Giu 08 2012

COLOGNALA AI COLLI: ASPETTI STORICO ABITATIVI DEL MONTE CASTEGGIONE (IL CASTEJON DI COLOGNOLA AI COLLI)

NOTA  PRELIMINARE CONCERNENTE ALCUNI ASPETTI INSEDIATIVI RELATIVI AL NUCLEO ABITATIVO DI ETÀ PROTOSTORICA – STORICA DI MONTE CASTEGGIONI.

 

Di Claudio Balista

 

Risulta piuttosto impegnativo, e in un certo senso pericoloso, tentare di sviluppare alcuni dei vari motivi ecologico-insediamentali che possono aver concorso a determinare l’elezione del colle di Casteggioni di Colognola ai Colli a sede di nucleo abitativo protostorico, specie sulla base di parzialmente inediti risultati emersi dai limitati interventi di scavo condotti dalla Soprintendenza alle Antichità del Veneto nei mesi di maggio-giugno 1981-’82.

L’abitato attuale di Colognola ai Colli conserva l’aspetto di un ombroso e disteso insediamento collinare, parzialmente mimetizzato su una delle prominenze con cui si conclude una delle diramazioni secondarie di quella più ampia dorsale medio-lessinea che rinserra ad oriente, con sviluppo prevalentemente meridiano, il piatto solco allungato della Val d’Illasi.

Monte Casteggioni, rilievo delle mura dell’abitato preistorico

Il Monte Casteggioni (q. 140 m) costituisce lo sperone centrale, di natura basaltico-tufacea, di detta diramazione e appare sovrastare direttamente un tratto di alta pianura veronese, qui contrassegnata da una tessitura superficiale essenzialmente sabbiosa (quote medie variabili fra i 50 e i 30 metri s.l.m.). Sulla sinistra orografica di questo massiccio sperone una ulteriore propaggine collinare si allunga gradualmente sino a penetrare per alcuni km all’interno della sotto stante pianura, per concludersi quindi con il Monte Rocca (q. 81 m), un modesto colle alle cui falde si rinvengono le note risorgenze idrotermali dei Bagni di Caldiero.

Sulla destra, invece, la dorsale si apre su un’assolata costiera calcarea che dopo una breve espansione in direzione di Soave sprofonda bruscamente sotto una potente coltre di depositi di pendio, interessati da evidenti ristagni idrici superficiali, indizianti la debole profondità a cui si colloca il locale substrato vulcanico poco permeabile, che quindi definitivamente scompare sotto il mantello delle vicine alluvioni atesine, non prima però di aver dato origine all’isolato rilievo di Monte Bissone (q. 97 m).

Il retro terra collinare di Monte Casteggioni si presenta come un ondulato pianoro modellato a ripiani subtabulari interrotti da profonde escavazioni vallive, sviluppate in dipendenza del vario grado di resistenza offerto dagli affioramenti rocciosi locali alle erosioni idriche (un tempo incentivate da una più consistente rete di drenaggi superficiali), ma già naturalmente indirizzato ad erosioni differenziali in forza dei frequenti contatti fra ammassi basaltico-tufacei e tavolati calcareo-marnosi, a loro volta intensamente dislocati a causa di una densa rete di fratture tettoniche a scala locale.

 

L’insediamento antico di Colognola ai Colli, per ora riferibile principalmente a due cicli protostorici del IX-VIII sec. a.c. (Prima Età del Ferro) e del IV-II sec. a.c. (Medio-tarda Età del Ferro), però con evidenze archeologiche estese dall’Età del Bronzo, all’Età Romana e sino al Periodo Medioevo-Rinascimentale inoltrato, si situa sulla sommità e sulle prime balze, già parzialmente terrazzate in natura, dei fianchi collinari che cingono tutt’intorno lo sperone basaltico del Monte Casteggioni. La conformazione sommitale del colle di per sé assomma le più tipiche caratteristiche morfologiche di una località difensiva: se, infatti, lungo l’intero perimetro rivolto alla pianura, l’elevata acclività delle gradinate rocciose costituisce una poco agevole scalinata di raccordo alle più fertili e sminuzzate fasce di detrito colluviale che orlano il piede dello sperone, verso settentrione, e allo sbocco sui retrostanti ripiani della dorsale, un modesto cocuzzolo (ex camino vulcanico) si erge a sufficienza per rinserrare l’areale interno della spianata terminale e a sorvegliarne così l’accesso sovrastando l’unico viottolo che immette sul ripiano centrale (tavv. XXIV, XXV).

