Affresco dell’Agnello Pasquale immolato e risorto. Protiro Chiesa di San Procolo, Verona.
EPOCA II – CAPO XI
SOMMARIO. – Giudizi degli scrittori – Pubblicazioni degli scritti di Raterio – Recensione delle opere – Praeloquiìa: relazioni tra il potere dei principi e quello della chiesa – Synodica – Dottrina sull’Eucaristia – Sermoni – Atti del concilio ecumenico VII – Sunto di dottrine cattoliche – Codici rateriani.
Le tempestuose vicissitudini, che tennero agitato Raterio, sia nei vari stadi del suo episcopato veronese, sia in tutto il resto della sua vita, paiono tali da assorbire ed esaurire tutta la sua attività ed impedirgli qualunque applicazione allo studio. Eppure non fu così. Un breve esame degli scritti principali di Raterio, oltrecché darci altra prova della sua infaticabile operosità, ci dimostra in lui un ingegno profondo e versatile, ed una immensa erudizione massime nelle scienze sacre, ed una conoscenza amplissima della sacra scrittura e dei santi padri e dei canoni della chiesa »(1).
Già nello stesso secolo X così scriveva Folcuino intorno a Raterio: «Propter abundantem doctrinam et eloquentiam copiosam, qua inter sapientissimos florere visus est, non eidem solum ecclesìae cui praefuit, sed et multis aliis valde proficuum fore putatum est »(2).
Di lui i Ballerini: «Non prima tantum aetate, sed ad decrepitam usque, tam sedulam lectioni operam dedit, ea quae tam sedulo Iegerat, ob felicitatem memoriae, quotiescunque opus esset, semper habebat in promptu. De sacrorum librorum atque sanctorum patrum usu nihil opus est dicere; … adeo ut ambigere liceat, num alius hujus aevi scriptor hac in parte Ratherio praestet, aut cum Ratherio comparari queat » (3).
Omettiamo altre testimonianze degli scrittori coevi o suppari a Raterio, dei cultori di storia letteraria ecclesiastica, e dei recenti scrutatori degli scritti di Raterio, Vogel, Wattembach, Diimmler, Ebert, Dresdner, Engelhardt, Cipolla. Dopo un accenno alle varie pubblicazioni delle opere rateriane ed una sommaria recensione delle opere stesse, daremo qualche saggio dei capi principali di dottrina cattolica che in esse si contengono.
Già parecchi eruditi collettori dei secoli XVI e XVII avevano pubblicate alcune delle opere di Raterio: così D’Achery, Martene, Pez, Mabillon ed altri. Ma il merito d’averci data un’edizione, che si può dire completa delle opere di Raterio, è dei nostri Pietro e Girolamo fratelli Ballerini; i quali illustrarono l’edizione con una copiosissima biografica di Raterio e con note eruditissime ai suoi scritti. Alle diligenti ricerche dei Ballerini, coadiuvati dal Maffei, pochi scritti rateriani sfuggirono e di non grave importanza. Alcuni ne pubblicò Vogel nel 1854, e di essi pure si servì nel rifare la biografia del celebre vescovo (4).
Nel 1878 Ernesto Diimmler da un manoscritto di Berlino pubblicò una lettera frammentaria, scritta da Raterio mentre era vescovo di Liegi (5).
Nel 1890 Isidoro Carini bibliotecario della Vaticana pubblicò un diploma dato da Raterio a favore della chiesa di S. Pietro in Castello (6).
Nel 1897 il benedettino P. Amelli pubblicò una lettera di Raterio « ad Petrum Veneticum ».
Finalmente nel 1903 Carlo Cipolla pubblicò altre otto lettere (alcune frammentarie), che trovò nella biblioteca Vaticana insieme ad un codice certamente veronese, che contiene i canoni del concilio ecumenico VIII, corredato di parecchie postille della mano di Raterio (7). Non sappiamo se in seguito compariranno altre opere rateriane: sappiamo che alcuni suoi scritti sono scomparsi od almeno tuttora latenti; tra gli altri lo Sparadorsum (8), la Responsio ad Mediolanenses, il Conflictus duorum, e qualche altro.
