Ott 01 2016

IL PATRIO FETICCIO. UN PO’ MASSONE, UN PO’ FASCISTA, UN PO’ DI SINISTRA

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 00:09

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di GILBERTO ONETO

 

Il più sacro gingillo del patriottismo italiano è il tricolore.

Se ne occupano trepidanti un articolo della Costituzione, due articoli del Codice Rocco e una mezza dozzina di leggi e regolamenti. Ci raccontano che è nato a Reggio Emilia il 7 gennaio del 1797 ma già almeno l’anno prima un accalorato giacobino bolognese lo aveva usato a mo’ di coccarda: in realtà il suo impiego ufficiale come simbolo di italianità risale solo al 1848.

 

È una mistificazione sostenere che prima di quella data fosse un segno riconosciuto da tutti i patrioti e che significasse qualcosa di somigliante all’idea di Italia, e anche dopo qualche piccolo problema ce l’ha avuto almeno per una dozzina di anni. Nella legge fondamentale dello Stato italiano è però entrato solo nel secondo dopoguerra.

 

Ma andiamo con ordine. Non è vero che fosse la bandiera dei giacobini italiani. Fra il 1797 e il 1814 è stata formata nella  penisola italiana una miriade di staterelli (fra Repubbliche, Principati e altro) che faceva riferimento alla Repubblica o all’Impero francese, e cioè al giacobinismo e al bonapartismo. Di almeno 24 di questi conosciamo la bandiera usata e, siccome alcuni di loro l’hanno modificata nel tempo o ne hanno usati più modelli contemporaneamente, si ha documentazione di 31 diverse bandiere. C’è di tutto un po’.

 

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Set 20 2016

“LA LETTERA DI GARIBALDI A COLLODI”: MI CHIAMO JOSEPH MARIE GARIBALDI’ E, CONTRARIAMENTE, A QUANTO PENSANO MOLTI, SONO E MI SENTO FRANCESE.

 

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Et Voilà!! Garibaldi si confessa!!

 

“LA LETTERA DI GARIBALDI A COLLODI” NEL ROMANZO “LE CONFESSIONI DI JOSEPH MARIE GARIBALDI'” DI FRANCESCO LUCA BORGHESI

 

Quella che stiamo per pubblicare è la “lettera scritta” da Giuseppe Garibaldi, o per meglio dire Joseph Marie Garibaldi, che pochi giorni prima di morire inviò al professor Carlo Lorenzini, meglio conosciuto come Carlo Collodi.

E’ tratta dal romanzo “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldì“, di Francesco Luca Borghesi. (2014)

 

Giuseppe Garibaldi, qualche giorno prima di morire, scrive una lunga lettera allo scrittore Carlo Lorenzini, noto come Carlo Collodi, l’autore di Pinocchio.

Si dichiara francese, a partire dal nome, Joseph Marie Garibaldì (accento sulla i finale), e mostra rimorso verso tutte le ingiustizie che vennero perpetrate nel nome di un’Italia che mai venne ad essere una nazione unita.

Una storia non agiografica, che si discosta in modo deciso dalle versioni ufficiali sull’Unità d’Italia e la Spedizione dei Mille.

Una interpretazione degli eventi che getta una luce nuova, che costringe a riflettere su un revisionismo che, se non stridesse con gli interessi attuali, sarebbe degno di esami e valutazioni oggettive. Il nostro, spogliatosi della veste d’eroe, chiede giustizia alle vittime tramite Collodi, confessandosi ad uno dei parlamentari del nuovo Stato unificato.

La giustizia potrà essere dunque una meticolosa ricostruzione di ciò che fu e che non doveva essere. La storia chiede giustizia.

 

 

 

«Illustrissimo professore Carlo Lorenzini,

 

Scrivo con rispetto e gratitudine a Voi che decideste di farmi cosa grata riportando le mie memorie al popolo di una penisola che mai amai come avrei potuto, che mai difesi come avrebbe meritato.

 

Una penisola che non fu mai e mai sarà la mia patria.

 

Una penisola meravigliosa che io non solo non unificai, se non unicamente al nome, ma che addirittura divisi, e, per mia colpa, divisa sarà per sempre.

