Feb 22 2014

I PRIMI FRUTTI DELLA LIBERTÀ NELLE SACRE ELEZIONI

Category: Chiesa Veronese Storia Pighi,Libri e fontigiorgio @ 12:33

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Lapide che ricorda la riconsacrazione della Chiesa di San Giorgio e Zeno,  detta di Sant’Elena, da parte del patriarca di Aquilea Pellegrino nel 1140, dopo che l’altar maggiore era stato profanato da alcuni sconosciuti;  Presso Duomo di Verona.

 

VOLUME  II – EPOCA TERZA – CAPO  I

 

SOMMARIO. – Vantaggi generali nella Chiesa. – Il vescovo Bernardo. – Sacerdoti di vita comune nell’ex-monastero di S. Giorgio in Braida. – Chiese restaurate o nuovamente erette. – Verona con regime comunale. – Lotte civili. – Il vescovo Tebaldo. – Controversia per la chiesa di Sant’ Alessandro. – Controversia per la chiesa di S. Giorgio. – Controversia per i diritti sulla corte di Cerea e su quella di Porcile. – La bolla di Eugenio III. – Tebaldo per la sua Verona. – Morte di Tebaldo e giudizi sulla sua condotta.

 

La  fermezza dei romani pontefici nella lotta per la libertà delle sacre elezioni inaugurata da Gregorio VII,  continuata poi dai suoi successori, nonostante le effimere incertezze di Pasquale II,  ebbe il completo trionfo nel  Concordato di Worms conchiuso il 23 settembre dell’anno 1122, confermato poi l’anno seguente nel concilio Lateranese I.

Quali frutti ne sian venuti alla chiesa lo accenna con brevi parole un cronista tedesco, scrivendo pochi anni dopo: « Exhinc (dal concordato) ecclesia, libertate ad plenum recuperata, paceque ad integrum reformata, in magnum montem crevisse invenitur »(1).  Di tali frutti partecipò pure la chiesa veronese, quanto le fu consentito dalle sue condizioni politiche determinate soprattutto dalla posizione di Verona sui confini tra l’ Italia e la Germania. Certamente essa ebbe quindi innanzi una serie non interrotta di vescovi dotti ed intemerati, tutti dediti alla restaurazione religiosa e morale del clero secolare e regolare, e quindi  al bene spirituale dei fedeli alla loro cura affidati.

Diremo dei due primi vescovi:

 

76° Bernardo (1122-1135).

77° Tebaldo II(1135-1157).

 

Bernardo, di origine bresciano, fu eletto vescovo nell’anno 1122 o forse al principio dell’anno seguente. (a)  Durante il suo episcopato si consacrò tutto alla riforma dei costumi, massime nel clero.  Siccome il monastero di S. Giorgio fondato da Cadaloo era disonorato per la vita turpe, che vi faceano o simultaneamente o successivamente monache e monaci, perciò egli, cacciati questi, nell’anno 1127 vi pose alcuni sacerdoti regolari di vita comune, « qui Dei grati a celibem ducebant vitam et regulam observabant canonicam »(2).  Ad essi concesse la chiesa ed il monastero con le sue rendite: primo superiore fu un sacerdote Pellegrino, e pare che detti sacerdoti vivessero secondo la regola di sant’Agostino.

In una specie di concilio tenuto nella chiesa di S. Giorgio (Sant’Elena) il 13 giugno 1158 dal vescovo Ognibene fu riferito che « Bernardus restauravit et ordinavit ob Dei amorem et animae suae redemptionem ecclesiam s.cti Georgii (in Brayda), quam in spiritualibus et temporalibus multimode destructam invenerat »(3).

 

Rifece le chiese di S. Giovanni in Fonte e di S. Giovanni in Valle, distrutte per il terremoto del 7 gennaio 1117: all’epoca dell’episcopato di Bernardo furono pure rifabbricate o restaurate altre chiese in tutto od in parte ruinate dal terremoto; in città quelle di S. Pietro in Castello, S. Maria in Organo, S. Fermo minore; nel suburbio fuori della porta S. Zeno quella di S. Lorenzo e dei SS. Apostoli; nel distretto furono parte rifabbricate, parte fabbricate quelle di S. Floriano, S. Giustina di Palazzolo, S. Salvar di Bussolengo, S. Salvar di Legnago, S. Zeno di Cerea, S. Mauro di Saline.