La natura del substrato roccioso locale, alternanza di potenti colate basaltiche variamente fratturate e di più caotiche e disgregate coltri tufaceo-ialoclastitiche, sormontate nelle limitate conche naturali da deboli spessori di argille di alterazione assai compatte e praticamente impermeabili, ha determinato qui, come in luoghi consimili, una relativa scarsità di riserve idriche accessibili, a cui si è ovviato con l’approntamento di cisterne e vasche per la cattura delle precipitazioni e degli scarsi deflussi subsuperficiali.  Cionondimeno, la maggiore dispersione superficiale di frammenti ceramici protostorici e di residui rimaneggiati di strutture ad essi connesse, si rinviene proprio entro i limiti del debolmente convesso ovale sommitale, con un’esclusiva ed omogenea presenza di queste testimonianze antiche entro la fascia dei primi terrazzamenti agrari di età storica che cingono il colle, mentre una netta scomparsa di questi resti si può osservare subito oltre i limiti dell’antico viottolo di accesso al cocuzzolo.

La scelta insediativa antica, quindi, ha premiato la località più difesa e a massima visuale esplorativa coincidente con il ripiano sommitale di Monte Casteggioni, anche se questa dislocazione si presentava, e si presenta tuttora, la meno proficua ai fini di una relativa facilità di accesso ai sotto stanti campi di metà costa e prati umidi di conca pedecollinare: le balze terrazzate subito prospicienti lo sperone offrono infatti solo la possibilità di coltivare, in limitate strisce a girapoggio, i rinomati vitigni locali e nelle zone più assolate e riparate l’olivo, eventualmente integrati da intercalazioni di verdure e leguminose.

Sicuramente più favorevoli ad un indirizzo misto, ortivo-cerealicolo, si dimostrano le più estese fasce ondulate, ma generalmente poco acclivi, poste sulla retro stante dorsale, che debbono aver costituito così il principale areale di sostentamento agrario per la comunità protostorica di Monte Casteggioni. Qui i fertili e profondi terreni marnoso-tufacei, dotati di esposizioni ottimali ed elevate capacità idriche di ritenuta, hanno costituito  da sempre la fonte di produzioni agrarie sicure, premiate oltretutto dalla possibilità di poter ricavare più di un raccolto annuo e ad elevata produttività.

Il ridotto numero di strutture abitative sin qui esplorate in seguito agli interventi archeologici della Soprintendenza (due «casette» nel 1981 e una più ampia costruzione nel  1982), e le numerose esposizioni di lembi antropizzati che si rinvengono in varie zone del colle ormai massicciamente deturpato dall’assalto edilizio di questi ultimi anni, hanno permesso tuttavia di poter formulare qualche ipotesi induttiva circa la conformazione dell’antico insediamento protostorico. L’evidenza sembra indicare una sistemazione soprattutto anulare e periferica in fasce terrazzate artificiali (almeno tre) sopportanti, sui tratti pianeggianti posti fra una gradinata e l’altra, dei filari di casette seminterrate alternate a strutture adibite ad uso artigianale e/o agrario: stalle, magazzeni, laboratori per la lavorazione dell’argilla da vasi, ecc.

 

Questa serie di evidenze appare soprattutto riferibile al momento più recente della fase insediativa protostorica (IV – II sec. a.C.) che, molto probabilmente, coincide così con il periodo di massima espansione dell’abitato di Monte Casteggioni.  Come ha parzialmente accennato in precedenza l’amico Salzani, le stratificazioni di questa età si sovrappongono a più lacunose tracce di preesistenze abitative del IX sec. a.C. (dispersioni ceramiche, resti di pasto e scarichi carboniosi associati a piani di frequentazione e relitti di strutture murarie a secco).