 

[…] codesto giorno, trentuno maggio ottantadue del secolo milleottocento, sono a ricordare la mia vita trascorsa, in attesa che venga definitivamente compiuto il mio destino […] forse non temo neppure: diciamo che attendo che presto sia fatta giustizia e chi mai può sapere se dopo la morte vi sarà giustizia?!

 

Voi infatti penserete che io sia felicemente italiano: se così fosse le sorprese non vi mancheranno.

 

Se vi aspettavate un patriota, troverete un avventuriero.

 

Se vi aspettavate un probo, troverete un dissoluto.

 

La spedizione dei mille fu realmente la più vile porcata che il suolo della penisola possa aver mai vissuto e, a questo punto, spero che mai sia costretta a rivedere.

 

La mia vita era rivolta alla ricerca di fama e ricchezza: mi venne in mente di unificare l’Italia in quanto sarei potuto diventare potente e ricco.

 

Cercai appoggi, soldi e falsi ideali su cui far leva e trovai qualcuno che, dopo avermi usato, mi mise da parte.

 

Diciamo subito e senza giri di parole: il patriottismo in Italia non è mai esistito.

 

Mi ricordano tutti come il patriota Giuseppe Garibaldi, ma queste sono voci, magari leggende, ma certamente menzogne.

 

Mi chiamo Joseph Marie Garibaldi e, contrariamente, a quanto pensano molti, sono e mi sento francese.

 

[…] l’Italia del Nord depredò Italia del Sud con atti di ferocia tale che mai potrà essere cancellata ed ancora accade mentre sto scrivendo…».

 

 

Sono passati 154 anni, accade ancora oggi…

 

 

 

 

Fonte: Ferdinando Guarino – Napolistyle.it

Link: http://www.napolistyle.it/notizia/13123/cultura/la-lettera-di-garibaldi-a-collodi-nel-romanzo-le-confessioni-di-joseph-marie-garibaldi-di-francesco-luca-borghesi.html

 

 

 

L’autore

Francesco Luca Borghesi, classe 1969, originario di Marina di Ravenna da parte di padre, croato da parte di madre. Scrittore prevalentemente comico ha vinto il premio “Massimo Troisi” nel 2008 per il miglior racconto. Nel 2009 esce, edito da Comix, il racconto “Un giorno – ventiquattrore”. Nel 2010 viene pubblicato il libro umoristico e dissacrante “Comicamore”, edito da Cento Autori. Alla fine dello stesso anno viene presentato a Roma, per le edizioni Liux il libro comico “Il Professore”. Nel 2011 collabora al testo di Tito Buffolini per Rocco Barbaro “Che fine ha fatto Pete Best?”. Nel 2012 pubblica “Didi, la storia di Marina”. Collabora con alcune radio. Nel 2014 pubblica “Le confessioni di Joseph Marie Garibaldi”

 


Set 08 2016

LA STIRPE ROMANA: LE RADICI DEGLI ITALIANI

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 06:45

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Il 21 aprile 753 avanti Cristo è il giorno in cui, secondo la tradizione, veniva fondata Roma.

 

È vero che su questa data, fin dall’ antichità sono stati sollevati molti dubbi ed essa rappresenta piuttosto un giorno simbolico: il Versacrum, la festa della primavera, dal vigoroso risveglio della natura e del rinnovarsi della vita.

Addirittura qualcuno, anagrammando il nome di Roma, ha scoperto che significa Amor, amore. Ma è più facile che questo nome fatidico derivi da un arcaico «Stroma», cioè la città del fiume.

Ed è questa la tesi che ci convince di più, data anche la grande importanza del Tevere per i popoli di queste zone.

 

Per quanto riguarda l’anno di fondazione di Roma, esiste ancor più incertezza.

Da un insediamento permanente, anche in epoca anteriore alla data convenzionale, si sviluppa il primo nucleo della città.

E’ probabile che in questa epoca si siano completati degli accordi fra tribù che permisero un’intesa permanente fra le popolazioni stanziate sul Palatino e quelle del Quirinale che avevano creato la loro roccaforte sul Campidoglio.

Non è da escludere che nel frattempo gruppi etruschi si fossero già stabiliti sulle rive del Tevere nei pressi dell’isola Tiberina e nella zona del Foro, dove già nell’antichità c’era una strada che faceva riferimento preciso agli artigiani etruschi del luogo.