 

Da una iscrizione che esisteva nella chiesa « Montis aurei », riportata da Ughelli, consta che Bernardo consacrò quella chiesa il giorno 17 novembre dell’anno 1129 (secondo altri 1127); mentre ne era arciprete Alberone(4).  La chiesa era sul colle, ove ora è il castello.

Consacrò pure nel 1132 l’altare della chiesa « sanctae Trinitatis in Monte Oliveto »; nel 1140 quello della chiesa di S. Maria Novella, detta ora di Santa Elisabetta. (b).

 

Sorta una lite tra il monastero benedettino di Calavena (Badia) e Benedetto arciprete di Calavena (Tregnago) per le decime di quindici concasali, il vescovo Bernardo decise la lite in favore del monastero (5),

 

Da un necrologio del monastero della SS. Trinità, Bernardo morì l’anno 1135; e da altro necrologio del monastero di S. Michele in campagna morì il giorno 1 dicembre di quell’anno(6).

 

Intanto s’era non poco modificata la posizione politica delle città italiane, e quindi anche di Verona.

La ribellione di Enrico V contro il padre Enrico IV, lo scacco subito dagli imperatori nella contesa delle investiture, le contese sorte in Germania per la successione ad Enrico V, aveano paralizzato il prestigio del potere imperiale e suscitato nei popoli uno spirito di indipendenza: si aggiunga che Lotario II, uomo religiosissimo e devotissimo al papa, era tutt’altro che tenace dei diritti imperiali sull’Italia. Così troviamo in quest’ epoca radicarsi anche in Verona i principii di poteri comunali con magistrati proprii e con dipendenza piuttosto nominale che reale dagli imperatori.

Secondo il Canobio, nell’anno 1120 « era retta la città da quattro consoli e dal duca Arrigo »,  che ne era il marchese: questo era quasi il rappresentante dell’autorità imperiale; ma sopra di lui stavano a reggere la città i quattro consoli creati dai cittadini(7). I nostri storici Venturi e Cipolla differiscono questo regime dei consoli all’anno 1136, in cui esercitavano questo ufficio Eleazaro, Odone figlio di Zenone, Corrado di Crescenzio(8), Contemporaneamente vediamo rialzata nelle cose politiche e cittadine l’autorità dei vescovi, come ne fa prova l’intervento in esse del vescovo Tebaldo successore di Bernardo. (c).

 

Insieme però la paralizzazione dell’autorità imperiale e la costituzione delle amministrazioni comunali furono causa di lotte tra le varie città, massime tra le avide di indipendenza e quelle che ancor ammettevano qualche ingerenza imperialistica: talvolta un castello, una pezza di terra, l’acqua di un fiume erano causa di guerra. Nè a queste lotte rimase estranea Verona.

Così già nel 1119 Milano combatteva contro Como, e riuscì a trar seco nella lotta anche Verona; per cui un poeta contemporaneo cantò che in quella lotta « aspera cum multis venit et Verona vocata »(9).

Più tardi troviamo i veronesi in lotta coi padovani per un asserito deviamento dell’alveo dell’Adige; lotta che indi insieme coi vicentini continuarono per vari anni contro i padovani ed i trevisani. La pace fu conchiusa in un convegno di vescovi tenuto a  Fontanaviva presso Treviso il giorno 28 aprile del 1128: tra i vescovi convenuti era il nostro Tebaldo ed il vescovo di Padova S. Bellino (10). Però le discordie civili si accentuavano ognor più, non solo tra città e città, ma anche tra gli abitanti d’una città e quelli del relativo distretto, o spesso tra gli stessi cittadini: verso la metà di questo secolo troviamo in Verona i primi germi dei due partiti, uno Guelfo, l’altro Ghibellino.

 

In quest’epoca burrascosa resse la nostra chiesa il vescovo Tebaldo (II).  Oriundo dalla nobile famiglia de’ Pegorari « de mercatu novo », era stato arciprete della chiesa cattedrale (11) e dopo la morte di Bernardo fu eletto, forse per il primo, canonicamente dai canonici e dalla congregazione del clero intrinseco: fu vescovo di Verona per ventidue anni (1135-1157). Documenti di poco posteriori a Tebaldo lo celebrano per la sua saggezza e santità.

 

Ci piace notare come Tebaldo inaugurò il suo episcopato col mettere i fondamenti della nuova chiesa cattedrale.(12), della quale ci occuperemo in seguito: forse la chiesa di S. Maria Matricolare era in gran parte deperita per il terremoto del gennajo 1117.

