazione fra sfera spirituale e sfera temporale è connaturata alla civiltà cristiana, essendo stato addirittura Gesù di Nazareth a proclamarla per primo nella storia dell’umanità, durante il processo al cospetto di Pilato, narrato nel Vangelo di Giovanni. Fu quello, e solo quello, il momento originario del concetto puro di laicità delle istituzioni; non, come taluni erroneamente credono, quello della disputata questione circa la legittimità del tributo a Cesare, perché chiunque abbia studiato la dottrina patristica sa che quel passo evangelico ha tutt’altra portata e si collega bene alle istanze indipendentiste, tanto che la riflessione su quel brano è attualissima e opportuna per capire le differenze tra autonomismo e indipendentismo. Ragioniamoci sopra attualizzando, con anche un po’ d’ironia francescana nell’esegesi testuale del Vangelo.

 

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Ago 06 2014

BEPPE GRILLO: BOSSI E’ STATO IL PIU’ GRANDE STATISTA DEGLI ULTIMI 50 ANNI

Category: Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 09:53

 

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Attrazione fatale Lega-Cinque stelle. Un amore nato ai tempi di Pontida

 

 

di ANTONIO ANGELI

 

«Umberto Bossi è stato il più grande statista degli ultimi cinquant’anni»: Beppe Grillo, di solito avaro di complimenti con tutti, ieri si è profuso in un elogio senza mezzi termini nei confronti del fondatore della Lega Nord. «Ha denunciato le storture romane e stava con le gente, in mezzo alla gente», ha detto Grillo, precisando però: «Ma poi ha fatto società con Roma ladrona. Forse non lui, ma il suo partito ha fatto affari con gli altri partiti. Noi siamo diversi, non facciamo affari e non facciamo alleanze». Ieri il Leader dei 5 stelle era alla Maddalena, per denunciare gli sprechi di quel G8 poi spostato a L’Aquila. E nonostante quest’ultima affermazione l’«attrazione fatale» tra MoVimento e Lega è un fatto innegabile. Anzi, quello che va verificato, a questo punto, è se i due «piccioni» diverranno promessi sposi. E si sbaglia chi pensa che quella tra Grillo e Lega sia una storia cominciata da poco. Magari l’altro giorno, con l’Aventino riscaldato, con i senatori del MoVimento e del Carroccio che hanno abbandonato l’aula in segno di protesta contro Grasso.

 

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Ago 05 2014

IL PROGETTO POLITICO DELLA LEGA? MORTO QUANDO MIGLIO LE HA DETTO ADDIO

Category: Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 00:19

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Gianfranco Miglio, che fu l’ideologo della Lega Nord e Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica di Milano, dal 1990 al 1994 ha preso parte alla vita politica attiva al fianco di  Umberto Bossi per realizzare l’Italia Federale.

 

Il movimento, che dall’inizio degli anni ’80, per un decennio alimentò l’odio verso Roma Ladrona, i meridionali e la partitocrazia, raggranellando voti, posti di consiglieri e amministrazioni, alla prova della maturità, fu clamorosamente bocciato dal Profesùr.

 

Molti non sanno che, nonostante le strade e le scuole che la Lega gli vorrà dedicare, nel maggio del 1994 Gianfranco Miglio lasciò la Lega, augurandosi di non vedere mai più Umberto Bossi.

 

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Ago 04 2014

LETTERA DI BOSSI DI 20 ANNI FA, RILEGGENDOLA SI CAPISCONO TANTE COSE

Category: Padania e dintorni,Società e politicagiorgio @ 08:29

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Bossi-Berlusconi. 1994 

 

 

Sono passati vent’anni giusti giusti. Salta fuori un a lettera aperta che Umberto Bossi aveva siglato l’11 gennaio del 1994 per spiegare gli ultimi (allora) riposizionamenti ideologici e tattici del partito. La Lega era in un momento di grande crescita e Bossi stava preparando l’alleanza  con Berlusconi e con le destre.

Il testo è quasi sicuramente stato redatto da Luigi Rossi, vecchio cronista parlamentare romano che faceva da ghost writer di Bossi, su suggerimento di quest’ultimo. Questo potrebbe spiegare  la straordinaria insalata concettuale contenuta nella lettera e anche l’abbondanza di refusi.