 

Ma come appariva, anche fisicamente, questa popolazione romana che nell’VIII secolo avanti Cristo si trovava probabilmente in via di formazione?

 

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Ago 12 2016

MASSACRO DI PONTELANDOLFO. UNA LETTERA INEDITA DEL 1861: “PERIRONO 13 PERSONE”

Category: Italia storia e dintorni,Regno delle Due Siciliegiorgio @ 00:12

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Dipinto strage Pontelandolfo

 

di Giancristiano Desiderio

 

Una lettera datata 3 settembre 1861 getta nuova luce sui tragici fatti di Pontelandolfo, Campolattaro e Casalduni.

L’autrice della lettera è D. Carolina Lombardi, originaria di Pontelandolfo, sposata con don Salvadore Tedeschi, speziale in Compolattaro. La missiva è indirizzata a don Angelo Lombardi, parroco di Sant’Agostino in Roma, che della scrivente era lo zio.

 

L’importante documento è stato pubblicato sulla rivista Frammenti del Centro culturale per lo studio della civiltà contadina nel Sannio Campolattaro.

Annibale Laudato, che ha rintracciato la lettera nel carteggio del sacerdote Benedetto Iadanza, illustra con rigore il documento nel saggio “Ragguaglio dell’accaduta triste disgrazia di Pontelandolfo e Campolattare” dell’agosto 1861. Giova fare un’osservazione: le ricerche e gli scritti più seri e documentati sui tragici avvenimenti di Pontelandolfo, Casalduni e Campolattaro sono di autori locali che hanno avuto la pazienza dello studio e della filologia, mentre altre firme hanno espresso giudizi più che definitivi senza avere la necessaria documentazione.

 

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Ago 03 2016

I VINTI DEL RISORGIMENTO: UN LIBRO DAGLI ARCHIVI DEI BORBONE. STRAGI E MANEGGI DEI SAVOIA

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Di SILVIA GARBELLI –

 

Di taglio storiografico revisionistico, questo libro affronta il fenomeno risorgimentale da un punto di vista meridionalistico.

Si tratta, infatti, della situazione creatasi nel Regno delle Due Sicilie a causa del processo della cosiddetta “unificazione italiana” esattamente tra gli anni 1860 e 1861. Il periodo preso in considerazione è dunque breve, ma la trattazione degli avvenimenti è intensa e avvincente come nelle migliori ricostruzioni storiche. A dispetto delle consuete litanie italopatriottarde, l’autore ci propone una lettura veritiera di quanto forzata e forzosa è stata l’unione degli Stati Preunitari e cosa abbia comportato nella vita della sua dinastia, i Borbone e a quella dei suoi sudditi.

Nell’introduzione, l’autore auspica la necessità di fare chiarezza affinché si affermi la verità dei fatti accaduti, proprio a fronte della consapevolezza della menzognera storiografia ufficiale ancora presente in gran parte degli attuali libri in uso nella scuola italiana.

 

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Ago 02 2016

LA GRANDE GUERRA, CATASTROFE ITALIANA. LO STUDIOSO INGLESE THOMPSON: GENERALI INCAPACI, MANDARONO AL MASSACRO LE TRUPPE.

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Pochi passi  e si veniva colpiti 

 

L’altissimo prezzo pagato dal nostro Paese ( un milione di vittime), il caos politico, l’avvento del fascismo

 

«Fermatevi! Ritornate indietro! Non spareremo più. Volete morire tutti?»: durante la Grande Guerra capitò almeno una mezza dozzina di volte che i soldati austriaci fecero tacere le mitragliatrici, con cui avevano appena fatto facile strage dei soldati italiani mandati avanti allo sbaraglio, per spronare al dietrofront i nemici superstiti che arrancavano tra i cadaveri dei commilitoni.

«Non ho trovato testimonianze di scene simili su nessun altro fronte bellico», sottolinea lo storico inglese Mark Thompson in un nuovo, poderoso libro dove racconta dalla prospettiva italiana «una delle più disperate e insensate guerre moderne» presentando in una luce particolarmente sinistra il vanaglorioso generale Luigi Cadorna, a capo delle forze armate tricolori fino al tracollo di Caporetto.