Daremo una breve recensione delle opere di Raterio secondo l’edizione fatta dai Ballerini. Essi le distinguono in tre classi: Praeloquia et Opuscula, Epistolae, Sermones.
L’opera certamente più importante, e per la sua mole e per le materie trattate è: Praeloquiorum libri sex, alla quale l’autore dà il titolo « Agonisticon »(9). Fu composta da Raterio mentre era in prigione a Pavia (febbraio 935 – agosto 937); secondo il Vogel fu terminata e forse un po’ ritoccata a Lobes nel 952.
Raterio espone fin dal principio della Praefatio la ragione del titolo: « Vacanti (disoccupato) mihi, et congruentia situs et causa pariter arridente, visum est pauca in nomine Domini ex innumerabilibus divinae auctoritatis medicaminibus in isto libello congerere, quibus athleta Dei in hoc saeculi schemate cum adversario luctaturus, viribus iam exertis, lacertis excussis, quotidie perungatur, quo, certans legitime, coronam mereatur victoriae ». L’opera fu scritta in prigione, dove Raterio era privo di libri; e perciò riesce incredibile come vi si trovino tante reminiscenze di opere dei padri e tanti testi della sacra scrittura; su questi avviene talvolta che egli attribuisca a S. Matteo un testo di S. Luca.
Quest’opera in sostanza è un trattato non poco disordinato sui doveri degli uomini secondo le loro diverse condizioni, intercalato spesso da invettive mordaci contro il re Ugo, e da racconti minuziosi delle proprie miserie. Se vogliamo darle un qualche ordine sommario, il primo libro tratta dei doveri degli uomini in genere; il secondo riguarda le singole classi, l’uomo, la donna, il marito, la moglie, il celibe, il padre, ecc.; il terzo ed il quarto trattano soprattutto del principe e dei suoi doveri verso la chiesa; il quinto dei vescovi, dei chierici, dei monaci; il sesto dei comuni uffìcìi dei cristiani, del peccato originale, dei vizi capitali, della penitenza, delle opere della misericordia, ecc. ecc. Il libro sesto vien chiuso con due distici scritti certamente nel monastero di Lobes:
Qui coepisse librum dederas, finire dedisti,
Cunctipotens, famulo dando rogata tuo.
Hunc ego Ratherius pro te quia ferre laborem
Suscepi, probra dilue, Christe, mea.
In quest’opera; oltrechè una profonda conoscenza delle virtù cristiane, rifulge un’ammirabile precisione di dottrina sulla dignità del sacerdozio, sulle relazioni scambievoli tra i principi cristiani ed i vescovi, tra il potere secolare e quello della chiesa.
Particolarmente il libro quarto è un vero trattato di diritto pubblico ecclesiastico, nel quale sinteticamente insegna le dottrine svolte poi ed applicate alla pratica da Gregorio VII, Innocenzo III e Bonifacio VIII (10). Esposta nettamente la dignità divina del sacerdozio, così parla al principe secolare: « Scias, quia principes saeculi potestatis culmina tenent, ut per eandem potestatem disciplinam ecclesiasticam muniant … Noveris ecclesiae Dei te advocatum esse, non dominum; tutorem, non dispensatorem, quem scias esse, Domino docente, pontificem; patronum, non ministrum »(11) … « Ego, inquis, eum insignivi. Tu? qualiter? Potuistine dare, quod nec audes contingere? Voluisti concedere quod etiam cogeris adorare?» … « Venerare episcopos; noveris illos tibi, non te illis esse praelatum »(12). E simili dottrine sono sparse per tutto.il libro ..
E’ pure di grande importanza la Synodica data da Raterio ai suoi sacerdoti dopo il sinodo tenuto nella quaresima dell’anno 966 (13).