Di sicuro non vi si trova la mano di Miglio che stava già cominciando a essere “scomodo”.

Il testo è interessante per documentare le acrobazie ed evoluzioni in cui la Lega si è cimentata in quattro lustri.

 

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Giu 13 2014

LUMBARD, PARLEMM LUMBARD!

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Come in altre parti della Penisola, anche in Lombardia la lingua della tradizione, dopo una lunga parentesi di isolamento e decadenza, sembra finalmente conoscere una stagione di rinascita e avviarsi a recuperare quella dimensione e quella vitalità che le sono appartenuti per secoli. Ma questo risveglio, per evitare di essere confinato in una soffocante ed angusta dimensione folklorica, la sola tollerata dall’egemone classe politica, deve innanzitutto essere collegato ad un nuovo autonomo ruolo dell’intera regione. L’esempio del Canton Ticino.

 

Oggi in Italia molte parlate cercano di uscire dal ghetto dei dialetti, dove, fino a dieci anni fa, venivano tranquillamente relegate, senza neppure troppe proteste, e si adoperano per ottenere finalmente la patente di “lingua”. Sono anche, d’altra parte, ormai lontani i tempi in cui i sostenitori di ciascun dialetto o lingua minoritaria chiedevano un qualche riconoscimento ufficiale, ciascuno per proprio conto, talvolta arrivando paradossalmente a squalificare i propri naturali alleati, nella vana speranza che ciò potesse rappresentare una scorciatoia.

È infatti ovvio che è autolesionistica la speranza di ottenere maggior accondiscendenza da parte del potere centrale isolandosi da tutte le realtà che hanno la medesima esigenza: la battaglia per togliere il bavaglio che soffoca le parlate diverse dall’italiano ottiene tanto migliori risultati quanto più solidali sono le forze che la combattono. La pur modesta e assai limitata “legge Fortuna” sulle minoranze linguistiche è già comunque il primo frutto di un’iniziale collaborazione in Italia fra un certo numero di realtà minoritarie, che deve essere quanto prima allargata a tutte quelle regionalità che non sono state ancora in essa coinvolte.

 

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Mag 02 2014

VIVA TORINO CAPITALE

Category: Italia storia e dintorni,Padania e dintornigiorgio @ 14:19

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Scontri in Piazza San Carlo la sera del 22 settembre 1864 (litografia di Giacomelli, Archivio storico della Citta di Torino)

 

 

Il 22 settembre 1864 fu una data dolorosamente significativa per il popolo piemontese: attraverso l’incredibile impiego di battaglioni e reggimenti di fanteria e cavalleria, con una sanguinosa repressione che fece un centinaio di vittime, il neonato Stato italiano stroncò le proteste dei Torinesi di fronte alla clausola della “Convenzione di settembre” che stabiliva il trasferimento della capitale a Firenze. I giochi politico-diplomatici dei “Palazzi” (a cui non erano estranei i maneggi delle consorterie tosco-emiliane) imposero, come al solito dall’alto, alla città subalpina, tradita e declassata, una collocazione periferica che ne garantisse la maggior lontananza possibile dai nuovi centri del potere.

 

La folla si avvicinava sempre più, ed il vocio prima indistinto veniva aumentando di intensità e chiarezza: “Abbasso il Ministero! Viva Torino capitale!”

 

Il cordone di guardie innestò le baionette. Guardandoli bene in viso, da vicino, non dovevano apparire poi così pericolosi quegli operai e garzoni, giovinetti ed anziani, sarti ed impiegati, guidati da un paio di bandiere e qualche bastone da passeggio. Eppure, d’improvviso, s’udì deflagrare una scarica di fucileria, indi un’altra, ed un’altra ancora, mentre le voci si trasformarono in urla e strepiti. Quando un poco si diradò l’acre fumo della polvere da sparo, sul selciato della piazza restarono i corpi di 66 feriti e 26 morti. Era il 22 settembre 1864, data dolorosamente significativa per il popolo piemontese.

 

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