Giu 25 2013

DECALOGO DI ASSAGO CHE MIGLIO RPEFERIVA CHIAMARE “BREVIARIO”

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Gianfranco Miglio 

Con il consenso della gente si può fare di tutto: cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo”.

 

Il Decalogo di Assago è stato redatto da Gianfranco Miglio, con contributi dei collaboratori della Fondazione Salvadori. È stato presentato ad Assago, il 12 dicembre 1993, al Secondo Congresso della Lega Lombarda. Altri tempi e altra storia: parliamo infatti di vent’anni fa. Quel lavoro e la stessa figura di Miglio furono poco dopo seppelliti dalle scelte di Umberto Bossi e dalla conseguente uscita dello stesso Miglio dalla Lega Nord.

Lo riproponiamo perché i nostri lettori possano giudicare, e commentare, cosa vi sia in esso ancora di attuale ed eventualmente di emendabile, o addirittura di non condivisibile, all’interno del dibattito su un eventuale movimento separatista avviato su L’Indipendenza.

 

In coda riproponiamo poi l’intervento che Miglio pronunciò pochi mesi, dopo in Senato, 17 maggio 1994,   nel dibattito sulla fiducia al primo governo Berlusconi, quando aveva già lasciato alla Lega.

Le previsioni su quanto sarebbe accaduto negli anni a venire sono di una drammatica lucidità, con la sola variante che il bicchiere di olio di ricino lo stiamo bevendo adesso, ma con davanti nessuna prospettiva…

 

 

IL DECALOGO DI ASSAGO

 

Il “Decalogo di Assago” è stato redatto da Gianfranco Miglio, con contributi dei collaboratori della Fondazione Salvatori ed è stato presentato ad Assago, il 12 dicembre 1993, al secondo Congresso della Lega Lombarda.

 

Art. 1 – L’Unione Italiana è la libera associazione della Repubblica Federale del Nord, della Repubblica Federale dell’Etruria e della Repubblica Federale del Sud. All’Unione aderiscono le attuali Regioni autonome di Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia.

 

Art. 2 – Nessun vincolo è posto alla circolazione ed all’attività dei cittadini delle Repubbliche Federali sul territorio dell’Unione. Tale libertà può essere limitata soltanto per motivi di giustizia penale.

 

Art. 3 – Le Repubbliche Federali sono costituite dalle attuali Regioni, sia a Statuto ordinario che speciale; le Regioni a Statuto ordinario gestiscono le stesse competenze attualmente attribuite alle Regioni a Statuto speciale. Plebisciti definiranno l’area rispettiva delle tre Repubbliche Federali.

 

Art. 4 – Ogni Repubblica Federale conserva il diritto di stabilire e modificare il proprio ordinamento interno; ma in ogni caso la funzione esecutiva è svolta da un Governo presieduto da un Governatore eletto direttamente dai cittadini della Repubblica stessa.

 

Art. 5 – La Dieta provvisoria di ogni Repubblica Federale è composta da cento membri, tratti a sorte fra i consiglieri regionali eletti nell’ambito della Repubblica medesima. Secondo la Costituzione definitiva la Dieta sarà eletta direttamente dai cittadini. Le Diete riunite formano l’Assemblea Politica dell’Unione. La funzione legislativa spetta esclusivamente ad un altro Collegio rappresentativo, formato da 200 membri, eletti da tutti i cittadini dell’Unione e articolato in una pluralità di corpi e competenze speciali.

 

Art. 6 – Il governo dell’Unione spetta ad un Primo Ministro, eletto direttamente dai cittadini dell’Unione stessa. Egli esercita le sue funzioni coadiuvato e controllato da un Direttorio da lui presieduto e composto dai Governatori delle tre Repubbliche Federali e dal responsabile del Governo di una delle cinque Regioni che per prime hanno sperimentato un’autonomia avanzata, cioè quelle indicate come Regioni a Statuto Speciale, che ruotano in tale funzione. Le decisioni relative al settore economico e finanziario, e altre materie indicate tassativamente dalla Costituzione definitiva, devono essere prese dal Direttorio all’unanimità.

 

Art. 7 – Il Governo dell’Unione è competente per la politica estera e le relazioni internazionali, per la difesa estrema dell’Unione, per l’ordinamento superiore della Giustizia, per la moneta e il credito, per i programmi economici generali e le azioni di riequilibrio. Tutte le altre materie spettano alle Repubbliche Federali ed alle loro articolazioni. Il Primo Ministro nomina e dimette i Ministri i quali agiscono come suoi diretti collaboratori; la loro collegialità non riveste alcun rilievo istituzionale. Il primo Ministro può essere deposto dal voto qualificato dell’Assemblea Politica dell’Unione.

