Lug 19 2019

GLI INDIZI DI MELPUM

Category: Archeologia e paleontologia,Storia e dintornigiorgio @ 21:41

 

Siamo giunti al capitolo principale che indica come fare il riconoscimento archeologico di un sito insospettato, ma questa spiegazione non regge da sola, se non si seguono prima le indicazioni dei capitoli precedenti, e perciò li riepilogo per chi apre questa pagina senza aver già visto le altre.

 

Disegno n. 1 di Pombia reaiizzato nel 1994, per evidenziare meglio le caratteristiche. Si noti che il “Roggione” (a metà disegno sulla destra) non è un torrentello ma è il fosso che si è scavato il deflusso continuo delle acque della cloaca etrusca, che è stata tagliata dai romani quando hanno fatto il canalone che separa il Castrum

 

1° indizio: Le Fonti Storiche:

 

Livio scrive che nel IV sec.a.C. i Galli vinsero gli Etruschi sul Ticino, quindi è lì che si deve cercare, con una buona carta geografica, per valutare i possibili percorsi etruschi sul Ticino.

Mi documento su tutti i testi storici possibili, per sapere come può essere fatto ciò che vado cercando.

 

2° indizio: L’analisi Stradale:

 

La carta geografica indica strade, che non c’erano, ma rispecchiano itinerari fondamentali, valuto distanze tra punti salienti, alture, valichi alpini, laghi, guadi, confluenza di fiumi, incroci tra gli itinerari fondamentali. Con la logica delle probabilità ed esclusioni, stringo il cerchio su poche aree possibili.

 

4° indizio: Riconoscimento del Sito sulla Carta Geografica

 

Con le idee chiare di come deve essere fatto il sito cercato, esploro una carta geografica molto dettagliata (IGM), per identificare un’area che corrisponda alle caratteristiche cercate; in prima battuta se ne trovano due o tre, ma stringendo l’analisi sui dettagli, si scopre che esiste soltanto un punto in cui coincidono tutti i connotati cercati. Mi documento come è la località attuale e organizzo una visita.

 

5° indizio: Riconoscimento del Sito sul posto

 

L’esplorazione del luogo rivela una serie di dettagli geografici, urbanistici, tradizioni, toponimi, che qui vado a confrontare con l’idea di come deve essere fatto il sito cercato, e focalizzo quanto può coincidere e quanto può escludere; si tiene conto di tutto, anche il trascurabile o l’inverosimile.

Il disegno n° 1 allegato mostra la pianta di Pombia, è tratto fedelmente in scala, dalla Carta IGM, che non allego perché troppo complicata dai dettagli, mentre qui serve una chiara visione d’assieme, che consenta di accompagnare le descrizioni della località.

 

Ed ora esploriamo

 

6° Perché proprio Pombia?

 

Pombia sorge sulla sponda destra del Ticino (piemontese), su una terrazza alluvionale, formatasi nelle ere glaciali, per il deposito di immensi banchi di ghiaia e sabbia, poi erosi dal fiume.

Il luogo si presenta come un caratteristico promontorio, con pendii ripidissimi, e la sommità piatta, rivolto a sud, nettamente staccato dal territorio circostante da un profondo canalone; il che costituisce un formidabile arroccamento molto in alto rispetto al fiume.

Il colle gode una perfetta visuale sulla vallata, ed ha una posizione strategica, sull’incrocio di antiche vie fondamentali, inoltre affianca le Rapide del Ticino, che in antico non erano navigabili, e qui dunque terminava la navigazione da Adria-Po’-Ticino, citata nella storia come antichissima via dell’Ambra, fin dall’età egea, cretese, fenicia, greca, che poi divenne la via del ferro per etruschi e romani; linea d’acqua che proseguiva sopra le rapide, con navi solo del Lago Maggiore. Qui vi sono tracce dell’esistenza di un porto sul Ticino, e vi sopravvive il toponimo “Porta Ferro”, che può essere stato il capolinea dell’importante commercio etrusco.

Queste circostanze creano l’indizio che identifica una base, poi divenuta città, che svolse l’antico ruolo di congiunzione dei trasporti sopra e sotto le rapide.

 

7° Le Strade di Pombia

 

Le antiche strade che passano da questo luogo sono due sulla direzione sud-nord, e due sulla direzione est-ovest. Dunque fu un incrocio molto importante. Vediamo il senso sud-nord:

– la Via Ligure Ticinese, che viene da Genova e va al Passo Penninum,e

– la Strata Maior Ticinensis,consolare romana che viene da Novara e va al Passo del Sempione.

Sulla direzione est-ovest passano:

– la via preistorica Pedemontana Superiore, che viene dal Veneto e va ai Passi alpini della Val di Susa (Verona, Brescia, Bergamo, Como, Castelseprio, Arsago Seprio, Golasecca, Romagnano Sesia, Biella, Ivrea, Torino, Susa, Piccolo Cenisio e Monginevro).

–  e passava la strada militare romana Sepriese, che viene da Como e va ad Ivrea, Aosta, Passi alpini del San Bernardo. Questa via (spiegata a parte), per un certo periodo fu anche la militare Como-Novara, poi fu fatta una via diretta che passa per Turbigo, e questa fu poi distrutta assieme a Pombia.