Nel giorno 6 aprile del 1141 consacrò la chiesa di S. Croce posta fuori della città non lungi dal monte Oliveto (13); e fu largo di favori alla chiesa stessa ed all’annesso monastero ed ospitale. Forse egli consacrò pure la chiesa di S. Fermo, detta anche del Crocefisso (ora distrutta), la quale si dice essere stata consacrata il 13 marzo dell’anno 1138(14). Nello stesso anno concesse decime ed altri diritti al monastero di S. Zeno(15).

 

Essendo sorta una controversia tra i canonici della cattedrale e Giovanni sacerdote della chiesa di S. Martino di Avesa, circa la possessione della chiesa di S. Alessandro (ora S. Rocco) « prope vicum Quintiani », Tebaldo chiamò le parti contendenti invitandole ad espor le proprie ragioni davanti a lui e ad un consesso « religiosorum et sapientum clericorum ».   I canonici rifiutarono di presentarsi; ed il vescovo, sentite le ragioni del sacerdote Giovanni e le dichiarazioni di dieci testi che affermavano il tranquillo possesso di detta chiesa per parte dei chierici di san Martino per oltre quaranta anni, ed aggiunto quanto già si diceva al tempo del vescovo Bernardo e che avea udito lo stesso Tebaldo, allora arciprete della Cattedrale, diede sentenza favorevole al sacerdote Giovanni di S. Martino di Avesa, « salvo tamen jure Canonicorum et aliorum de ea agere volentium »(16). Questa sentenza, data 1’8 settembre del 1140, fu sottoscritta dal vescovo Tebaldo, dall’arciprete della Congregazione del clero, dal prevosto della chiesa di S. Giorgio e da altri trentacinque sacerdoti..

 

L’episcopato di Tebaldo fu spesso agitato da controversie coi canonici di S. Giorgio; i quali durante la lotta delle investiture, forse a causa del servilismo dei vescovi verso gli imperatori, s’aveano acquistato autorità e privilegi forse eccessivi.

 

Anzi tutto i canonici pretendevano di essere quasi esenti dalla giurisdizione del vescovo; tantochè, come altrove abbiamo accennato, il loro prevosto in un documento del 1104 si diceva nientemeno che « custos et rector sancte Veronensis Ecclesiae ».  Questa esenzione dall’autorità del vescovo era il punto capitale delle discordie: i canonici fondavano i loro diritti sulla famosa costituzione di Ratoldo, che si dicea dato il 16 settembre 813, e sul Judicatum del patriarca Rodoaldo, che si dicea dato il 13 maggio del 968. L’autenticità dei due documenti è assai problematica e nella seconda metà del secolo XVIII fu negata dai Ballerini e da altri dotti veronesi, che li tennero fabbricati appunto in occasione delle controversie al tempo di Tebaldo.

 

Il punto capitale delle controversie fu la chiesa di S. Giorgio, di cui verso l’aprile del 1140 fu dissacrato l’altare.  Questo delitto, secondo un documento canonicale, fu consumato « livore et dolo malo quorumdam tempore episcopi Teobaldi »; e probabilmente veniva attribuito almeno in parte a Tebaldo stesso. Tebaldo all’incontro lo attribuiva ad altri: ad ogni modo avrebbe voluto riconsacrar egli stesso la chiesa. Allora i canonici chiamarono a Verona il patriarca d’Aquileja Pellegrino (17); il quale, producendo, forse per la prima volta, il privilegio di Ratoldo, alla presenza del cardinale Ribaldo legato di Innocenzo II, di Tebaldo e di altri cinque vescovi, di Gilberto arciprete e degli altri canonici, sentenziò « ut canonici … sint liberi in ecclesia atque canonica beati Georgii sub jure et dominio atque regimine Aquileiensis Patriarchae, ita ut nullus Episcopus, qui nunc est vel qui pro tempore fuerit, aliquam litem vel molestiam aut injuriam, tam in officis quam in  beneficiis, illis inferre possit »(18).   Indi alla presenza delle stesse persone riconsacrò solennemente la chiesa nel giorno 1 dicembre dello stesso anno; come apparisce dall’iscrizione che tuttora si legge sopra una parete della chiesa: « Anno ab incarnacione Domini MCXL primo die mensis decembris indict. III. Peregrinus Aquileiensis Patriarcha reconsecravit hanc ecclesiam extra et intus more praedecessorum suorum Maxentii et Andreae … Erant praesentes Ribaldus S. R. E. Cardinalis, Thebaldus Veron. Episcopus … etc». (19).

