Gen 06 2014

LA NOSTRA CHIESA SULLA FINE DEL REGNO DEI GOTI (522 – 569)

Category: Chiesa Veronese Storia Pighi,Libri e fontigiorgio @ 16:54

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Cappella Maffei: L’altare contiene le spoglie dei tre vescovi veronesi Annone, Valente e  Verecondo.  Duomo di Verona

 

CAPO XIV

 

SOMMARIO. – Un vescovo incerto – S. Verecondo – S. Valente – Serie dei vescovi – S. Placidia – Vitalità del cristianesimo in Verona – Codici sacri – Liturgia – Dai Goti ai Longobardi.

 

La successione di alcuni vescovi dopo la morte di S. Teodoro è molto incerta. Nel Velo di Classe dopo il nome « Theodorus » si legge quello di un vescovo « Concessus »: del quale nulla abbiamo in altri documenti. Il Maffei inserisce qui un vescovo « Servus Dei» o « Servulus »; ma questo pure è assai incerto. Qualcuno pensa che questi due nomi, anzichè nomi personali, siano appellativi di qualche vescovo, che potrebbe essere S. Valente o S. Verecondo, chiamato « Concessus », perchè fatto col consenso e quasi per concessione di Teodorico. Di questi due, certamente vescovi di Verona, ma incerti nell’ordine, daremo alcune congetture aggiungendo alcuni dati certi.

 

Dalla morte di S. Teodoro sin verso l’anno 533 sembra aver retto la nostra chiesa S. Verecondo; il quale perciò sarebbe il vescovo ventesimoquarto. Durando ancora la persecuzione di Teodorico, S. Verecondo dovette vivere nascosto; poi allontanandosi da Verona si ritirò nell’Umbria, dove più tardi ebbe ed ha anche al presente culto liturgico: secondo alcuni, fu da Teodorico mandato a Ravenna, e qualcuno dei nostri scrisse che seguì il papa Giovanni andato a Costantinopoli per ordine di Teodorico nell’anno 524(1).

Tornato a Verona, forse richiamatovi da Amalasunta dopo la morte di Teodorico, si ritirò in alcune grotte del colle S. Pietro: ivi morì il 22 ottobre, probabilmente l’anno 533; sul suo sepolcro fu posta questa iscrizione con una palma (2):

 

HIC REQVIESCIT  IN  PACE  SCE

MEMORIAE  VERECONDVS  EP.VS +

 

Il suo nome nel Velo di Classe è segnato dopo quello di « Concessus »; e la sua memoria vien celebrata nella chiesa veronese il giorno 22 ottobre.

 

Verso quest’epoca medesima fu celebre per santità un altro vescovo, S. Valente; del quale è assai difficile definire se sia stato antecessore o successore o contemporaneo e quasi ausiliare a Verecondo; tanto più che nel Velo di Classe non ricorre in questo luogo il nome di lui, ma prima di S. Verecondo si legge « Concessus », Dall’iscrizione, che fu posta sul sepolcro di S. Valente nella chiesa di S. Pietro in aree, abbiamo precisato il tempo del suo episcopato, dal giorno 5 novembre 522 al giorno 24 luglio 531(3).

 

Secondo le congetture dei nostri eruditi, non è improbabile che S. Verecondo, eletto vescovo subito dopo la morte di S. Teodoro, prima di allontanarsi da Verona, abbia ordinato vescovo questo santo e vecchio sacerdote Valente allo scopo di impedire che durante la sua assenza venisse intruso qualche vescovo ariano, e che per questo motivo S. Valente sia chiamato « Concessus »; tornato poi S. Verecondo a Verona, avrebbe governato la chiesa veronese insieme col suo sostituto Valente, e forse anche dopo la morte di lui: così Verecondo sarebbe antecessore e successore di Valente. Anche la lapide posta sul sepolcro di S. Valente nella chiesa di S. Pietro porta scolpita una palma, segno delle persecuzioni che egli pure dovette soffrire dagli ariani (4):

 

HIC REQVIESCIT IN PACE SC.S VALENS EP.VS

QVI VIXIT ANN PL  M LXXXV ET SEDIT

EPISCOPATVM ANNOS VII MENSES VII DIES XVIII

ET RECESSIT SVB D. VII KAL AVGVSTAS

P. C. LAMPADI ET ORESTIS VV. CC. IND. VII.

 

 

Quando fu distrutta la chiesa di S. Pietro in Castello l’anno 1801, le sacre reliquie dei vescovi Verecondo e Valente (5) furono trasportate nella cancelleria vescovile; indi nel 1817 addì 14 novembre per cura del vescovo  Innocenzo Liruti vennero riposte nell’antica urna di sant’Annone sotto la mensa dell’altare di sant’Andrea nella cattedrale. La loro memoria è da secoli celebrata con culto liturgico nella chiesa veronese; ma i loro nomi non si leggono nel Carpsum.