Con questo apparato di strade, Pombia appare un importante sito strategico, presente fin dall’età del bronzo, un Oppidum,capo distretto degli Insubri, al pari di Arsago Seprio (Arx Sever), Castelseprio (Sever,poi Sibrium), Spina di Como (Lars?), Bellinzona (Bilitius),Gravedona (Glavona).

Pombia appare inverosimile soltanto perchè è stata poco studiata nella storia ed archeologia; è sorprendente l’accostamento dei suoi grandi connotati, con l’aspetto attuale di un borgo rurale. Prevale una cultura standardizzata, che si mantiene sugli schemi condivisi da tutti, e non osa l’insolito, perciò nessuno bada ai paesini sparuti, di cui nessuno ha mai parlato.

Pombia fu cancellata dal potere Visconteo, come fu per Castelseprio, e di seguito si vedrà quali furono i ruoli che svolsero le contee del Ticino, prima di scomparire nelle fauci del biscione.

 

La città etrusca di Castel d’Asso, esempio di città occupata dai Romani, dove fu separata una punta, mediante fossato, per costruirci il Castrum del loro presidio militare, situazione analoga al Castrum di Pombia.

 

8° Il Colle di Pombia

 

Il colle dove sorge Pombia fa parte della Morena Glaciale Riss, del fu ghiacciaio del Verbano; è fatta totalmente di sabbia e ghiaia, come tutta la zona collinare subalpina a sud del Lago Maggiore; la quota è 280-290 metri sul mare e 120 metri sopra il fiume Ticino.

Il pianoro sommitale è largo 500 m e lungo 1500 m, ed il pendio dei fianchi è molto più ripido e regolare di quanto appaiano i colli circostanti. La natura crea forme morbide, l’uomo crea quelle mediamente a 45° di inclinazione, ove c’è terra, o di più se vi è roccia.

Anche il canalone che separa il promontorio ad ovest, dove scorre il torrente Riale, ha una forma stretta, profonda e ripida, che non coincide con l’usuale escavazione dei torrentelli nella zona.

Preso nota che qui i romani vi fecero una grande fortezza, ma non fecero anche il borgo, deduco che se loro avessero modificato la pendenza dei fianchi del colle, lo avrebbero fatto solo dove è la fortezza, ma poiché tutto il colle ha questa stessa pendenza, significa che fu fatta prima della fortezza, da chi volle arroccare l’intero colle.

 

9° L’orientamento dell’abitato

 

Tranne che in Etruria, è raro trovare abitati con le strade ben orientate sud-nord, e l’orientamento di Pombia è tanto evidente da vedersi già sulla carta geografica; è un indizio importante che richiede una indagine sul perché un paesino modesto, debba avere strade ben allineate, equidistanti tra loro, orientate nord-sud, come usavano fare gli etruschi. Tranne che etruschi e romani, tutti gli abitati preistorici e medievali sono disordinati, con vie contorte che seguono le ondulazioni del terreno, o anche solo aggirano enormi ruderi difficili da demolire.

E’ certo che le case di Pombia non sono più vecchie del medioevo, ma è anche certo che da quando esiste l’edilizia, le case sono state fatte sopra le fondamenta delle costruzioni precedenti, perché erano la base più sicura per costruire, e per questo motivo rimangono gli stessi allineamenti di un tempo. Anche i Romani costruivano città a scacchiera, come gli Etruschi, ma non erano rigorosi con l’orientamento nord sud, perché sceglievano il verso più conveniente. In ogni caso l’ingegneria romana non ha costruito la città di Pumbia,ma solo il Castrum,infischiandosene di smembrare un Vicus,che hanno lasciato senza mura, pur esponendolo ai rischi di trovarsi accanto ad una fortezza.

E’ facile dedurre che il Vicus Pumbia,sorse spontaneamente per opera popolare, sugli allineamenti delle fondazioni preesistenti, mentre i romani non mantennero gli allineamenti entro il loro castrum.

 

La città etrusca di Caere (Cerveteri) occupata dai Romani, dove fu separata una punta, mediante fossato, per costruirci il Castrum del loro presidio militare, situazione analoga al Castrum di Pombia.

 

10° Il Canalone

 

La fortezza romana di Pombia è stata fatta staccando una parte dell’abitato, secondo un uso frequente, che fu attuato nelle città etrusche dove si volle impiantare un presidio militare, come si nota nell’allegato disegno n°2 relativo ad altre città etrusche in Toscana.

Le fortezze romane poste in queste città, venivano separate dall’abitato con un profondo fossato, il quale risulta eccessivo nei confronti di un’area urbana, che solitamente era già dotata di mura. Perché fecero una cosa simile? deduco che quel canalone non serviva soltanto per arroccare il Castrum,ma soprattutto per intercettare i sotterranei tipici, presenti in tutte le città etrusche, ed i romani non volevano rischi che il presidio militare potesse essere accessibile da sotto con passaggi occulti (vedi punto 17° La Cloaca).

 

11° Le Mura romane

 

Non so come gli esperti hanno dedotto romane le mura di Pombia, dato che sono molto grezze; però ci credo perché il mio metodo porta alla stessa conclusione. Per datare una antica muraglia, guardo alla malta che lega le pietre. La calce (e il cemento) subisce un degrado per invecchiamento sì che nel giro di qualche secolo perde consistenza e si sfarina. Basta la punta di un coltellino infilata tra le pietre per vedere, grattando, cosa e come viene fuori. I muratori sono tradizionalisti e fanno la malta sempre allo stesso modo (zona ed epoca); Le chiese sono ottimi calendari perché si riesce a sapere tutto della loro storia, confrontando come si sbriciola la malta di una chiesa, con quella di un antico muro dello stesso posto, si riesce a datare il muro. Ebbene le malte fatte dai romani hanno la caratteristica di restare molto consistenti, dopo duemila anni, come le altre malte dopo due secoli.