In «The White War», appena pubblicato a Londra dalla casa editrici Faber and Faber, Thompson si dà una missione: demolire una volta per tutte la pervicace mitologia patriottarda – alimentata ad arte soprattutto dal fascismo e tuttora aleggiante nella Penisola – che fa della partecipazione italiana alla «Great War» una specie di eroico, epico prosieguo delle guerre risorgimentali per l’indipendenza.

 

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Lug 04 2016

IL MISTERO BUFFO DELLE METAMORFOSI DI DARIO FO

Category: Italia storia e dintorni,Persone e personaggigiorgio @ 01:04

 

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Dario Fo ( indicato dalla freccia) ritratto ritratto alla scuola di paracadutisti di Tradate con alcuni camerati (archivio Nino Arena)

 

Scritto da Michele Brambilla:

 

In un mondo di voltagabbana, e nel giorno in cui Follini vota con Rifondazione, conforta sapere che c’è un hombre vertical come Dario Fo. Siete depressi perché ci sono troppe banderuole? Leggetevi l’autobiografia che il nostro premio Nobel ha appena pubblicato da Guanda, Il mondo secondo Fo, e troverete consolazione e ristoro.

 

A ottant’anni suonati Dario Fo ci consegna il racconto di una vita esemplare e tanti buoni propositi. «Ho ancora molto da fare: la battaglia per un mondo migliore, per un pianeta meno violento, per una città più a misura di uomo e di natura…» e via di questo passo fino – ça va sans dire – alla liquidazione di Berlusconi («Un giorno si troverà in mutande e bandana ad arrancare tutto solo») e all’impegno «per cercare finalmente di mettere a segno un buon governo, o almeno un governo decente».

 

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Giu 26 2016

LE METAMORFOSI POLITICHE: RANUCCIO BIANCHI BANDINELLI:

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Alla sinistra di Hitler (per chi guarda la foto) vediamo la guida ufficiale, con una impeccabile urbace fascista nera propria di una persona di alto rilievo nella monenclatura mussoliniana, di quella memorabile visita che segnò l’inizio dell’inesorabile rovina dell’Italia attraverso i patti scellerati con la Germani nazista.

 

Quel giovanotto altezzoso vestito con l’urbace nera completa di fez, e con la mandibola preparata a copia del capo (Benito) è l’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli.

 

Uno dei tanti che verso la fine della guerra si convertì all’antifascismo.

 

Nella discussione sui mandanti dell’omicidio Gentile verso il 1944, era stato fatto il nome anche di Bianchi Bandinelli, sulla base di una testimonianza resa nel 1981 dallo scrittore Romano Bilenchi allo storico Sergio Bertelli, secondo la quale la decisione sarebbe stata presa in una riunione ristretta a cui avrebbe partecipato anche l’archeologo.

 

Dopo la fine del conflitto Fece parte del comitato centrale del Partito Comunista Italiano ebbe incarichi di grande rilievo nell’ambito archeologico, sempre appoggiato dal suo nuovo partito.

 

La voce che commentava il film Luce della visita di Hitler a Roma, da dove è tratta la foto, era di Vittorio Veltroni padre di Walter.

 

Fonte: da Luigi Pellini

Link: http://luigi-pellini.blogspot.it


Mag 02 2016

ARRIGO BOLDRINI VISTO DALL’ALTRA PARTE: MA QUALE EROE…

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Bulow: il 14 febbraio del 1945, insignito dal generale Richard McCreery, comandante dell’VIII Armata, della Medaglia d’oro al valor militare.

 

 

Giunti a Codevigo a fine aprile del ’45 al seguito degli angloamericani, i partigiani di Arrigo Boldrini, detto “Bulow” provvedono a rastrellare nelle zone limitrofe centinaia di fascisti che verranno poi seviziati e massacrati a gruppi lungo le rive del Brenta e del Bacchiglione- La stragrande maggioranza degli uccisi sono operai e braccianti agricoli ravennati colpevoli unicamente di aver aderito alla RSI – Le bestiali esecuzioni della maestra Corinna Doardo e di Mario Bubola, orrendamente seviziato solo perché figlio del podestà fascista del paese. – Nel dopoguerra si parlerà di trentacinque persone uccise in una decina di giorni – In seguito Arrigo Boldrini verrà eletto parlamentare del PCI, presidente dell’Associazione nazionale partigiani e gli verrà conferita dagli inglesi la medaglia d’oro al valor militare

 

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Mag 01 2016

BERGAMO: L’ECCIDIO DI ROVETTA

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Passo della Presolana, albergo Franceschetti

 

 

Un plotone della 6° Compagnia del II Battaglione, Legione “Tagliamento” della R.S.I stanziata nell’Albergo Franceschettì era di presidio presso il Passo della Presolana (prov. Bergamo).