 

Dopo i vescovi Concesso e Verecondo fino all’invasione dei Longobardi (568) nel Velo di Classe non comparisce che un vescovo solo, S. Senatore: altre tradizioni aggiungono S. Probo e S. Lupo,  dei quali ci danno minute notizie gli scrittori del secolo XVIII (6), ma senza alcun fondamento nei documenti antichi. L’ordine e la successione secondo lo Stato personale sarebbe il seguente: 24. S. Valente, – 25. S. Verecondo. – 26. S. Senatore. – 27. S. Probo. – 28. S. Lupo (a).

 

Nella prima metà di questo secolo fiorì in Verona una santa vergine di nome Placidia (7).

Vollero alcuni nostri scrittori che ella fosse figlia dell’imperatore Valentiano III nella seconda metà del secolo V.  Ma, omesse pure altre difficoltà, consta che Valentiniano ebbe bensì una figlia di nome Placidia, ma questa si sposò ad Olibrio imperatore d’Oriente ed ebbe almeno una figlia Giuliana, che fu poi sposa ad Areobindo (8).  Che peraltro la nostra Placidia dovesse esser figlia di qualche personaggio illustre, lo attesta l’appellativo «inlustris » in un’antica iscrizione, della cui autenticità non dubitano gli scrittori veronesi (9):

 

HIC  REQVIESCIT  IN  PACE

PLACIDIA  INLVSTRIS  PVELLA  INSTRVCTA  LITERIS

QUI  VIXIT  ANN  X  OCTO  ET  MENS  XI

ET  SEPVLTA  EST  SVB D V ID  OCTUBR

ITER  P  C  LAMPADI  ET  CR …

 

Nella iscrizione lipsanografica nella chiesa di S. Stefano, allegata altre volte, Placidia è detta « virgo Christi venerabilis »  le quali parole sembrano indicare che fosse vergine per professione.

Si racconta che abbia restituito l’udito ad una giovane di nome Druda, che ne era priva sino dalla nascita. Che abbia avuto il dono dei miracoli, lo riferisce pure Giovanni Mansionario, e lo conferma il culto, che ebbe nella chiesa veronese, dove si trova invocata in alcune litanie del secolo X: il suo nome fu inserito nel Carpsum sulla fine del secolo XII al giorno 11 ottobre (10).  L’anno della sua morte dovrebbe essere il 533, od al più tardi il 534, come opinava il Brunati: il suo corpo fu sepolto, od in seguito trasferito, nella chiesa di S. Stefano.  Il culto di S. Placidia, sospeso per qualche secolo, fu ripristinato dal nostro vescovo Grasser per decreto della sacra Congregazione dei Riti  11 aprile 1834.

 

La buona semente sparsa nel campo della nostra chiesa da san Zeno,  non tardò a produrre frutti copiosi di fede e di virtù cristiane;  cosicchè dal secolo V in poi si può dire che Verona era cristiana e che i veronesi erano cristiani fervorosi. Di questo rigoglio di vita cristiana abbiamo indizi certi nel secolo VI, i quali nel loro complesso ci dicono molto.

 

Anzitutto il clero, che già ai tempi di S. Zeno si trovava costituite come vero corpo soggetto ed unito al suo vescovo, ci apparisce ben più numeroso e formato alla vita ecclesiastica e distribuito secondo le norme gerarchiche sul principio del secolo VIII.  Sappiamo che esso si faceva un dovere di celebrare decorosamente i divini misteri ed istruire convenientemente i fedeli. Dell’esistenza e dell’operosità di questo ceto ecclesiastico abbiamo una prova, sia pure indiretta, nei molteplici codici conservati nella nostra biblioteca Capitolare; e di parecchi altri sappiamo che si conservano altrove o sono periti.  Questi Codici nella loro generalità sono sacri: biblici, patristici, liturgici: parecchi spettano ai secoli VI-VII, qualcuno alla fine del secolo V (12).

 

La loro esistenza ci dice che in questi secoli vivevano in Verona personaggi studiosi, che si interessavano di queste materie ecclesiastiche, che studiavano e coltivavano, non solo per uso proprio, ma insieme ad erudizione di altri. Come di S. Girolamo sappiamo  che avea ammanuensi diligenti ed istruiti, ai quali affidava il compito di scrivere ad uso dei fedeli, sia la sacra scrittura, sia i suoi commentarii, così dovea esistere fino da allora in Verona una « schola sacerdotum »: benchè per quei tempi nessun documento ce la attesti direttamente.

 

Particolarmente i codici liturgici ci dicono che nella chiesa cattedrale, e proporzionatamente nelle altre, si eseguivano gli uffici divini ed i sacri misteri con norme determinate, che la sacra liturgia veniva celebrata con perfetta uniformità.   Questi codici direttamente ci danno i riti dei secoli VI-VII; indirettamente ci dicono che nella sostanza erano identici quelli del secolo V, e forse del IV.