Le mura romane di Pombia, esistono ancora a tratti solo nella zona Castello, e non ve ne sono nella zona Villa, però è importante notare che sono fatte con materiali di spoglio, come si fece poi nel medioevo. Quando i romani fecero la fortezza, disponevano di tutti i mezzi dell’Impero, e quindi di materiali più pregiati delle macerie, e poiché le invasioni barbariche non erano ancora avvenute, come mai a Pombia c’era già una tal massa di macerie, da indurre i romani ad estrarre quelle, per comporre tutto il volume di materiali che è entrato in quelle mura?

Se fossero mura medievali fatte con una buona malta di tecnica romana, si troverebbe la stessa malta anche negli altri muri medievali dei ruderi dei castelli. Invece questa malta c’è solo nelle mura romane, e dunque si deduce che i romani fecero mura con macerie che erano già lì, quando smossero il terreno per fare le loro fortificazioni. Ma non si tratta di poca cosa, lì c’è tanta roba che dovette appartenere ad una città distrutta in precedenza, e dunque quale?

Non so se siano stati fatti scavi sotto il perimetro delle mura romane, per vedere che tipo di fondamenta ci sono; quelle romane sono a sacco, con potenti gettate di calcestruzzo tra muretti di contenimento. Però per provare che questo sia davvero il Sito di Melpum,si devono trovare nei pressi le fondamenta etrusche, che sono totalmente diverse, fatte da grandi blocchi di pietra squadrata, senza nessuna calce, e queste fondamenta devono esserci anche nel perimetro del borgo, e non soltanto del castrum.Certamente se vi fossero state le belle pietre delle mura etrusche, sarebbero state asportate per fare altre costruzioni successive, però i blocchi delle fondamenta devo essere ancora al loro posto, perché erano toppo grossi e profondi per poterli prendere. A meno che le ripe del colle sono franate, ed allora quei blocchi dovrebbero essere a valle sepolti dal terreno di frana.

Si tratta di grandi blocchi parallelepipedi di granito, e dunque non serve scavare per trovarli, perché la loro presenza è rilevabile anche con una sonda ad ultrasuoni.

 

 

Carta IGM 1:25.000 n°5 – modificata – ROMBI A Etrusca – 1° fase MELPUM alla fondazione VIsec.

Sulla base della posizione delle strade attuali, questa è la simulazione (in scala reale) di come dovevano essere le strade della prima Melpum fondata nel VI secolo. Nel disegno successivo è la simulazione con la costruzione della seconda parte di città, ingrandimento di V secolo a.C. Si nota che qui il pianoro è integro e non come poi tagliato dai romani per farci il Castrum sulla punta sud. Dove è scritto Ninfeum è la posizione di quello trovato, suppongo che ogni decumano ne avesse uno per fornire l’acqua agli abitanti del vicinato. Quindi sotto, con quegli assi stradali deve trovarsi la rete di tubi di piombo che alimenta i vari Ninfei e pozzi di zona.

 

Disegno n° 3 La Città di Melpum  I°fase. Pombia VI sec.a.C.

 

La 1° fase costruttiva della città fu realizzata solo sul colle di Pombia, arroccato secondo la classica concezione etrusca, il reticolo stradale è perfettamente orientato nord-sud, e protegge dai venti preminenti, che qui sono di tramontana. Ipotizzo tre piazze sul Cardo centrale, una a sud presso il Palazzo del Lucumone, dove vi è la torre con lo speculariumdi comunicazione col porto sottostante.

Presso la Porta Nord vi è la piazza dei pubblici uffici e l’Acropoli; il Foro o piazza del mercato era al centro, sull’incrocio tra Cardo e Decumano, qui arrivavano le carovane, dalla porta est, si radunavano i Carichi e le truppe da spedire per le missioni mercantili o militari.

Come in tutte le città etrusche vi sono tre porte, (ma qui solo due sono sugli assi):quella principale è a est ed ha la rampa che scende al porto ed alla via Ticinese che viene da Lomello, quella nord presso l’acropoli, apre la strada per Castelletto Ticino, Sestum,Val Cuvia e passi alpini.

La porta occidentale è presso la porta nord, ma è rivolta verso la necropoli, sita sul colle occidentale della città (i morti stanno sempre a ovest).

 

12° Le Pietre di Pombia

 

Il tipo di pietre presenti a Pombia (e Varallo Pombia) sono un altro indizio importante per l’ipotesi di Melpum,perché ovunque si guarda, nei muri di tutte le costruzioni, si nota la presenza di grosse pietre squadrate, di granito, e questo fatto fa drizzare le antenne, perché tutta la zona è fatta di ghiaia; è raro trovare qualche pietra di misura significativa, ed il fatto che a Pombia e Varallo abbondano le pietre squadrate di granito, indica che sono state portate lì da un altro posto. Da dove e quando?