 

Art. 8 – Il sistema fiscale finanzia con tributi municipali le spese dei Municipi medesimi. Il gettito degli altri tributi viene ripartito fra le Repubbliche Federali in funzione del luogo dove la ricchezza è stata prodotta o scambiata, fatte salve la quota necessaria per il finanziamento dell’Unione e la quota destinata a finalità di redistribuzione territoriale della ricchezza.

 

Art. 9 – Nei bilanci annuali e pluriennali dell’Unione delle Repubbliche Federali deve essere stabilito il   limite massimo raggiungibile dalla pressione tributaria e dal ricorso al credito sotto qualsiasi forma. Le spese dell’Unione, delle Repubbliche Federali, delle Regioni e degli Enti territoriali minori e di altri soggetti pubblici, non possono in alcun momento eccedere il 50% del prodotto interno lordo annuale dell’Unione. La Sezione economica della Corte Costituzionale è incaricata di vegliare sul rispetto di questa norma e di prendere provvedimenti anche di carattere sostitutivo.

 

Art. 10 – Le Istituzioni e le norme previste dalla Costituzione promulgata il 27 dicembre 1947, che non siano incompatibili con la presente Costituzione Federale provvisoria, continuano ad avere vigore, fino all’approvazione, con Referendum Popolare, della Costituzione Federale definitiva

 

 

 

DISCUSSIONE SULLA DICHIARAZIONE DI VOTO DI FIDUCIA AL GOVERNO BERLUSCONI, SENATO DELLA REPUBBLICA (ITALIANA), XII LEGISLATURA, 7A SEDUTA, 17 MAGGIO 1994.

 

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio designato, signori senatori, ho ascoltato con attenzione il discorso programmatico che lei, signor Presidente del Consiglio, ha pronunciato ieri e mi sono naturalmente soffermato sulla parte che più mi compete: mi riferisco a quella che riguarda le riforme istituzionali e la prospettiva relative alla struttura della Repubblica. Signor Presidente del Consiglio, debbo dirle subito che ne sono rimasto deluso e stupito: come può affermare Lei che l’Italia è una Repubblica “dotata di un forte sistema di autonomie locali e territoriali, radicate dai costituenti nella vita dei comuni?”. Tutti sanno che cosa pensano nel mondo gli esperti di questi temi: abbiamo un ordinamento nominalmente regionalista e, considerato che i “sistemi regionali” ormai agli occhi di tutti sono le maschere con cui i regimi centralizzati si proteggono, noi siamo proprio un esempio di questo genere. Lei auspica riforme che diano deciso stimolo a forme di autogoverno le quali discendano dallo spirito autonomista e “regionalista”: cioè lei insiste proprio su questo aspetto del regionalismo autonomista, che è il contrario delle vere libertà locali espresse negli ordinamenti federali. Tutti sanno che a questo punto si biforca la prospettiva fra autonomismo, copertura del centralismo, e federalismo che garantisce invece le libertà locali per il futuro con grande sicurezza. Naturalmente si capisce allora perché lei affermi di guardare “con rispetto e interesse” al dibattito federalista e dichiari di avere “attenta considerazione” per il dibattito sul federalismo. Signor Presidente designato, ho l’impressione che siamo in presenza dell’apparire di una specie di “culto delle reliquie”: come quello che caratterizza la cultura cattolica; il culto del “sacro chiodo”, il culto delle spine che hanno incoronato nostro Signore, e via di questo passo. Questo “culto delle reliquie” l’ho trovato già in mezzo ai miei ex amici della Lega Nord: invocazione di termini vaghi, che si riducono tutti alla parola e a niente più di questo. Questa è francamente una presa in giro. Si preannuncia così qualche ennesima riforma pseudo-federale che mascheri, come ho detto, il vecchio e il nuovo centralismo.

 

Perché, parliamoci chiaro, signor Presidente designato, lei in questo momento ha bisogno del massimo di centralizzazione. Se lei vuole conseguire qualcuno degli obiettivi che si è proposto e che ha introdotto nel programma della maggioranza, lei ha bisogno di uno spietato centralismo: se possibile anche qualche potere in più di quelli che già l’autorità centrale del Governo e gli organi della Repubblica hanno a disposizione. Perché lei, signor Presidente designato – l’ho già scritto ripetutamente – sta restaurando la prima Repubblica. Questa maggioranza e questo Governo costituiscono la restaurazione della prima Repubblica; la seconda Repubblica è ancora lontana, sfuma all’orizzonte con le sue probabili istituzioni e con il suo spirito.