Qualunque fosse il fine di chi li scriveva (finis cujus), il loro fine intrinseco dovea essere l’uso pubblico nelle sacre funzioni.  Questi codici ci dicono pure che in Verona erano molti sacerdoti, e per conseguenza ci dovea essere un numero considerevole di fedeli, per i quali si celebravano i divini misteri.

 

Quanto alle condizioni politiche, Verona già fin dal cadere del secolo V si trovava sotto il dominio degli Ostrogoti.  Il primo e più celebre tra i loro re, Teodorico, ebbe per Verona una predilezione speciale.  Vi fabbricò un sontuoso palazzo, che dalla riva dell’Adige, dove ora è l’ex convento del Redentore, con portici, terme e giardini si stendeva verso mattina e saliva sin sopra la punta meridionale del colle S. Pietro (13): la fortificò con nuove mura, vi restituì l’antico acquedotto: in Verona egli tenne la sua residenza ordinaria.  Amò Verona a segno, che da scrittori coevi è detto Dietrich von Bern, e il suo panegirista Ennodio a lui rivolto ebbe a dirgli « Veronam tuam », ed alcuni scrittori germanici lo dissero veronese (14).  Anche per questa predilezione di Teodorico per Verona, ci sembrano incredibili le sevizie, che si dicono da lui usate contro i veronesi.

 

Dopo la morte di Teodorico (526), la chiesa nostra ebbe per alcuni anni una pace relativa. La potenza degli Ostrogoti andò sempre più deperendo in Italia; cosicchè gli imperatori d’Oriente concepirono I’idea di ripristinare in Italia l’impero romano. La lotta tra Greci ed Ostrogoti durò circa vent’anni (540-569):  Verona fu presa dai Greci nel 542 per tradimento di un certo Marciano; ma bentosto abbandonata, senza che ne fossero spiacenti i veronesi; ripresa nel 563, ma per pochi anni. Nel giorno 25 luglio del 569 vi entrarono definitivamente

 

 

NOTE

 

 

1 – DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 153. – Ma nulla ha il Liber Pontificalis  e neppure il Bianchini nelle sue note, benchè sia veronese.

 

2 – PANVINIUS Antiqu. Veron. IV. 20;  BIANCOLINI Chiese Verona I. pag. 102.

 

3 – CIPOLLA  Il VeIo di Classe pag. 20.

 

4 – MAFFEI Verona illustr. Storia I scriz. LXIII: egli la ritiene di poco posteriore alla morte di S. Valente.  Vedi anche BIANCOLINI Chiese di Verona I. pag.  22 (Verona 1778).

 

5 – Le Reliquie di S. Valente sono accennate in un’iscrizione del 1502. Vedi ORTI Antica Basilica di S. Zenone Tav. XX. Num. 2 (Verona EBARI).  ORTI Antica Basilica di S. Zenone Tav. XX. Num. 2 (Verona 1839).

 

6 – DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 157-166.

 

7 – Vedi Acta SS. Bolland. Auctaria Oct. Pag.  69, 70.

 

8 – PANVINIUS Antiqu. Veron. Lib. IV. Cap. 19: la dice vedova; ma è troppo chiaro l’elogio, che le fa l’iscrizione della chiesa di S. Stefano.

 

9 – MAFFEI Verona illustr. II. Pag. 30; VENTURI Storia di Verona pag. 114, sequ.

 

10 – SPAGNOLO presso Bollett. eccl. veron. 1915 pag. 278.

 

11 – Ursicino dice se stesso Lectorem Ecclesiae Veronensis. – In una lapide del nostro Museo si ha una «Daciana diaconissa », che dovrebbe spettare al secolo V.  però Daciana non è veronese, ma ferrarese: soltanto la lapide si trova a Verona, essendo stata regalata al Maffei. Vedi VENTURI Storia di Verona pag. 99.

 

12 – MAFFEI Istoria teol. App. Opusc. eccl. Pag. 64-94;  SPAGNOLO Tre frammenti biblici della «Versio antiqua »,  Il più antico Canone della Messa, Le scuole accolitali; ecc.

 

13 – Gli ultimi avanzi furono distrutti dagli Austriaci nell’anno 1854 per costruirvi l’attuale castello.

 

14 – Nei tempi posteriori fu presso i veronesi accettata l’opinione che Verona fosse stata fabbricata da Teodorico: particolarmente a lui fu attribuita la fabbrica dell’Arena; della quale scriveva Fazio degli Uberti nell’anno 1336:

Vidy l-arena eh-è in forma chome

a Roma el colliseo, benchè chivi

Diatrico ne porta fama e nome.

Vedi CIPOLLA  Per la leggenda di re Teodorico in Verona.

 

 

 

 

 

ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XIV (a cura di A. Orlandì)

 

(a) pag. 104 – Il nome Lupo non fu letto nel “Velo di Classe”, quantunque ricorra nelle iscrizioni tarde di S. Stefano e nei cataloghi di reliquie ivi conservate. Qui la successione e la cronologia nella serie dei vescovi di Verona è assai incerta.

 

 

Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I

 

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