Io non sono un petrografo, e perciò mi baso solo su confronti a vista, e giudico il granito delle pietre di Pombia e Varallo, come proveniente dalle cave di Baveno, sul Lago Maggiore.

Le chiese che vi sono risalgono al medioevo, quando si costruiva solo con materiali di spoglio, non c’erano risorse per andare fino a Baveno per cavar pietre; anche le mura del castrumromano furono fatte con materiali di spoglio e contengono pietre squadrate di granito. E’ evidente che gli uni e gli altri hanno costruito con materiali che erano già lì.

Quando i romani costruirono la Milano Capitale, in una zona priva di pietre, andarono a prenderle alla grande cava di Angera (quell’enorme spacco sotto il castello), e le trasportarono col già citato canale Panperduto, percorrendo prima il Lago ed il Ticino, fino davanti a Pombia.

Ora non mi quadra l’idea che Milano capitale fu costruita con le pietre calcaree di Angera, e invece per Pombia andarono a prendere il granito a Baveno, che è molto più pregiato, più difficile da lavorare, e più distante da andare a prendere. Per quanto rocca militare, Pombia era una cosa marginale rispetto ad una capitale, perciò i romani non spesero nulla per delle pietre che erano già lì.

La cosa è più evidente a Varallo Pombia, che non c’era in età romana e sorse solo nel medioevo; a Varallo i romani fecero solo una torre specularium(ancora intatta). Se si guarda la chiesa di Varallo si nota che è fatta tutta con pietre squadrate di granito, ma nel medioevo dove hanno preso tutte quelle pietre? Quelle erano già lì da prima, e poiché non ci furono città romane, a quale città appartenevano?

Varallo Pombia si trova proprio dove io attribuisco la posizione delle mura nord di Melpum,ed è da quelle che può essere venuto tanto pietrame. Più avanti torneremo sui toponimi, e citerò che vedo nel nome di Varallo Pombia, la corruzione della parola Vallum Alter Pumbiae.

Il trasporto delle pietre da Baveno a Melpum,si dovette fare con imbarcazioni nelle stagioni in cui il fiume non è né in magra né in piena, perché la piena di ottobre crea una tale corrente che le barche sono ingovernabili, e se cariche, vanno a sfasciarsi sulle rapide; durante la magra invernale invece le barche cariche si incagliano presso la Miorina, perché lì il fiume cala anche a meno di un metro di profondità. Penso che in età etrusca vi fu un ponte di barche sulla curva sinistra del Ticino, dove è Coarezza (Quarescia = Acquam Scea),perché lì l’acqua comincia a   correre verso le rapide, ed era necessario creare una barriera dove fermare le barche che sfuggissero alla manovra, per evitare di farle finire nelle rapide; in quel punto esiste ancora una strada sulla sponda lombarda, che prosegue di fronte sulla piemontese, e sale a tornanti fino alla porta di ingresso a Varallo Pombia.

 

 

Carta IGM 1:25.000 n° 5 – Pombia e Varallo Pombia – modificato – ripulito dai dettagli superflui.

Quando tutta la mappa IGM è unita, col PC cancello tutti i segni superflui che confondono le linee essenziali, primo le altimetriche, secondo le vie di comunicazione antiche, le parti di città che sono antiche e le cascine antiche. E’ un lavoro da certosini che richiede un mese, ma per farlo si deve ingrandire tanto che si passa tutta l’area metro per metro e mentre si cancellano segni non interessanti se ne scoprono di interessanti, l’improvvisa variazione di una linea altimetrica rivela che lì è stato fatto qualcosa, basta andare a vedere sul posto per capire se c’è sotto qualcosa. Sulla carta ripulita posso tracciare le probabili posizioni delle mura e strade di Melpum e sapere dove si deve cercare

 

Disegno n° 4 La Città di Melpum 2° fase, ingrandimento fino a Varallo Pombia V sec.a.C.

 

Nel V secolo a.C. la grande attività di Melpum,determinò l’afflusso di Insubri residenti che ingrandirono la città sul pianoro verso nord, che però non poté seguire le caratteristiche tipiche etrusche, perché la forma del territorio è troppo diversa. Pertanto il sistema di mura e fossati seguì lo schema dell‘oppidumceltico, pur dotato di mura a blocchi di pietra, anziché palizzate e terrapieni; però ebbe soltanto semplici fossati, e non scarpate perimetrali. Le mura a nord furono possenti, per via di un promontorio naturale alto e ripido, affacciato su una valletta; le mura ad est erano discretamente protette dalle rapide del Ticino e le mura a sud erano ben arroccate, contigue con quelle della città 1° fase. Il tallone d’Achille rimase sulle mura ad ovest, perché troppo rettilinee e rivolte ad un colle che domina sulla città. Ritengo che questo lato cedette sotto l’assalto dei Galli, perché questi poterono far franare terra dal colle di fronte, fino a raggiungere il colmo delle mura, che poi valicarono.

Le fondamenta delle mura nord della città 2° fase, dovrebbero trovarsi entro l’altura detta “Il Monte”, attualmente coperta da un bosco, mentre quelle delle mura occidentali dovrebbero essere di poco più a est della ferrovia; qui vi fu il fossato, percorso dal torrente che scende da nord- ovest, e fu deviato a sud; quest’area (supposta del costipamento) è più alta di 10-15 metri rispetto all’intorno, e per farvi passare la ferrovia fu scavato un fosso di 4 metri. Se l’idea regge, le fondamenta delle mura sono poco ad est del fosso ferroviario, 5-6 metri sotto il piano terra, si devono vedere con ultrasuoni e forse anche con foto infrarosso.