Anche se i resti delle costruzioni di questo momento più antico sembrano indicare una minor consistenza demografica e tecnologica del primitivo nucleo insediativo in rapporto a quello più recente, dobbiamo ricordare che gli aspetti sinora conosciuti in area al riguardo delle strutture del IX sec. si presentano in genere alquanto poveri e frammentari. Inoltre, l’innesto insediativo della II  Età del Ferro, dopo una rarefazione e parziale abbandono della località per alcuni secoli, deve aver provocato un massiccio intervento sui substrati basaltici posti nella zona centrale del colle, onde approntare alla sua periferia i consistenti allineamenti di murature a secco per i fronti di terrazzamento, e il materiale grezzo per la costruzione delle strutture abitative ad essi intercalate.

L’operazione in parola fu condotta con evidente perizia, visto che si può documentare con sicurezza che i tratti medio-inferiori di questi «terrazzamenti insediativi» resistettero a sopportare le successive dimore di età romana (cfr. risultati scavo ’81) e che, quindi, con varie aggiunte e ripristini nelle parti più elevate, poterono poi essere facilmente adattate a tipiche «terrazze di coltura» di età medioevo-rinascimentale. Così come in IV Periodo Atestino (II Età del Ferro) si ricostruì l’abitato a spese delle precedenti strutture di IX sec. (cfr. risultati scavi ’81 e ’82), durante il reinsediamento medievale si dovette risistemare soprattutto l’areale sommitale, in vista dell’edificazione di una torre/bastione sul cocuzzolo settentrionale, seguita molto probabilmente dall’approntamento di una «corte recintata» posta nelle adiacenze del fortilizio.

A questa età, e con possibili ampliamenti successivi, dovrebbero risalire le mastodontiche linee di spalti a secco che muniscono il colle nelle fasce subito sotto stanti gli areali connessi alla frequentazione protostorica: li distingue macroscopicamente dalle strutture più antiche la più accurata e poderosa giustapposizione di enormi blocchi di basalto locale e la mancanza di costruzioni coeve ad essi intercalate.

Da dati preliminari di scavo parrebbe poi che compiuta la sistemazione terrazzata in discorso, venisse operato un consistente spostamento di terreno agrario prelevato dalle vicinanze, onde ripristinare, all’interno dei più massicci spalti di difesa, fasce di coltivo utili al più normale sostentamento dell’abitato.

La sommatoria di questi successivi interventi costruttivi (la frequentazione romana non sembra avere incisivamente modificato il precedente pattern insediativo), e di sistemazioni agrario/difensive nei tratti periferico-anulari del colle, fini col sigillare in profondità, e in posizione interna ai poderosi bastioni di età medioevo-rinascimentale, le primitive strutture abitative protostoriche, che parrebbero così aver subìto una quasi completa cancellazione solo nel tratto centro-sommitale del Monte Casteggioni. La ulteriore dislocazione di resti materiali protostorici in limitati tratti di pendio, situati rispettivamente in alcune fasce del fronte SE del colle e sul fianco interno di una vallecola posta a SW del cocuzzolo, parrebbe implicare una fase di parziale degradazione e successiva erosione di lembi più esterni dell’antico abitato verificatasi in età barbarica dato che esso appare aver subìto «conservativamente» la diretta sovrapposizione insediativa romana, e che evidentemente questi processi non poterono esplicarsi dopo la messa in opera delle poderose fortificazioni di età medioevo-rinascimentale.

Questa analisi, chiaramente incompleta, di parte delle caratteristiche morfologico-strutturali connotative dell’ insediamento protostorico di Monte Casteggioni di Colognola ai Colli, permette tuttavia di meglio precisare alcune tendenze evolutive peculiari al nucleo abitativo in parola.

