Lug 04 2019

IL FILO DI ARIANNA, ALLA RICERCA DELLE ANTICHE STRADE

 

 

 

L’antica idea di trovare la strada seguendo la traccia di un filo, è il principio più semplice e sicuro per trovare delle tracce seguendo una strada. Una strada consente di trovare tutto ciò che è stato costruito nell’antichità, perché fu sempre una strada a condurre in ogni luogo.

 

Questo testo prosegue i due precedenti (Annibale e Melpum) nel proporre il metodo di esplorazione dell’antichità per via deduttiva, basando la ricerca sulla percorrenza delle Antiche Strade, invece di percorrere le citazioni dei testi antichi, perché le indicazioni tratte dall’osservazione attenta dei luoghi, rivelano le esistenze del passato più di quanto sappiano spiegare i testi.

 

Questo tipo di indagine potrebbe dirsi archeologia deduttiva, perchè invece di scavare nel terreno, scava nelle ipotesi, per quanto si vede, e guida sulle possibilità di fare ritrovamenti, prima che uno scavo casuale li riveli all’archeologia.

 

Chi volesse proseguire questo metodo, dopo qualche esperienza riscontrerà che non bazzica fantasie inconsistenti, perchè devo dire che per tutta la vita ho lavorato proprio applicando questi criteri.

 

Quel già citato “Tempi e Metodi” è una professione per la quale si fanno ristrutturazioni di stabilimenti, basate sulla attenta osservazione di quello che viene fatto, per “dedurre” come si debba farlo in un altro modo, più semplice, rapido, sicuro, meno costoso, e soprattutto flessibile (da mutare nel tempo).

 

Spiego intrufolando via via degli esempi tra queste note, ma è chiaro che tutto sta nell’associare la fantasia col metodo di analisi e le conoscenze tecniche, e dunque è chiaro che diventa un hobby, la stessa associazione di idee con gli aspetti del paesaggio, perché la natura crea cose molto più semplici delle macchine, e delle linee di produzione.

 

E’ evidente che questo tipo di indagine, si associa alle passeggiate a piedi, e dunque è adatta a chi ama le forme del turismo culturale. Prima si distingueva il turismo vacanziero nei luoghi di natura (mare, montagna), dal turismo culturale nei luoghi di città, come visite di Firenze o Pompei.

 

Ma oggi si è sviluppato un “Turismo Itinerante”, che è al contempo vacanziero e culturale, perché percorre località che contengono sia i luoghi di natura, che le cittadine con significato storico e artistico. Fa la differenza l’aver sviluppato un vasto assortimento di testi guida, semplici o dettagliati su più punti, che spiegano molto bene i luoghi che si stanno percorrendo, così da capire cosa si sta osservando, che sia un paesaggio, una chiesetta, un vicolo di botteghe, o la storia che passò di lì.

 

A seconda dei casi ci si va in moto, in automobile, o in pullman, dove è facile porre vocine squillanti di studentesse, che leggono i testi a tutto il gruppo in viaggio. Si mescolano percorsi stradali ed a piedi ad ogni tappa, cosa vedere, dove trovare specialità tipiche, ed i significati di tanti perchè.

 

Per chi ama l’archeologia, questo turismo è affiancato da associazioni di volontariato, che conducono a località tipicamente archeologiche, ed offrono anche esperienze di scavo, con una vasta scelta di località sparse nel nostro paese. Tra tutte queste attività, si inserisce questa Guida sugli itinerari delle Antiche Strade; per organizzare gite a soggetto, come le Visite di Zona (ipotesi il Viterbese), o le Visite di Percorso (ipotesi la Via Flaminia), per vedere come vi passarono gli antichi, e soffermarsi ad osservare il paesaggio e le località, con la spiegazione di come furono allora, cosa esistette qui, lì e là, dove sono finiti i resti, sotto o dentro quali costruzioni attuali, o sepolte in quel cucuzzolo, o in fondo alla scarpata di quella frana.