 

13° Le Porte urbiche

 

Come vedremo tra poco, questo luogo presunto Melpum, ebbe due fasi costruttive distinte, nel 6°sec a.C  fu costruita una città soltanto sul colle dell’attuale Pombia, la cui conformazione è tipica etrusca; e poi nel 5° secolo fu ingrandito sull’altopiano a nord di Pombia, fino al limite di Varallo Pombia, con un grande quartiere che dovette essere abitato dagli Insubri, cooperanti con gli Etruschi; si nota che questa seconda parte non ha il tipico arroccamento etrusco, ma la forma del Voppidumceltico; tuttavia la somma delle due parti di città, compone proprio quel perimetro di mura, di 6 km, citato da Livio. La citazione “mura” indica che vi furono mura in pietra di tipo etrusco, e non palizzate di legno rinforzate da terrapieni, come nell’uso celtico.

In una simile struttura urbana, le porte della città dovettero seguire le logiche delle due fasi costruttive, perché per gli etruschi le porte avevano significati dogmatici, sacri ed immutabili. Prendiamo il disegno n°3 dell’ipotetica Melpumprima fase (la situazione si trova immutata nel disegno n°1  di Pombia attuale) e vediamo che la porta principale è al centro del lato est del colle (vedi capitolo La Città Etrusca) dotata di una strada a tornanti che crea una rampa su una Porta Scea.

La Porta Nord è perfettamente allineata sul Cardomassimo, la porta sud non c’è per lo strapiombo e perché gli Etruschi usavano 3 porte, la porta ovest è quella che va alla necropoli, situata sul ciglio ad ovest fuori del colle cittadino; in questo caso la porta ovest è vicinissima alla porta nord, perché più giù c’è lo strapiombo del Rio Riale. Però la vicinanza non ha ammesso di andare al cimitero dalla porta nord, perchè per gli Etruschi i morti non devono passare dalle porte dei vivi.

Prendiamo ora il disegno n°4 e guardiamo la parte di ingrandimento città, del 5° secolo, che fu abitata dagli Insubri, e alterò un poco il criterio liturgico delle porte, ma ha rispettato le geometrie a scacchiera tipiche degli Etruschi. Qui c’è un’altra porta principale ad est, collegata con la stessa strada in valle, che va anche alla prima porta etrusca. Poi c’è la seconda porta importante, rivolta a nord, diretta ai passi alpini. Verso nord-est c’è una porta che ritengo medioevale e non etrusca, perché non collega vie carovaniere di transito ma solo dei campi agricoli di zona.

Verso nord-ovest c’è un’altra porta medioevale, diretta a Divignano, Cressa, Romagnano Sesia, che è il percorso della via Preistorica Pedemontana Superiore; però gli etruschi tennero questa via, aderente e fuori dalle mura nord, per evitare di far transitare carovane dirette ad ovest, attraverso una porta urbana sita sul lato ovest, perchè è quella dei morti. La vera porta ovest è poco più giù e va sul colle dei tumuletti celtici; nel medioevo divenne la porta principale verso la  Strata Maior Ticinensische gli passa proprio davanti. In questa città 2° fase, c’è anche una porta sud (extra canone etrusco) e questa fu la vera porta di servizio per il Porto, collegato con una strada che risale il vallone del Rio Riale, dove passavano i carri del ferro, dalle navi del Lago Maggiore alle navi del Ticino, e nel punto in cui questa via si affaccia sulle tracce dell’antico porto, esiste ancora il toponimo “Porta Ferro”.

 

14° L’Acropoli

 

La collinetta dove si trova il castello Borromeo fu l’acropoli etrusca, è un ampio dosso del diametro di 200 m, con una quota di sommità a 292 m sopra il pianoro di Pombia che è a 280 metri.

Il castello del XV secolo, sta al centro della sommità centrale, proprio dove doveva esserci il tempio etrusco; quindi deduco che fu costruito sopra le fondamenta del tempio e dei relativi magazzini sotterranei. Ritengo che tutte le antiche costruzioni nobili, siano contenute entro il volume lenticolare del terreno, con uno spessore di 12 m sopra terra e 8 m sotto piano strada, che è la quota della cloaca, che vi fu collegata. Poiché il parco attorno al castello è totalmente sgombro da costruzioni, è facilmente fotografabile all’infrarosso, mentre la larghezza del dosso di 200 m, può essere esplorata in senso trasversale con gli ultrasuoni. Se si applicassero strumenti di risonanza magnetica, si potrebbero trovare anche altri oggetti sparsi nel terreno, fuori dai muri sepolti.