Questo documento, a giudizio dei Ballerini, « inter universa decimi saeculi documenta ad ecclesiasticam disciplinam pertinentia praestantissirnum et celeberrimum est ». Raccomanda ai chierici l’osservanza dei canoni, l’ubbidienza alloro vescovo, l’esatto adempimento delle cerimonie liturgiche; insiste perché promuovano nei fedeli la santificazione delle feste ed i digiuni prescritti, massime quello della quaresima. Con questa sinodica intendeva porre un rimedio efficace agli abusi deplorati nel Perpendiculum seu De contemptu canonum, emanato nella quaresima del 964.
La dottrina intorno alla SS. Eucaristia viene esposta nel senso strettamente cattolico e teologico da Raterio nell’opuscolo Excerptum ex dialogo confessionali e nella lettera ad Patricum (14). Insiste particolarmente sulla identità del Corpo di Cristo che si riceve dal comunicante col corpo che Gesù Cristo ebbe da Maria: « in carne quam pro te assumpsit, et in qua pro te multa perpessus crucifixus est, mortuus et sepultus ». Son quasi le stesse forme adoperate nel secolo precedente da Paschasio Ratberto e poco benvise ad alcuni teologi dei secoli IX e X. Perciò fa meraviglia, come osservano i Ballerini, che alcuni scrittori protestanti abbiano osato annoverare Raterio tra i loro precursori nel negare la reale presenza di Gesù Cristo nell’Eucaristia.
Nella lettera ad Patricum tratta direttamente della maggiore o minore frequenza della comunione e della celebrazione della messa per i sacerdoti.
Contro il parere di Patrico, preferisce che l’una e l’altra si facciano raramente, ma bene. Di se stesso egli dice eh ecelebra « raro, et hoc (proh dolor!) indignissime »; mentre « tu (Patrico) quotidie, et hoc in candida veste, etc. ».
Sulla preparazione alla santa comunione meriterebbe d’esser riferito quasi tutto il primo sermone De Pascha (15). Ne daremo il principio: « Paschales, fratres carissimi, hodie dapes sumpturi vobisque pro debito miniìstraturi, hoc est, Agni illius sacrosanctam refectionem quem digito ejusdem praecursor demonstrans clamavit « Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi »; … hujus itaque Agni corpus et sanguinem solemnius hodie tractaturi vestraeque dilectioni propinaturi, postulamus, ne moleste vestrum aliquis ferat, si lactucarum agrestium aliquantulam interponemus partem ». Ed il sermone versa quasi tutto sopra le « lactucas agrestes », che sono le disposizioni richieste per una santa comunione.
Sono pur degni di un vescovo gli ammonimenti, che Raterio dà ai suoi diocesani nei sermoni De Quadragesima e negli altri De Pascha, De Ascensione, De Pentecoste. Nei primi particolarmente inculca la penitenza e specialmente la cessazione dai peccati; raccomanda i digiuni sino « ad vesperas sabbati sancti », l’elemosina ai poveri, ecc.
Tra i documenti rateriani studiati ed in parte editi da Cipolla, il più importante è un codice di origine veronese, scritto sulla fine del secolo IX o nella prima metà del secolo X. Esso contiene gli atti del concilio ecumenico VIII celebrato a Costantinopoli l’anno 869, ed ha questo titolo: «† Causa et praefatio celebratae octavae sinodi historico stilo deprompta », ed in varii punti ha parecchie postille appostevi da Raterio. Esso prova che il nostro vescovo, nonostante i molteplici trambusti del suo episcopato, si applicava con interesse agli studii teologici e si occupava delle questioni dottrinali che agitavano allora la chiesa greca e preparavano la scissura di essa dalla chiesa latina: Raterio ben comprendeva il valore di quel concilio (16) (b).
Omettiamo l’esame di altri scritti minori. Solo notiamo coi Ballerini come ben altri punti di dottrina cattolica si trovano sparsi sui medesimi; e specialmente sulla necessità ed efficacia della grazia divina, sul libero arbitrio, sull’invocazione e sul culto dei santi, sul valore della tradizione nell’insegnamento della chiesa, sul purgatorio e sul valore dei suffragi per i defunti, sull’eternità delle pene nell’inferno, sulla indissolubilità del matrimonio, e su altri capi delle dottrine cattoliche (17).