 

In questo ambito ma con criteri di viaggio più specialistico, si organizzano visite tipicamente archeologiche, con dotazioni di vari tipi di georadar, per esplorare ciò che non si vede dall’esterno, ma si osserva in radiografia attraverso il terreno, che cosa c’è sotto. Qui si associa l’attività dei ricercatori veri e propri, con la presenza dei turisti cui si spiega che cosa sono le cose visibili, in modo che contando sul numero di partecipanti e frequenze di escursioni, si possano ammortizzare i costi delle attrezzature, loro modifiche, e studio dei dati ricavati, così da incrementare le possibilità di ricerca.

 

Ancora in questa ottica, ciascuno che ama lo studio, può inseguire proprie supposizioni circa ciò che dovrebbe esserci in una zona, utilizzando la griglia già tracciata di tutti gli itinerari delle antiche strade, per localizzare le cose che ha dedotto dai propri studi.

 

I siti archeologici non sono sparsi a caso nel territorio, ma sono sempre accanto ad un’antica strada, perché serviva per recarvisi, e dunque è più facile trovare siti archeologici, identificando prima le strade, e poi individuando lungo esse le aree compatibili con gli abitati, sulle quali indirizzare la verifica strumentale, nell’ottica di ridurre tempi, modi e costi di ogni ricerca.

 

Il problema della conoscenza richiede il confronto continuo con una moltitudine di valenze, che possono correggere, aggiornare, sviluppare, le nozioni già raggiunte (analisi multidisciplinare) in linea con gli attuali ritmi di evoluzione, che oggi, attraverso i canali Internet raggiungono confronti amplissimi in tempo reale. Perciò anche la nozionistica storica ed archeologica è sollecitata a fornire termini di confronto adeguati, riguardo alle molte conoscenze che sono andate perdute.

 

Uno studio che porti a conclusioni scientifiche, non può basarsi su nozioni frammentarie e casuali, non basta più ciò che capita di trovare (scavando o rovistando negli archivi), ma necessita la pianificazione di indagini sistematiche, che indichino “Cosa si debba trovare e dove”, così da andare a recuperarlo, studiarlo, e renderlo disponibile in archivi on-line, per l’uso di altri ricercatori che possono trovarsi sparsi in qualsiasi angolo del mondo.

 

Questa metodica è già una costante nel mondo delle attività produttive, nei ruoli intellettuali ed esecutivi, e la cultura marittima insegna che l’intero mondo fu scoperto ed esplorato, pianificando itinerari da seguire, sui quali si sono avviate spedizioni, che poi hanno trovato tutto ciò che si poteva trovare, per cui l’America fu scoperta andando a cercarla, e non perché capitò di trovarla.

 

Lo studio delle antiche strade, ha il significato principale di predisporre un piano di percorsi da esplorare, sui quali indicare dove sono i punti d’attenzione, che si dovranno poi esplorare con la prospezione strumentale (Georadar e simili), in modo da non spendere ricerche lunghe di scarso effetto, ma concentrate in aree ad alta probabilità di presenza reperti, nell’ottica che ogni attività di ricerca sia economica, e raggiunga in tempi brevi gli obbiettivi preventivati.

 

Deduzione e prospezione sono il metodo per gli appassionati archeologi, perché consente di verificare le proprie idee, senza scavare, e dunque fuori dai problemi delle autorizzazioni.

 

E’ più importante la conoscenza che il possesso delle cose, non serve più scavare per vedere cosa c’è sotto, ci sono musei che traboccano fin nelle cantine, di reperti che non c’è modo di valorizzare, non ne servono altri, serve solo sapere che esistono e lasciarli là sotto terra, perché un giorno si potranno capire altre cose oggi insospettabili. E’ invece importante decifrare in radiografia cosa sono le cose che si vedono sepolte, perché questa tecnica va perfezionata con prove e riprove in campo, mutando e filtrando segnali, fino a trasformare la visione di macchie, righe e sagome, in figure ben definite e riconoscibili come cose.