L’abitato di Monte Casteggioni assomma, come è stato osservato, i principali caratteri di una località difensiva senza però parteciparvi concretamente sotto l’aspetto strutturale/antropico: parrebbe infatti che la sua proiezione decisamente agricola lo abbia fatto escludere, sul nascere, da una possibile evoluzione verso il tipico «castelliere» di dorsale collinare. Non che con questo si voglia propendere per un semplicistico abbinamento paleoeconomico/insediativo del tipo castelliere = insediamento di pastori-allevatori, ecc.;  certo è che non si riesce a trascurare il fatto che, in un certo qual modo, le

potenzialità ecologico/insediative del «territorio» dei siti debbono aver indirizzato, e non poco, le caratteristiche funzionali, e quindi socioculturali, delle strutture costruite dai gruppi umani che da quei territori derivavano le loro principali fonti di sostentamento.

Per tornare al nostro insediamento, si deve poi rilevare una ulteriore sua caratteristica anomala: ci riferiamo all’assenza, sinora documentata, di emergenze materiali di età protostorica oltre i limiti topografici dello sperone basaltico di Monte Casteggioni.

Questa constatazione sembra indicare che il sito non si è espanso a costituire uno o più nuclei decentrati (insediamento mononucleato), come frequentemente è stato osservato per altri insediamenti di età coeva e posti in località morfologicamente simili. Ad esempio i siti di Montebello Vicentino e di Castelrotto di S. Pietro in Cariano (VR)  risultano essersi normalmente ampliati a partire da un nucleo insediativo originario, ed aver dato vita a nuclei satelliti (insediamenti polinucleati) posti sulle vicine e fisicamente connesse protuberanze collinari. Invece, l’abitato di Monte Casteggioni si assimila maggiormente al coevo abitato di Trissino (VI), anche questo arroccato su uno sperone assai ripido che domina la sottostante piana alluvionale dei torrenti Agno-Guà, e con una dislocazione abitativa in filari di casette limitati alle prime balze subpiane che orlano la sommità del colle. Appare quindi proponibile una gerarchia di siti di testata collinare, all’interno della quale l’abitato di Monte Casteggioni sembra avere giocato un ruolo minore.

All’opposto, la più importante e distesa collocazione dei primi siti citati, posti, rispettivamente, il primo su un importante percorso protostorico che metteva in comunicazione i centri paleoveneti di Vicenza e di Este attraverso il tracciato periBerico, e il secondo a raccordare uno degli sbocchi in pianura della Val d’Adige con i fiorenti abitati della Valpolicella, sembra aver determinato già in partenza le premesse per una loro espansione demografico-economica oltre i limiti degli originari insediamenti autarchici di coltivatori e in parte di allevatori protostorici.

Non a caso, poi, questi siti ricevettero  nuovi impulsi propulsivi a seguito dell’ondata colonizzatrice e imprenditoriale romana, in parte adattandosi alle mutate polarità territoriali (Montebello, spostando la sua sede principale nella fascia pedecollinare in prossimità di un transito obbligato sul torrente Guà) o in parte partecipandovi direttamente (Castelrotto ricevendo proprio all’interno dell’antica sede protostorica un reinsediamento romano di una certa entità, connesso a sua volta con una diramazione secondaria del percorso stradale locale).

In tale ottica l’insediamento di Monte Casteggioni sembra essere stato tagliato fuori da un più diretto e vitale inserimento sul nuovo tracciato viario della Via Postumia (cfr. la nota di L. Franzoni) e, con il neoinsediamento romano spostatosi più centralmente e in direzione dell’abitato attuale, venne a determinarsi così la sua definitiva cristallizzazione a sede di più amene e proficue attività residenziali (a parte la parentesi, alquanto indicativa, di avamposto fortificato in età medioevo/rinascimentale).

 

BIBLIOGRAFIA

 

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SOLINAS G. : Storia di Verona, Verona  1982.

 

 

Fonte: srs di  Claudio Balista, da   COLOGNOLA AI COLLI STUDI SUL TERRITORIO DALLA FORMAZIONE ALL’ETÀ ROMANA, a cura del Centro Culturale Giovanni Solinas;  Parrocchia di Colognola ai Volli; tipografia Longo, Verona.  1983.

 

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