 

 

 

Carta IGM 1:25.000 n°4 – POMBIA – modificato con l’evidenza di dove sono le strutture romane del IV sec.d..C – Castrum Plumbiae. La topografia romana ha alterato completamente l’impianto etrusco precedente, però con la carta si possono fare allineamenti sulle direttrici stradali che aveva prima, per capre dove sotto può esserci l’acquedotto e l’altra metà cloaca, e per indagare se la cloaca è collegata alla base della torre specularium, interrata dentro i terrapieni di Casteldomino, li sotto era il palazzo del lucumone, aveva un sotterraneo, ed è documentato che il Castrum aveva una zecca, che fu usata anche dai Longobardi, di certo era un luogo sicuro; pur scontato che qualcuno la vuotò in antico, è interessante trovarla perché deve rivelare passaggi particolari, ritengo che sotto i terrapieni di Casteldomino, non vi sia soltanto terra, perché di lì non si mossero mai i Longobardi. L’acropoli è un gran prato all’inglese, facile per fare sondaggi se il proprietario è d’accordo. Sulla base di come sono altre acropoli etrusche, si può’ dedurre dove scavare per andare a colpo sicuro. A nord-ovest dell’acropoli sotto la strada che entra in città da nord (quota 284) deve trovarsi la sorgente che è stata incapsulata per alimentare l’acquedotto di Pombia, perché da lì partiva il torrentello Rile Minore (che non c’è più) e scendeva nel canalone del Rile Maggiore fuori della porta ovest.

 

15° L’acqua di Pombia

 

Nello strano posto di Pombia, c’è un eccezionale compendio di condizioni favorevoli, per essere una grande rocca, e viene da chiedersi fino a che punto siano condizioni naturali.

Condizione vitale della sua prosperità fu la presenza di acqua sorgiva sulla sommità dell’altura, un’acqua buona, comoda, abbondante che ha reso potente questo luogo.

Questa condizione è eccezionale, perchè in questo tipo di terreno ghiaioso, molto elevato, e circoscritto da ripidi pendìi, non potrebbe esserci acqua sulla cima, eppure l’acqua c’è.

Io sono nato sulla stessa morena Riss, dove continua aldilà del Ticino, e fino all’età di 14 anni ci ho vissuto con l’innata voglia di indagare il perché delle cose, tra le quali capire perchè ci sono le risorgive solo in certi punti, e perché in paese ci sono pozzi con l’acqua a 4 metri di profondità ed altri a 80 metri di profondità. L’acqua sotterranea percorre gli strati impermeabili di ferretto (un limo fossile arancione) che separa i piani di sovrapposizione di una morena sull’altra (sia orizzontali che obliqui).

Bisogna capire come fa il ghiacciaio a costruire una morena, per stabilire da dove arriva l’acqua e dove va a finire. Non ci sono problemi di distanze ma solo di livelli tra vasi comunicanti.

Chi vive tra questi colli ed osserva attentamente la forma degli strati di sabbia e ghiaia, può dedurre perché l’acqua sbuca fuori da quella risorgiva, e perché non può arrivare in un’altra.

Per le mie esperienze (pur di bambino) dico che l’acqua non può esserci dove uno strato è interrotto tutto attorno da scarpate alte cento metri, come a Pombia, perché nella ghiaia, l’acqua non sale in verticale senza prima sbordare fuori dai lati.

Tutti i pozzi di Pombia hanno l’acqua a 6-8 metri di profondità, però se si va a guardare i bordi esterni delle scarpate, non si trova una sbavatura d’acqua da nessuna parte.

Il quesito è che quell’acqua non scorra in una falda su uno strato impermeabile, ma scorra in condutture di acquedotto che portano l’acqua in conche impermeabili sul fondo dei pozzi.

 

16° L’acquedotto

 

Ritengo che esista una vasca sotterranea di captazione dell’acqua di sorgente, situata presso la 1° balza del terreno, sulla strada da Pombia a Varallo. Qui vi era la risorgiva che generava il torrente Rile Minore, che poi non è più esistito, ma ne è rimasto il fosso.

Poiché i pozzi hanno ancora acqua, la sorgente deve trovarsi ancora incapsulata con una cisterna decantatoio sotterranea, dalla quale parte una conduttura sotterranea che alimenta il pozzo centrale (Mundus) che sta sotto l’incrocio viario tra il cardo centrale (nord-sud) e il decumano allineato con la strada con tornanti che sale da est.

Questo pozzo dovrebbe essere tra 3 e 6 metri profondità, fatto in muratura rivestita internamente da uno spesso strato di creta, che è stata cotta sul posto, con falò entro la cisterna.

Il pozzo è pieno e tracima nella sottostante cloaca. Da questo pozzo si diramano le tubazioni che raggiungono gli attingitoi d’acqua (fontane, pozzi, ninfei, bagni,) situati presso le mura al termine di ciascun decumano, così da poter servire l’isolato abitazioni, ed essere vicino alle mura per impieghi di difesa della città. Gli acquedotti sotterranei etruschi sono usualmente fatti in tronchi di tubo di terracotta, infilati uno di seguito all’altro e sigillati con un impasto di creta ed olio.

Però gli Etruschi sapevano che in caso di perdita da una di queste giunzioni, invisibili, lo scorrimento dell’acqua in un terreno fatto di sabbia e ghiaia, avrebbe asportato prima la sabbia, poi dissestato la ghiaia, e fatto smottamenti con lesioni alle case costruite sopra, perciò è possibile che gli acquedotti di Melpum,non furono in coccio ma in piombo saldato.Melpumsorse nel 6° sec.a.C. e già nel 7° sec. a.C, fu fatta la grande esperienza di Siracusa, alimentata da un acquedotto di piombo sottomarino, che capta l’acqua dolce da una sorgente subacquea, e la porta sull’isola di Ortigia, che era senza acqua e rese possibile così la fondazione della città. La fonte e la fontana si chiamano Aretusa, ninfa che rivelò l’esistenza dell’acqua dolce in fondo al mare, e da qui venne il nome di Siracusa.