 

Lo studio delle antiche strade comprende due parti distinte, legate agli obbiettivi prefissati:

 

1) – Le strade romane, conducono a siti più o meno noti, che appartengono ad un cultura standardizzata della quale si sa pressoché tutto; perciò hanno un valore prevalente turistico- culturale, perché portano al reperimento di valori artistico-architettonici, adatti a sviluppare l’attrazione turistica che darà movimento ad una località. Salvo eccezioni, questa indagine non conduce alla scoperta di nuovi importanti significati scientifici, e dunque si segue l’indagine stradale romana, allo scopo di individuare gli antichi percorsi che vi coincidono, dato che le strade romane si fecero in larga misura sopra quelle preesistenti. Quando un Comune volesse sfruttare le conoscenze raggiunte, provvederà da sé ad ottenere autorizzazioni e risorse economiche per valorizzarsi con scavi e museo pro-loco.

 

2) – Le antiche strade, invece conducono a siti più antichi, che interessano dal punto di vista scientifico. In linea di massima, tutto ciò che appartenne ad Etruschi, Italici e Preistorici, si nasconde in siti precedenti al III sec.a.C, in cui la furia romana, gallica e di altri invasori, distrusse tutto al pari dei terremoti e delle alluvioni. Perciò il ritrovamento di questi reperti ha l’importanza di rivelare dati di culture di cui si sono perse le tracce fisiche e letterarie.

 

Raggiungere ed esplorare questi siti, può avere un minore interesse turistico, perchè di solito l’area archeologica fu spogliata in antico, per trarre materiali da costruzione, però può originare un museo in loco che illustra reperti, storia, situazione, cui come prima ci penserà il Comune.

 

Però dal punto di vista studi, qui risiede il massimo interesse storico-scientifico, perché sono questi ritrovamenti che consentono studi sulle differenti tecniche murarie, uso di materiali, forme abitative, templari, difensive, ceramiche e sculture, tipi di utensili e lavorazioni metallurgiche, acquedotti e cloache, fino agli usi alimentari (da depositi spazzatura). Tutte cose meno note per cui gli appassionati ricercatori che dovessero individuarle radiograficamente, dovranno interessare le Università, perché questi sono gli autentici “Beni Culturali”, facili da alterare per incompetenza o incuria, troppo spesso il solo contatto con l’aria cancella o sbriciola tracce importanti.

 

Nel seguire le tracce delle antiche strade, va ulteriormente posta attenzione all’epoca che si indaga, perché le più antiche città furono sempre arroccate sulle alture, a breve distanza dal mare o dalla vallata di un fiume, dove transitavano le genti itineranti. I percorsi stradali o natanti erano il riferimento vitale dei collegamenti di ogni popolo, ma nel contempo gli abitati si ponevano discosti e nascosti, dalle grandi vie di comunicazione, perchè le stesse portavano genti nomadi, che vivevano su carri, tende o navigli, ed usavano depredare e distruggere tutto quanto incontrassero sul percorso.

 

Dunque le lunghe vie carovaniere che andiamo cercando, passarono esterne agli abitati nel periodo preistorico, mentre attraversarono in fila una città dopo l’altra, nel periodo storico, in cui si formarono grandi popoli stazionari, organizzati con l’ordine e la difesa, come fu nell’Italia dal VII sec.a.C. al V sec.d.C. E poi ancora col ritorno delle invasioni barbariche, gli italici asportarono selciati e seppellirono tracciati stradali, per evitare che seguendo le strade, gli invasori barbarici giungessero rapidamente in tutte le località da depredare.

Demolizione stradale che fecero anche gli Incas, per non farsi trovare dai conchistadoresspagnoli.

 

Il riconoscimento delle antiche strade è e rimarrà un’opera in corso, perché è un lavoro imponente che non avrà mai fine, tanto è complesso districare strade che sono state fatte e rifatte, sovrapposte, o accanto, o del tutto diverse. E’ raro riconoscere la strada più antica, partendo dalla più recente e visibile, perciò è più facile partire dall’idea che quando non c’era alcuna strada, chi fece la prima seguì unicamente le forme del terreno, e seguì il percorso più breve e facile, lungo l’itinerario tra un punto di partenza ad uno di arrivo, solitamente molto distanti, perché furono percorsi di gente itinerante sui grandi esodi o sulle transumanze, e solo dopo, quei percorsi divennero vie organizzate dai commercianti, per andare di villaggio in villaggio, o per trasportare merci tra una pianura agricola o una zona mineraria, fino ad un porto di mare.