 

Gravissima fu pure la questione per il possesso della Corte di Cerea.  Tebaldo vantava diritti su di essa per due ragioni. Diceva che quella Corte era spettanza del vescovo, essendochè la contessa Matilde ne era stata investita dal vescovo Zuffeto e che il marchese Alberto (od Alberico) Sambonifacio ne era stato investito dal vescovo Bernardo suo antecessore: aggiungeva che quelle terre erano state concesse al vescovo di Verona dall’imperatore Ottone.  Sennonchè le sue asserzioni mancavano di prove. All’incontro Gilberto arciprete della chiesa « sanctae Mariae et sancti Georgii » sosteneva che quel castello avea sempre appartenuto ai canonici; i quali di fatto fin dal principio del secolo precedente ne aveano investito un certo Isnardo e che da Isnardo quelle terre erano passate a Bonifacio padre della contessa Matilde.  Qui pure dovette intervenire l’autorità suprema: il Papa Eugenio II mandò il cardinale Guido di Crema (altro da quel Guido che fu poi antipapa).

Il placito fu tenuto il mercoledì 2 gennaio 1146 « in sala venerabilis episcopi ». Tebaldo diede bella prova della sua piena sottomissione: « Tunc ipse Tebaldus ipsam sententiam laudavit et corroboravit et per omnia firmavit »; anzi « finem fecit de superpositis causis et rebus per fustem, quem in manu sua tenebat (consegnandolo) in manus ipsius Gilberti archipresbyteri »(20).  La controversia ebbe così la sua soluzione ufficiale: ma i canonici ebbero da allora a lottare con gli elementi riottosi del luogo; e forse a questi nuovi torbidi non fu del tutto estraneo Tebaldo.

 

Con gli stessi canonici avea avuto altra contesa Tebaldo nel 1138 per il possesso della corte di Porcile. Però anche qui il diritto dei canonici era troppo sancito per precedenti concessioni di papi ed  imperatori nei due secoli precedenti(21).  Intervenne qui pure il patriarca Pellegrino; il quale in presenza del cardinale Ribaldo decise la lite in favore dei canonici.  Da allora gli abitanti di Porcile dovettero giurare fedeltà ai canonici, come già dal 1120 l’aveano giurata alla chiesa « sanctae Mariae de domo »: il qual giuramento dovettero poi prestare « omnes homines Porcilis caput casae a sexaginta annis inzo et a quatuordecim insu »(22).

 

Fu allo scopo di evitare ulteriori controversie, che Tebaldo domandò al papa una precisa determinazione dei diritti del vescovo: ciò che forse fece il papa Eugenio III con la bolla Piae postulatio voluntatis: la daremo intiera nel capo seguente.

 

Una controversia avuta con l’abate del monastero di Nonantola a riguardo di alcuni diritti sulla pieve di Nogara fu composta tra il vescovo Tebaldo e l’abate Silvestro alla presenza del pontefice Eugenio III; il quale poi con bolla del 18 Maggio 1145 sancì quella composizione: « Veronensis episcopus jus parochiale, Nonantulanus vero abbas jus fundi in eadem plebe quiete possideat »(23).

 

Lo stesso Tebaldo si interessò pure per il bene materiale della sua Verona; ed i veronesi riconobbero in lui un vero benefattore. Tanta fu la sua autorità che ad un placito tenuto il 28 giugno 1136 « in domo Theobaldi veronensis episcopi» intervenne uno dei consoli di Verona, Corrado di Crescenzio.  Tebaldo intervenne pure ad un patto stipulato tra’ l’imperatore Lotario III ed i veneziani il 1ottobre del medesimo anno(24).

 

Nell’anno 1154 dall’imperatore Federico I,  Tebaldo ottenne al vescovo di Verona la « moneta civitatis »; ossia il diritto di percepire quei diritti pecuniari, che sulla coniazione della moneta sarebbero appartenuti al fisco imperiale(25).