Per scoprire la verità bastano poche verifiche mirate, nel punto della sorgente sulla via per Varallo, al centro città sotto l’incrocio tra Cardo e Decumano, e al pozzo che alimenta il Ninfeo. Anche Misa(Marzabotto) è fondata sulla ghiaia, ed ha l’acqua pochi metri sotto, ma perchè c’è un banco di marna e l’acqua vi scorre sopra scendendo dal monte. Ma a Pombia, sotto quegli 8 metri di ghiaia dove si pesca l’acqua, ci sono altri 100 metri di ghiaia, perché questa è una morena glaciale e non è un deposito alluvionale come a Misa.

 

17° La Cloaca

 

Altro indizio fondamentale sta nella Cloaca posta sotto la strada centrale del borgo (cardo),a 6-8 metri sotto il piano strada. Questo cunicolo era visibile nel 1994 (poi fu murato, forse per non far entrare esploratori, dopo che dissi a qualcuno che poteva essere di origine etrusca).

Le cloache etrusche sono inconfondibili, larghe 60-100 cm alte 160-200 cm, poste a 6-8 metri sotto il piano strada del Cardo massimo, hanno il soffitto a volta e pavimento con canaletto al centro, i muri sono fatti di pietre a secco molto ben connesse, messe di piatto con interstizi costipati a creta (la calce non era conosciuta in età etrusca). Le cloache romane sono state copiate strutturalmente, ma in esse le giunzioni sono fatte a calce.

Questo cunicolo si trova alla seconda curva della strada che scende a valle (sul disegno 1 è un punto nero), lo ritengo una cloaca etrusca, perché ne vidi di simili; sono tipiche per forma, dimensioni, strutture, profondità. Ha tutta l’aria d’essere rimasta in abbandono, dopo che i romani la interruppero col taglio del canalone per circoscrivere il Castrum.Questa cloaca ha pendenza verso sud, cioè verso l’attuale strada, e scarica nel fosso detto Roggione, che scende dal colle e va al Ticino, come si vede al disegno n° 1. Prima del taglio fatto dai romani, questo cunicolo proseguiva sotto l’attuale zona Castello, per andare a scaricare a sud, nel Rio Riale, dove c’era il porto, e c’è ancora il toponimo Porta Ferro. E’ invisibile la metà cloaca a valle, sotto il Castrum,che è stata tappata da un probabile muro con sovrapposta la terra di scarpa. Però deve esistere ancora (e si deve trovare con gli ultrasuoni), perché fu usata come sotterraneo del Castrumromano, dove vi fu una zecca che coniava monete auree per pagare le truppe (c’è voce di un ritrovamento nel 1972, di un tesoretto di monete romane, poi scomparse, mi pare con dicitura Plumbiae,e con P. Flavia).

 

18° Il Ninfeo

 

Non esistono altre opere simili in Lombardia, con funzione di lavacro, e vi è forte somiglianza con i battisteri romani a Milano, comunque è già stata studiata da esperti ed è certo opera romana. Tuttavia propongo di rivedere la questione dei mattoni che vi si trovano e che misurano 30×30 cm.

Noto che Vitruvio dice che i mattoni romani sono rettangolari, mentre quelli greci sono quadrati. Dunque avanzo l’ipotesi, già accampata, dell’uso romano di materiali ricavati dalla demolizione di ruderi preesistenti. I laterizi sono databili (mi pare col fluoro) e se dovessero risultare del 5° sec.a.C. sarebbe un’altra prova che sono di origine etrusca e non romana.

Gli Etruschi non usarono calce ma creta cruda, per unire i mattoni, per cui si potevano fare demolizioni ricavando mattoni cotti, perfettamente integri da riciclare.

Ritengo che l’esplorazione archeologica attorno al Ninfeo, sia la più importante, perché con un solo intervento si possono accertare quattro aspetti fondamentali:

– vedere a quali strutture era collegato, se abitazione privata, struttura pubblica o chiesa;

– vedere le fondamenta delle mura romane, che devono essere accanto;

– cercare le ipotetiche fondamenta etrusche che devono essere più sotto, in grandi blocchi a secco;

– verificare come fa ad arrivare l’acqua, da 2500 anni, al Ninfeo ed al pozzo che gli è vicino.

 

 

 

19°Il Porto

 

Alla base del colle, punta sud, dove è il toponimo “Porta Ferro”, il torrente Rio Riale diventa piano e va al Ticino, un poco a sud di un gradino rettilineo del terreno, che va fino alla frazione San Giorgio (il villaggio è pure orientato nord-sud) dove prende una forma di terrapieno triangolare che somiglia molto ad un argine, che proteggeva un porto fluviale dalla corrente del Ticino.

Il fiume oggi dista un chilometro da qui, e si è abbassato di 10 metri, e perciò questo porto fu abbandonato. Però con la ricostruzione fatta al capitolo “Le Rapide del Ticino”, appare evidente come il fiume si è spostato in 25 secoli. La prova dell’esistenza di un porto alla base delle rapide del Ticino, mostra il movente principale per cui sorse qui una città come Melpum,per il carico e scarico delle navi da e per Adria e Spina, con carri attraverso la città diretti al porto sopra le rapide.