E da tutto il complesso ci par di potere conchiudere che Raterio, come fu un modello di vescovo per la correttezza dei costumi e per lo zelo e per il bene dei suoi figli, così e per il suo smisurato amore allo studio e per la sua vastissima erudizione nelle scienze sacre e per la perfetta ortodossia delle sue dottrine, è da annoverare fra i primi teologi del medio evo. Perciò nè adulava nè esagerava Everaclo vescovo di Liegi, quando nel 968 a lui scriveva: « Quis est vobis aut sapientia aut probitate aut optimarum artium studio aut innocentia aut ullo laudis genere praestantior? »(18).
Altra prova dell’immensa attività intellettuale di Raterio abbiamo nei Codici rateriani. Anzitutto è certo che Raterio molto si adoperò, non solo per la restaurazione della « schola sacerdotum », ma anche per fornire di nuovi manoscritti quel ricco tesoro di codici, che le avea iniziato l’arcidiacono Pacifico. A quanto riferiscono gli scrittori di cose nostre, parecchi manoscritti del secolo X che si trovano nella nostra biblioteca capitolare sono ivi raccolti per opera di Raterio o fatti trascrivere da lui per uso dei chierici (c).
Sennonchè venne l’anno 968; e purtroppo dobbiamo deplorare che non pochi dei manoscritti, sia autografi di Raterio, sia per suo merito raccolti o trascritti, da Verona passarono insieme con Raterio al monastero di Lobes nel Belgio. Ne dà una lunga lista Cipolla (19): tra essi sono i Versus de Verona, la Civitas veronensis depicta, il Sermo de vita sancti Zenonis episcopi di Coronato, qualche sermone dello stesso Raterio e molte passioni di martiri. Non sappiamo con quale diritto Raterio abbia asportato tanti tesori da Verona: ma forse un raggio di luce ci dà una scoperta recente, dalla quale parrebbe che forse per titolo di compenso, il monastero di Lobbes si sia assunto il dovere di una prestazione annua verso il vescovado di Verona, la quale sarebbe cessata, non sappiamo per qual titolo nell’anno 1547. In una pubblicazione dei documenti di quel monastero fatta l’anno 1900 si legge questa memoria: «Extinction de la pension à payer à I’évêque de Verone, 1547 »(20).
La congettura non è infondata; essendochè, tranne il ritiro di Raterio da Verona al monastero di Lobes, non si ha notizia di altre relazioni tra quel monastero e il vescovado di Verona: ad ogni modo non è nostra, ma di Carlo Cipolla.
Gli scritti di Raterio ci danno anche non pochi materiali per conoscere le condizioni di Verona in quei tempi sotto l’aspetto religioso, morale, politico, topografico e letterario. Ce ne occuperemo brevemente nel capo seguente.
NOTE
1 – Useremo sempre la classica edizione fatta dai Ballerini: RATHERIl, Episcopi Veronensis opera (Veronae 1765). Si trova riprodotta presso MIGNE, Patrol. latina, Tomo CXXXVI. (a).
2 – FULCUINUS, De gestis Abatum Lobiensium, Cap. 23.
3 – BALLERINI, Ratherii opera, Praej., Num. V. – Una delle accuse contro Raterio era pur questa, che « nasum semper tenet in libro »; Qual. conject. Op., col. 375.
4 – VOGEL, Ratherius von Verona und das 10 Jahrhundert, II., 221-238 (Jena 1854).
5 – DÜMMLER, Neues Archiv., IV., pag. 177, segg.
6 – In Spicilegio Vaticano, I, pag. 9 (Roma 1890).
7 – CIPOLLA, Lettere inedite di Raterio in Studi e documenti di storia e di diritto (Roma 1903). Egli prometteva la pubblicazione di un altro diploma inedito; ma non sappiamo se l’abbia fatto.
