Mag 01 2019

25 APRILE 1945: SCOPPIO DEL FORTE DI CORRUBBIO

 

Sulla destra si vede l’entrata di Villa De Stefani, in fondo al centro la chiesa di San Martino scoperchiata e sulla sinistra i resti di Villa Banda: sopravvive solo la torre colombara circolare e ruderi del muro di cinta.

 

A Corrubbio di Negarine, sotto la collina di Sausto, fin dai tempi antichi furono scavate diverse cave in galleria per estrarre roccia calcarea a nummoliti, la cosiddetta “pietra gallina”, di color giallastro, molto utilizzata ai tempi come materiale da costruzione. Una di queste, abbandonata dal primo dopoguerra, venne utilizzata dall’Esercito Italiano, a partire dal 1938, per lo stoccaggio di armi chimiche e come deposito di carburante. Venne chiamata “Forte Cedrare”, dall’omonima villa ubicata poco più a sud, così chiamata per la presenza di tre grandi cedraie settecentesche, oggi non più visibili.

 
Dopo l’8 settembre 1943 la polveriera venne occupata dai tedeschi, che in quei giorni si stanziarono in maniera massiccia in tutta la zona, utilizzando strutture come Villa Amistà, Villa Giona e Villa Betteloni come sede di comandi. Durante la loro presenza, i tedeschi riempirono il “Forte” con munizioni e materiale bellico di ogni tipo.

 

Via Cedrare vista dalle scuole elementari. Sul retro delle abitazioni si vede il cratere lasciato dall’esplosione.

 

Negli ultimi giorni della guerra, le truppe tedesche erano in ritirata e allo sbando più totale, incalzate dalle truppe alleate (americani e britannici) che dopo la caduta di Bologna del 21 aprile dilagarono rapidamente per tutta la pianura padana. Nonostante il clima di generale confusione, venne dato l’ordine da Berlino di far saltare tutti i depositi di esplosivo che si trovavano sul territorio della Valpolicella, per paura che cadessero in mano alleata. Oltre a Corrubbio, anche altre polveriere erano presenti sul territorio, come quelle di Gargagnago e di Avesa.

 

La collina di Sausto dopo lo scoppio.

 

La notte del 25 aprile, intorno alle ore 22.30, il “Forte” venne fatto scoppiare con tutto il suo contenuto. L’esplosione fu tremenda e in tutta la Valpolicella venne percepita come un terremoto. Mezza collina, per un fronte di circa 100 metri, una profondità di 80 metri ed un’altezza di circa 30 metri (240 mila metri cubi di roccia) saltò per aria. Seguì una tempesta di macigni e poi una nuvola nera, e una pioggia di polvere e sassi che durò per giorni. Corrubbio venne quasi rasa al suolo, morirono 28 civili e 7 militari tedeschi identificati, più parecchi soldati tedeschi seppelliti in fosse comuni e non identificati. Una donna venne uccisa dalla caduta di un masso a Settimo di Pescantina, due chilometri a sud dello scoppio. Una delle più antiche ville a portico e loggia della Valpolicella, Villa Banda, venne distrutta.

 

Veduta da Sausto verso Corrubbio dopo lo scoppio. L’edificio che si vede al centro quasi integro è la scuola elementare.

 

Le testimonianze raccontano che la popolazione era stata avvertita poche ore prima dagli stessi tedeschi che il deposito sarebbe stato fatto saltare. Si narra, infatti, che il rapporto tra occupati e occupanti fosse sempre stato buono, basato sul reciproco rispetto. I militari tedeschi aiutavano la gente del posto nella vendemmia e in altre incombenze, le donne del paese lavavano e stiravano le loro divise e cucinavano per loro. Ci furono delle vittime civili probabilmente perché alcuni non vollero abbandonare le loro proprietà e le loro cose, o perché l’allarme non fu preso veramente sul serio: era infatti quella di Corrubbio una zona dove il suono delle sirene era all’ordine del giorno, data la vicinanza alla ferrovia del Brennero e quindi la forte esposizione a possibili bombardamenti.

 

All’inizio della strada in salita per Sausto.

 

Oggi, un monumento posto al centro della piazza principale del paese, ricorda il tragico evento. Nel 2008 la popolazione venne insignita della Medaglia di bronzo al merito civile, per aver offerto “un’ammirevole prova di generosa solidarietà, prodigandosi nel recupero delle salme e nel soccorso dei feriti, dando un nobile esempio di spirito di sacrificio e di amor patrio”.

 

Veduta dello scoppio dalla storica Osteria “Al fischio”, che si trovava sulla strada per Castelrotto, 100 metri dopo Villa Amistà.

 

BIBLIOGRAFIA: L. Ferrari – C. Battistella, La luna si oscurò, 2009.
FOTO: gentile concessione di Giuseppe Galvani

 

Fonte: da  Facebook  CTG Valpolicella Genius Loci

Link: https://www.facebook.com/ctgvalpolicellageniusloci/posts/10155316345651825

 

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