 

Nè potè Tebaldo rimanere estraneo alla lotta combattuta dalle città lombarde contro Federico Barbarossa. Quando il Barbarossa tornando da Roma dopo la sua coronazione (18 giugno 1154), pronunziato presso l’Isola Cenense (Isola della Scala) il bando contro Milano, se ne tornava in Germania, i veronesi incorsero l’ira di lui a motivo di  due funesti incidenti(26). Il primo fu la rottura forse proditoria di un ponte sull’Adige poco al di sopra di Verona, per la quale dovea restar diviso, e quindi facilmente sopraffatto, l’esercito imperiale: l’altro fu lo sbarramento della via trovato dal suo esercito alla Chiusa in un corpo di gente armata sotto il comando di Alberico.  Ben s’avvidero i veronesi quanto potea esser loro micidiale la vendetta di Federico; perciò « omnibus in majori ecclesia congregatis », convennero che il vescovo Tebaldo insieme con Garzapano ed Isacco si recasse a Ratisbona  per placare la collera del Barbarossa, « a populo suo ad imperatorem destinatus ».  Tra le altre cose disse all’imperatore: « Crede, domine … Populus tuus veronensis tuus peculiaris est populus, tibi tamquam domino et imperatori suo, … fideliter devotissimus et devote fidelissimus … etc. etc. ». Del resto più che le parole giovò il danaro.  Riferisce lo storiografo Ottone che « Verona in gratiam recepta est; nam magnam pecuniam dedit ac militiam contra Mediolanum ducere sacramento firmavit »(27).

 

Nel giorno 25 settembre del  1145 avea risolto una lite che si agitava tra alcuni preti di Calavena e Lanfranco priore della chiesa di S. Mauro di Saline: « In palatio episcopi… presbyter Benedictus, et Otto presbyter… fecerunt finem (consegnarono) in manu Lafranci prioris ecclesiae sancti Mauri de ecclesia sancti Salvatoris sita prope Castrum vetus (Castelvero) non long e multum ab arce quae vocatur Vestena … Clerici Calavenae receperunt ab episcopo Thebaldo vigintiquinque libras et acceperunt finem de armentis… Actum est hoc coram Episcopo Thebaldo anno ab Incarnacione … centesimo quadragesimo quinto »(28).

 

Tebaldo morì il 10 maggio dell’anno 1157; nel quale anno così registra la sua morte un cronista del secolo XIV: « Episcopus Tebaldus primus qui fuit homo sanctus obiit ». Coerentemente in una iscrizione della chiesa di S. Croce è celebrato « magnus vir Christi Thebaldus »(29). Il Biancolini dice che egli morì « in gran concetto di santità ».

 

 

NOTE

 

1 – Otto Frising, Chronicon Lib. VII. Cap. 16, presso PERTZ, Monum. Germ. Script. XX, 256.

 

2 – Presso UGHELLI, Italia sacra, Tom. V. col. 773. Vedi anche BIANCOLINI,  Chiese di Verona II, 484.

 

3 – CIPOLLA in Nuovo Archivio Veneto Vol. X, pag. 449 (Venezia 1895).

 

4 – Presso UGHELLI, Italia sacra V, col. 774.

 

5 – L’atto fu pubblicato da CIPOLLA, Le popolazioni dei XIII Comuni, pag. 14.

 

6 – BIANCOLINI, Serie cronol. dei Vescovi, pag. 66, Dissert. sui Vescovi … Append. pag. 184.

 

7 – CANOBIO, Annali Veron. Libro VI, presso BIANCOLINI, Diss. Seconda pag. 93.

 

8 -VENTURI, Compendio della storia di Verona II, pag. 2; CIPOLLA, Compendio … pag. 93.

 

9 – Anon., De bello  Mediolanensium adversus Comenses, presso MURATORI Rerum ital. Script.V. 418.

 

10 – PAGLIARINO, Cronaca di Vicenza, pag. 20 (Vicenza 1663); DE BATTISTI,  Memorie sulla vita di S. Bellino, pag.  40  (Lendinara 1888).

 

11 – VEDI BIANCOLINI, Chiese di Verona IV, pag. 700. – Ivi Tabaldo arciprete è sottoscritto ad un atto dei Canonici in favore delle monache di S. Michele « de campanea ».

 

12 – CANOBIO,  Annali Veron. presso BIANCOLINI, Dissert.  sui Vescovi, pag.  44;  Chiese II, 485 .

 

13 – Il documento presso BIANCOLINI, Chiese … II, 592.

 

14 – BIANCOLINI, Chiese … I. 353; SIMEONI, Guida di Verona, pag.  188.

 

15 – L’atto presso BIANCOLINI, Chiese V, P. I. pag. 93.