8 – Diede questo titolo ad un suo scritto De arte grammatica, perché «qui scholis assuesceret puerulus dorsum a flagris servare posset ». FULCUINUS, Op. cit., Cap. 20. Secondo il Vogel, fu scritto da Raterio non ancora vescovo verso gli anni 912, 913; secondo i Ballerini in Provenza, poco dopo l’anno 940.
9 – RATHERII, Op. Proeloquiorum … Agonisticon, col. 10-194.
10 – Le teorie Rateriane su questa materia furono esposte magistralmente dal celebre P. BALAN, Un vescovo nel secolo X, presso La scuola cattolica, Anno III, Val. VI, pag. 356-363 (Milano 1875). – Vedi anche TAMASSIA, Raterio e l’età sua in Studii giuridici (Torino 1898).
11 – RATHERII, Op. Proeloqu., IV, 33,34, col. 137.
12 – RATHERII, Op. Proeloqu., IV, 17, col. 118, III, 780.
13 – RATHERII, Op., col. 409-422.
14 – RATHERII, Excerptum, 14,15, col. 256-259, Ep. ad Patricum, col. 522, sequ. – Ne tratta anche VOGEL, Op. cit., I; pag. 232, seg.
15 – RATHERII, Op., Sermo IV. De Pascha, I, col. 607-611
16 – CIPOLLA, Lettere di Raterio, pag. 5, 23, seg.
17 – BALLERINI, Ratherii Op., Praefatio, Num. VI.
18 – RATHERII, Op. col. 569. – Mosse alcuni dubbi sulla validità delle ordinazioni fatte dal vescovo Milone (Rath. op. col. 327). Ma egli espone tali dubbi in forma assai incerta, e forse gli furono inspirati dal suo odio contro Milone, e non senza qualche fondamento su simili dubbi mossi nel secolo precedente a Roma sugli ordini sacri conferiti dall’antipapa Costantino (867). Del resto, ai sacerdoti ordinati da Milone impone solo che devano astenersi dall’esercizio degli ordini ricevuti; non parla di riordinazione.
19 – CIPOLLA, L’antichissima Iconografia di Verona, pag. 5-8; estratto da Reale Academia dei Lincei, Anno CCXCVIII (Roma 1901).
20 – BERLlÈRE, Les anciennes archives de l’Abbaye de Lobbes, pag. 49 (Bruxelles 1900).
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XI (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 244, n. 1. – Dopo le edizioni citate da mons. Pighi dobbiamo aggiungere alcune altre edizioni di opere di Raterio. Alcune lettere e qualche omelia furono scoperte dopo l’edizione dei Ballerini. Così: FR. WEIGLE, Die Briefe Rathers von Verona, in « Deutsches Archiv » I (1937), pp. 174-194. – RATHERIUS Veronensis, Opera minora. Edidit Petrus L. D. Reid, Tunhout (Belgio), 1976, pp. XXXVI-323, (Corpus Christianorum Continuatio Medioevalis, XLVI). – RATHERIUS, Sermo de vita et actibus sanctissimi Donatiani episcopi edita a quodam episcopo veronensi, monacho laubiense, in Analecta Bollandiana, tome 98° (1980), pp. 354-362.
(b) pag. 249. – Sul pensiero e l’opera di Raterio, oltre le già citate opere ricordiamo: C. G. MOR, Spigolature storico-giuridiche dall’epistolario rateriano, in « Studi Storici Veronesi L. Simeoni », vol. IV, Verona, 1953, pp. 45-56. – M. CARRARA, Verona medioevale. Gli scrittori latini, in « Verona e il suo territorio ». II, Verona 1964, pp. 351-420.
(c) pag. 249. – Su questo argomento resta ancora assai utile G. ONGARO, Cultura e scuola calligrafica veronese del sec. X, in « Memorie del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti », vol. XXIX, n. 7, Venezia, 1925.
Tra gli studi dedicati a Raterio mette conto ricordare la recente tesi di dottorato discussa da D. Dario CERVATO, Raterio di Verona e di Liegi: il terzo periodo del suo episcopato veronese, anni 961-968; scritti e attività, presso la Pont. Università Gregoriana, Roma 1983.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I