Erano in tutto una cinquantina di militari, tutti giovani volontari dai 15 ai 22 armi, comandati dal Sottotenente Roberto Panzanella, fiorentino, ventiduenne.

 

Alla notizia del crollo, il 26 aprile 1945, i 47 militari si mossero per raggiungere la valle ed arrendersi ai reparti alleati. Durante il trasferimento, tre di essi abbandonarono il reparto e così solo in 47 raggiunsero Rovetta, dove trattarono la resa con il Presidente del C.N.L. locale, già Maggiore del Regio Esercito, che garantì la vita di tutti.

I militi deposero le armi e furono sistemati nei locali delle Scuole Comunali vigilati da sentinelle armate del C.N.L. .

Il 27 successivo giunse a Rovetta due camion di partigiana comunisti i cui comandanti dimostrarono subito l’intenzione di sopprimere i prigionieri.

Il CLN locale dopo aver tergiversato propose di interpellare un ufficiale inglese che era stato paracadutato nell’autunno precedente al Lago Nero, sopra Gromo e che era rimasto in montagna con la formazione di “Lanfranchi”, veterinario di Lovere.

Il “Mohikano”, che era il nome di battaglia dell’ufficiale nemico al secolo Paolo Poduje, istriano al soldo dei servizi segreti britanntale, disinteressandosi della sorte dei prigionieri, rispose: “fatene ciò che volete”.

Queste parole praticamente furono la condanna a morte del Plotone di legionari. Uno dei prigionieri, Ferdinando Caccioli, riuscì comunque fuggire, altri tre furono salvati per la loro giovanissima età.

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Apr 27 2016

SASSUOLO, UNA STRAGE INEDITA. UNA DELLE TANTE STRAGI EFFETTUATE DAI PARTIGIANI CENSURATA DALLE ISTITUZIONI

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Sassuolo – Una delle tante stragi effettuate dai partigiani nel dopoguerra, totalmente censurata dalle Istituzioni e dagli organi d’informazione “democratici”, di Modena e Reggio.

 

SASSUOLO UNA STRAGE INEDITA

 

A Sassuolo, nel tardo pomeriggio del 23 aprile 1945 cessavano gli ultimi combattimenti tra tedeschi, che s’andavano addossando sulla sponda del Secchia nel tentativo di attraversarlo, e Alleati che premevano da Sud. I partigiani, moltiplicatisi negli ultimi mesi, si cimentavano alla caccia di tedeschi in fuga e lo testimonierà Ermanno Gorrieri, il partigiano Claudio: “Parte di coloro che impugnavano le armi contro i tedeschi in fuga, erano persone che non avevano praticamente mai fatto niente o quasi niente nel movimento di Resistenza. Non a caso la gente, più tardi li chiamerà ‘i partigiani della domenica’ o ‘del lunedì’ – a seconda della zona – cioè i partigiani entrati in azione solo il giorno della liberazione”. Ma il comandante Claudio dirà anche che “sarebbero esplosi odii e vendette, insanguinando ancora una volta la terra emiliana”.

 

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Feb 25 2016

QUANDO NELL’ ITALIA DEL NORD VI FU LA DITTATURA DEL PROLETARIATO

Category: Italia storia e dintornigiorgio @ 00:10

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 Lenin

 

Dopo la prima guerra mondiale nelle province del nord, le “camere del lavoro socialiste” avevano praticamente preso il potere sulla popolazione e, in una condizione di generale assenza dello stato, si stabilì una vera e propria dittatura del proletariato.

 

Questa dittatura interessava la vita sociale ed economica del paese. Chi non si sottometteva alla logica dei socialisti incorreva in multe, taglie e nel BOICOTTAGGIO.