 

16 – Presso BIANCO LINI, Chiese di Verona II. pag. 489-491; ANT, PIGHI, Il santuario di S. Rocco, pag. 9 (Verona 1887).

 

17 – Pellegrino, scomunicato da Onorio II, non se ne diè per inteso. CARLI, Storia di Verona II. pag. 503. Più tardi fu « caldo propugnatore dell’Antipapa» Vittore III. CIPOLLA in, N Arch. Ven. X, pag.413.

 

18 – Presso UGHELLI, Italia sacra, Tom. V 778-780.

 

19 – Intiera si trova presso BAGATA-PERETTI, Epp. Veron. Monumenta, pag. 79 r.,80.

 

20 – L’istromento originale si trova nella Biblioteca Capitolare, ma assai  deperito per l’inondazione del 1882.  Pubblicato già da Ughelli e da altri, recentemente fu ripubblicato con le sue varianti da SGULMERO, Zuffeto, pag. 21-25; da esso abbiamo riprodotto i tratti, che più ci interessano.

 

21 – Vedi i documenti citati presso CROSATTI, Belfiore d’Adige, pag. 12, seg. (Verona 1906).

 

22 – CROSATII, Op. cit., pag. 18.

 

23 – TIRABOSCHI, Storia dell’Abbazia di Nonantola II, pag. 259. Documento CCLXXVII.

 

24 – WEILAND, Constit. Imper. et Regum I, pag. 174.

 

25 – CIPOLLA, Compendio della storia poI. di Verona, pag. 94.

 

26 – Li riferisce lo storiografo contemporaneo OTTO Frising, Chronicon Num. 7; e Gesta Friderici Lib. m. Num. 25, presso PERTZ, Monum. Germ. Script. XX. 306, 409, seqq.

 

27 – OTTO Frising, Gesta Friderici Lib. II. Num. 28.

 

28 – Presso BIANCOLINI, Chiese … III, 320; CIPOLLA, Le popolazioni…

 

29 – Chronica illorum de la Scala, presso CIPOLLA, Antiche cronache veronesi pag. 498 (Venezia 1890); BIANCOLINI, Chiese … II. 595. – Una vecchia membrana della Biblioteca Vaticana, presso UGHELLI, Italia sacra V. 707.  accusa Tebaldo d’aver alienati molti beni e diritti del vescovo di Verona: ma non sappiamo quanta fede meriti questa, narrazione.

 

 

ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. I (a cura di Angelo Orlandi)

 

 

(0) Sul piano generale della storia della Chiesa dopo i tempi di mons. G. B. Pighi, si sono svolti numerosi studi sia generali che monografici. Per chi fosse interessato ad approfondire questi argomenti, indichiamo le seguenti grandi opere:

Storia della Chiesa dalle origini ai nostri giorni (opera iniziata da Augustin Fliche e Victor Martin e quindi diretta da J.-B. Duroselle e Eugène Jarry … ed. italiana), Torino, 1957-1975, voli. 28.

– Nuova storia della Chiesa (sotto la direzione di L. J. Rogier, R. Aubert, M. D.  Knowles), Torino, 1970-1979, voll. 5.

– Storia della Chiesa (diretta da Hubert Jedin). Traduzione dal tedesco, Milano, 1976-1980, voli. 10 (in 13 tomi).

Nelle opere citate si potranno trovare anche abbondanti bibliografie su vari aspetti trattati nel corso.

 

(a) Secondo lo studioso Luigi Simeoni pare che Bernardo sia stato eletto vescovo già dal 1119, tre anni prima quindi del Concordato di Worms. Cf. L. SIMEONI, Le origini del Comune di Verona, in Studi Storici Veronesi Luigi Simeoni, vol. VIII-IX (1957-58), Verona, 1959, p. 96 ..

 

(b) Per l’ubicazione della chiesetta di S. Elisabetta si può vedere: T. LENOTTI, Chiese e conventi scomparsi (a destra dell’Adige), Verona, 1955, p. 17 « Le Guide» di Vita Veronese, n° 32.

 

(c) Si veda in proposito: L. SIMEONI, Le origini del comune di Verona e Il primo periodo della vita comunale a Verona, in Studi Storici Veronesi Luigi Simeoni, vol. VIII-IX (1957-58), Verona, 1959 pp. 87-180.

 

(d) Di questa controversia e delle probabili cause di essa tratta il Simeoni citato: L. SIMEONI, Il primo periodo della vita … cit.

 

 

Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II

 

 

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