 

Naturalmente qui si pone la domanda: dov’è andata a finire la componente “federalista” di questa maggioranza e di questo Governo, la componente rappresentata dalla Lega Nord? Per lunga frequentazione di quell’ambiente, io so che al vertice della Lega Nord le idee di federalismo, di Costituzione federale e via di questo passo, sono tutto meno che “chiare e distinte”; uso l’espressione cartesiana per velare evidentemente un giudizio che dovrebbe essere molto più pesante. Sono poco chiare, queste idee, ma non sono affatto oscuri gli obiettivi che il segretario della Lega Nord ha prescritto ai suoi Ministri in questo Governo. Tali obiettivi, tali istruzioni – che sono state riportate dalla stampa – integrano un progetto demenziale. Dice il segretario: opereranno “in modo federale”, cioè si comporteranno come se vivessero in un sistema già federale. Lui non lo sa, ma questa è la prospettiva che i tecnici, studiosi delle Costituzioni federali, chiamano “federalismo processuale”. In cosa consiste il federalismo processuale? Consiste, appunto, in ciò: che nella pratica ci si comporta, di fatto, come se esistessero le istituzioni federali. Quegli specialisti che ho citato affermano inoltre che un’impresa del genere – molto rara nella prassi legalitaria delle Costituzioni e degli ordinamenti politici, al di fuori dell’ipotesi, naturalmente, di una situazione rivoluzionaria – per funzionare presuppone alcuni elementi indispensabili. Prima di tutto ci vuole un sistema politico che non sia fortemente centralizzato; poi ci vuole una “intenzione federale” diffusa in tutto il paese; e, infine, ci vuole la rapida attuazione di una vera Costituzione federale, in cui quei comportamenti, quelle procedure federali, confluiscano e si plachino. Sappiamo però che tutto questo nel nostro paese non c’è. Abbiamo invece un sistema politico tra i più accentrati, e non c’è in atto assolutamente una cultura federale.

 

Questa è la tragedia di tutti i federalisti, come me, oggi in Italia. Non esiste una cultura federale, a nessun livello, e la rapida attuazione di una Costituzione federale appare di là da venire. Che cosa accadrebbe se i Ministri della Lega Nord si comportassero secondo il modello “federale processuale” sollecitato dal loro Segretario? Si avrebbe un totale dissesto del sistema istituzionale. Le impedirebbero di governare, signor Presidente, frenerebbero l’azione degli altri Ministeri, creerebbero, in altri termini, una situazione gravissima di paralisi dell’azione amministrativa. E tutto questo verrebbe praticato, ahimè, sulla pelle dei cittadini, delusi nelle loro attese di quello che Lei chiama il “buon governo”. E ne verrebbe un tale sconcerto, che poi, per vent’anni, in questo paese non sì potrebbe più parlare di federalismo.

 

Ancora una volta qui, come ho avuto modo ripetutamente di indicare e sottolineare, il federalismo si rivela un alibi, lo strumento per conseguire e gestire il problema del puro potere. In modo particolare questi Ministri, destinati ad agire federalmente, sono, signor Presidente designato, altrettante mine sotterrate sotto il percorso che lei dovrà seguire. E l’uso strumentale dei propositi di riforma è la sola cosa chiara di questo demenziale progetto di “federalismo processuale”. Si dirà che c’è il Ministro delle riforme istituzionali per preparare il quadro in cui calare rapidamente i comportamenti processuali sollecitati. Ma si tratterebbe di un lavoro immane, di un impegno che nessuno potrebbe assolvere. Io che passo per essere, anche a livello internazionale, uno dei maggiori conoscitori dei sistemi federali, non mi sarei assolutamente sentito sicuro di garantire prospettive e risultati di questo genere. Io stimo molto ed ho amicizia per il senatore Speroni; ma non vedo proprio dove egli possa procurarsi la competenza, l’autorevolezza, le relazioni che gli mancano. Comunque, anche se le avesse, la prospettiva, nel contesto in cui noi ci troviamo ad operare, è una prospettiva assolutamente negativa. Quel dicastero resterà perciò una malinconica “scatola vuota”.