 

Dopo la guerra infatti le leghe socialiste avevano preso totale controllo degli uffici di collocamento che divennero uffici di collocamento di classe: questi, abbandonato l’antico sistema contrattuale, imponevano ai datori di lavoro l’assunzione di operai avventizi indipendentemente dalla effettiva richiesta di manodopera, mentre i lavoratori potevano ottenere lavoro solo iscrivendosi alla lega stessa.

 

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Gen 31 2016

NOI SICILIAMO NON DIMENTICHIAMO LA SPEDIZIONE DEI MILLE

Category: Italia storia e dintorni,Regno delle Due Siciliegiorgio @ 00:01

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Gli Indipendentisti di “Lu Frunti Nazziunali Sicilianu” ricordano che nella notte fra il 5 ed il 6 maggio del 1860 partì da Quarto (Genova) la cosiddetta “spedizione dei Mille” guidata da Giuseppe Garibaldi.

 

I “Garibaldini” usarono due grossi piroscafi, il “LOMBARDO” ed il “PIEMONTE”, acquistati dalla Compagnia Rubattino e profumatamente pagati dal Governo di Torino (Capo del Governo: Camillo BENSO Conte di CAVOUR).

 

Patrocinatore dell’operazione il Re Vittorio Emanuele II. “Mandante” e tutore dell’iniziativa superpatriottica fu il Governo BRITANNICO.

 

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Gen 19 2016

GLI EROI DEL RISORGIMENTO CONTRO IL RISORGIMENTO

 

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Giuseppe Garibaldi

 

 

Le celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia sono state, oltre che inutili, persino dannose perché hanno omesso come al solito di ricordare all’opinione pubblica le accorate disillusioni di alcuni dei più famosi eroi risorgimentali sull’esito del processo unitario. Ricordiamone solo alcune.

 

Nel mio post Il giudizio di Garibaldi sull’Italia unita: il ritratto dell’Italia di oggi[1] ho riportato il giudizio dell’”Eroe dei due Mondi” espresso nel 1880, e riferito da Giordano Bruno Guerri nel suo libro Il sangue del Sud:

 

«Tutt’altra Italia io sognavo nella mia vita, non questa miserabile all’interno e umiliata all’estero e in preda alla parte peggiore della nazione».

 

Nel 1868, lo stesso Giuseppe Garibaldi, in una lettera a Adelaide Cairoli, si era già espresso nel modo seguente:

 

«Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Sono convinto di non aver fatto male, nonostante ciò, non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio»[2].

 

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Gen 14 2016

UNITA’ D’ITALIA: DICIAMO LA VERITÀ

Category: Italia storia e dintorni,Regno delle Due Siciliegiorgio @ 06:12

 

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AMO LA MIA PATRIA.

 

Ma non come è stata fatta

da una ristretta cerchia d’intellettuali distanti dal popolo,

combattuta da potenze straniere

ai danni di un sud depredato e violentato

 

di Gianfredo Ruggiero

 

 

Nella prima metà dell’800 l’Italia centro settentrionale era divisa in una moltitudine di statarelli arretrati e in profondo ritardo sulla rivoluzione industriale che, partendo dall’Inghilterra, stava cambiano il volto dell’Europa.

Nel sud d’Italia la situazione era molto diversa.

Il meridione, dopo essere stato faro di civiltà con la Magna Grecia prima e la Roma Imperiale poi, attraversò un periodo di decadenza causato dalle continue dominazioni straniere e le successive vessazioni dei vicerè spagnoli.

 

La rinascita del sud avvenne nel 1816 con la costituzione del Regno delle Due Sicilie, uno Stato italiano del tutto indipendente retto da sovrani italiani che riprese il cammino di modernizzazione e di progresso culturale avviato da Federico II, il più grande imperatore che l’Italia abbia mai avuto dai tempi di Roma.

 

Sotto la dinastia dei Borboni (a tutti gli effetti napoletani) fu avviata la riorganizzazione delle amministrazioni locali cui fu data ampia autonomia (antesignana del federalismo municipale con cui oggi si baloccano i leghisti), fu dato grande impulso all’industria sia metallurgica che cantieristica, all’agricoltura, alla pesca ed anche al turismo, segno di un diffuso benessere.

 

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