Gli Etruschi commerciavano ferro celtico, non ambra e noccioline, e tutti quei pesi da movimentare, richiedevano le strutture che solo una città poteva dare.

 

20° La Necropoli

 

Gli Etruschi facevano le necropoli sempre sul colle ad ovest della città, quindi nella zona dove sono indicate le cascine Campore, Pisnago, del disegno n°1.  In quest’area oggi vi è la zona industriale, e non sono note segnalazioni di ritrovamenti archeologici. E’ noto che i romani furono grandi distruttori di tombe etrusche, per recuperare valori e belle pietre da costruzione. Secondo la tesi della “Battaglia di Annibale”, in quest’area dovettero trovarsi dei grandi tumuli. Ritengo che una esplorazione al georadar sul fianco del pendio del canalone del Rio Riale, potrebbe dare dei reperti, pur di scarso valore, perché gettati giù con la demolizione dei tumuli, però significativi per attestare la necropoli.

Le successive necropoli romane e longobarde furono fatte nella piana attorno a San Giorgio, e presso le altre chiese, quindi i reperti tombali etruschi erano nettamente in un luogo diverso.

 

21° Il Toponimo

 

Se l’etimo etrusco di Melpumebbe qualche riferimento agli acquedotti di piombo, per esempio Mel+Plumb= collina del piombo; quando i romani tagliarono il canalone per separare il castrum,intercettarono l’acquedotto, e scoprirono tutta la rete idrica fatta in piombo, e perciò diedero quel nome alla località: Plumbiae(poi Pumbia e Pombia), tralasciando la radice Mel =collina, che non aveva più senso perché è una parola celtica, troppo diversa dal latino Collis.

Se i tubi di piombo ci sono davvero, attorno al pozzo Mundus,si vedono col georadar, e non sono romani ma etruschi, perché i romani non costruirono il borgo, ma soltanto il castrum.

Pombia romana fu molto più piccola di Melpum,che arrivava fino a dove è Varallo Pombia; perciò quando sorse questo secondo borgo, nel medioevo, vicino alle mura nord di Melpum,prese un nome riferito all’attinenza dei ruderi lì trovati, con la fonte primaria di Pombia, e perciò io vedo nel nome Varallo Pombia, la corruzione della parola Vallum Alter Pumbiae.

 

22° I Ponti della Miorina

 

Vanno presi campioni (C14) dei mozziconi di pali subacquei nel Ticino alla Miorina; è il punto meno fondo del Ticino e durante le fasi di magra si può guadare. Vi sono due zone vicine, con file di pali mozzati e fittamente piantati nel greto. Una zona rivela la presenza di campate, con pali concentrati in quattro punti distanziati, giusto come i piloni di un ponte. L’altra zona rivela pali fittamente disposti su tutto l’attraversamento. Qui vi sono anche file di mattoni tra i pali, ed è documentato che ebbero funzioni di piccole dighe asportabili, per tenere un po’ più alto il livello del lago, durante le fasi di magra, in modo che in quel punto di soglia, vi fosse sufficiente flusso d’acqua per transitare con le imbarcazioni, su uno stretto varco . Però si intuisce che questa fu una funzione secondaria, attivata perché già c’erano i pali. E’ possibile che tutti quei pali furono messi in tempi successivi, per palificare campate da ponte, poste ogni volta a lato delle precedenti distrutte. Una analisi C14 del legname rivelerebbe la successione delle palificazioni, e dunque la storia di quei ponti sul Ticino.

 

23° L’antica Sestum

 

Sarebbe interessante sondare un quadrilatero di terreno, che si trova nella frazione Oriano Ticino, che sta in alto poco a nord di Sesto Calende, e che ha i connotati di un posto di guardia; dovrebbe corrispondere all’antica Sestumetrusca. E’ nota la parola come posto di sosta e presidio di truppe romane, al sesto miglio fuori delle grandi città. Ma è un uso che era già prima etrusco, e mentre la città romana di Sesto Calende, si trova vicino al fiume, perché fu un porto e un mercato, la Sestumetrusca fu più in alto, dove vi è questo rialzo di terreno quadrato, il quale si trova proprio a sei miglia (9 km) a nord della porta nord di Melpum(Varallo Pombia) ed ha una posizione atta a sbarrare il passaggio della valle Lenza, che era l’unica via verso Taino, Angera, e valichi per la Svizzera.

 

Certo, come nota qualcuno, non si può dire che questo studio abbia trovato Melpum,perché è ancora là sotto invisibile. Io non posso fornire le cosiddette “prove documentali oggettive”, perché non faccio parte degli autorizzati a scavare: però noto che la scienza si basa anche su modelli fatti di indizi e di ragionamenti, e mi pare che di queste cose, riesco sempre a fornirne a sufficienza in ogni circostanza, equivalendo il richiesto testimone di un reperto significativo.

Per contro chiedo, quanti reperti o indizi rechi Milano, per essere stata attribuita a Melpum?

 

Al solito c’è il fatto che diventa vero ciò che dicono tutti, ed idiota ciò ce dice uno solo.

 

Fonte: RODAN Gli indizi di Melpunm; da Acheomedia del 11 giugno 2011

Link: https://www.archeomedia.net/wp-content/uploads/2011/06/18_Indizi_Melpum_Rodan.pdf

 

 

 

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