 

Anche perché i tempi diventano sempre meno favorevoli al federalismo, pure a livello internazionale. Maastricht ha seppellito l’ideale di un’Europa federale. Sta rinascendo un’Europa di ringhiosi stati nazionali quale abbiamo sempre avuto e che ci ha già portato alle due terribili guerre del nostro secolo. Questa prospettiva, su cui avrò modo di intervenire in altra occasione, ci fa capire che, in questa congiuntura vincono loro, i nazionalisti (il senatore Miglio indica i banchi di Alleanza Nazionale). Per qualche anno i nazionalisti condizioneranno e domineranno la politica estera europea, e quindi anche la politica italiana. Poi naturalmente pagheremo tutti un conto terribile, perché – a parte l’eventualità, che io ho già prospettato in alcuni miei scritti, di un collasso dell’Europa se essa rimarrà fondata sulla base degli Stati nazionali – l’impossibilità, per lo Stato nazionale, di gestire le esigenze e i bisogni del mondo in cui ci stiamo inoltrando, si tradurrà in riforme angosciose, traumatiche, che dovranno essere realizzate “sul tamburo” per cambiare l’assetto dello Stato.

 

Signor Presidente designato, ovviamente io non desisterò dal mio lavoro e dalla costruzione del mio modello di Costituzione federale. Continuerò, ma lo farò da studioso privato. Continuerò a stare in Senato per divertirmi ad “infìlzare” sciocchezze e le cose sbagliate che mi vedrò proporre. Agirò da privato, e conto entro ottobre di offrire all’opinione pubblica un modello completo di Costituzione federale per l’Italia, che tenga conto di tutte le varianti possibili. Soprattutto chiarirò come si fa a sceverare ciò che è veramente una Costituzione “federale”, da quelle riforme che invece potrebbero soltanto mascherare ordinamenti sostanzialmente centralizzati ed autoritari. Non è qui presente il ministro Maroni: volevo domandargli se davvero crede che nella congiuntura che ho descritto io sarei disposto a presiedere la eventuale commissione governativa incaricata di preparare lo schema di una nuova Costituzione: è un’ingenuità che non mi sarei proprio attesa. Ma in fondo, chi la pensa come me, che cosa dovrebbe fare? Certo, ci fosse una seria alternativa, che dovrebbe venire da quella parte ( il senatore Miglio indica i banchi della sinistra), allora ci sarebbero possibilità di scelta. Io ho seguito le polemiche in cui è stato coinvolto anche il mio amico Cacciari a proposito del programma della sinistra, e mi consentano i colleghi della sinistra di rivolgermi a loro. Prestissimo voi assisterete alla restaurazione, in questo paese, dello Stato assistenziale, per tutta una serie di ragioni che scavalcano i buoni propositi di economia liberista e di mercato; quindi non troverete più un motivo ideologico sul terreno della “socialità”; avrete – come ho scritto su Micromega alcuni mesi fa – una prospettiva valida nella questione delle grandi riforme costituzionali. Se voi batterete questa strada, diventerete un’alternativa valida per la vita politica di questo paese.

 

Ma in queste condizioni, dicevo, che cosa fare? In coerenza con quanto le ho detto, signor Presidente designato, io dovrei oscillare tra l’astensione e il voto contrario. E invece no, voto a favore, un po’ ironicamente, perché non vedo alcuna altra alternativa disponibile, ma soltanto la possibilità di accelerare il processo in corso. Signor Presidente designato, non credo purtroppo nella vitalità e nella durata del suo esperimento; ma credo che si debba pensare al “dopo”, a quello che verrà dopo. Più in fretta facciamo ad attraversare questo periodo, meglio sarà. Vale a dire: se devo bere un bicchiere di olio di ricino, preferisco berlo subito, in modo che poi non ci penso più.

 

Fonte: visto su L’indipendente del  17 maggio 2013-

Link: http://www.lindipendenza.com/miglio-il-decalogo-di-assago-e-il-federalismo-come-alibi/

 

 

Un Commento a “DECALOGO DI ASSAGO CHE MIGLIO RPEFERIVA CHIAMARE “BREVIARIO””

  1. La Macroregione, come araba fenice, e l’Euroregione, come da cacata carta | Nusquamia scrive:

    […] E adesso, dopo aver prestato orecchio ai vaneggiamenti della Serracchiani e ai proclami bobomaroniti, tutta roba da far venire il latte alle ginocchia, passiamo a cose serie. L’immagine qui sopra illustra il progetto redatto dal professor Miglio nel Decalogo di Assago (1993), del quale possiamo leggere il testo facendo clic sul nesso ipertestuale: Il Decalogo di Assago che Miglio preferiva chiamare “breviario”. […]

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