 

Come si pianifica una rotta navale, così è anche per le antiche strade.

 

– Prima si individua un tracciato sulla carta geografica, in base alle forme del territorio, gli itinerari usati, i toponimi, le note della tradizione, citazioni nei testi, segnalazioni di reperti archeologici trovati;

 

– poi si segna sulla mappa la traccia da seguire e ci si mette in marcia;

 

–  si esplora fisicamente il percorso per riconoscere le forme del terreno, pendenze, distanze, tracce di percorsi di campagna, allineamenti di cascine od abitati, e si segnano evidenze sulla carta;

 

– poi si ripassa sui punti ritenuti rilevanti, possibili siti archeologici, con i moderni strumenti di prospezione del sottosuolo, prima con test sommario su scala larga (fotografia ad infrarossi, ecoscandagli), e poi ci si sofferma sui segni di prima indicazione, per l’esplorazione minuta (scansione a risonanza magnetica e coordinate GPS);

 

– non è che gli strumenti facciano tutto, occorre anche diventare esperti della interpretazione degli echi sotterranei, per capirci qualcosa (ho una esperienza di coliche renali che indica una maggioranza di ecografisti, che negano l’esistenza di calcoli e dicono che ho solo lombaggini, mentre una sola ecografista diagnostica calcoli, perché riesce a distinguere granellini di sabbia di un millimetro, che si formano e si staccano prima di ingrossare; dunque diagnosticare echi sonar non è facile).

 

Ancora di più si capisce il significato del “capire i segnali”, a bordo di un sottomarino, dove non si vede nulla più che un puntino bianco su uno schermo nero, però si ascolta la variazione ditoni del “bip bip” per capire cosa c’è, e distinguere una mina a mezz’acqua da una boa in galleggiamento.

 

Gli ultrasuoni sono sensibili alle variazione di densità, e se pur nell’acqua sono minime (perché cambia la temperatura o la salinità), sono capaci di deviare e distorcere gli echi esplorativi; perciò occorre grande capacità di immaginazione, per capire cosa potrebbe esserci.

 

Il discorso si complica nel corpo umano fatto di tante cose vicine con medie densità, e problematica diventa la penetrazione delle alte densità del sottosuolo, dove prevale l’interferenza di riflessioni e rifrazioni di una cosa sull’altra. Perciò bisogna contare sull’evoluzione di questa tecnica della risonanza magnetica, che potrà farsi con l’esperienza di continue prove di appassionati competenti.

 

Dopo aver disposto attrezzature ed esperto analista, si organizza la campagna di mappatura del territorio, prima rapida (es.10 km al giorno) per tracciare dove c’è o non c’è qualcosa; seguita da una mappatura lenta (es. qualche giorno per sito) per poter disegnare forme, dimensioni, profondità, tipologia, di tutto ciò che è stato registrato esservi sepolto.

 

Via via che si espande la mappatura del territorio, gli organi competenti decideranno quali punti di attenzione si debbano anche scavare, per passare dalla conoscenza di ciò che c’è, al tirar fuori il contenuto. Però poi non si può poi restare in ballo per anni, con blande campagne di scavo estive fatte dagli studenti. Aprire un sito sepolto è come aprire un libro, bisogna leggerlo tutto di fila, per coglierne significati e contenuti, descriverli, pubblicarli e recuperare costi.

 

Di seguito a questo capitolo, il discorso si articola su tre direzioni indipendenti, che descrivono le: Vie Preistoriche, Vie Etrusche, e Vie Romane.

 

Ciascuno di essi si correda di tanti capitoli quante sono le strade esaminate di quel tipo, e su ciascun percorso stradale sono elencati passo passo, tutti gli abitati presenti, il rispettivo nome dell’antichità, le parti antiche già note, le ipotesi di ciò che manca di trovare.

 

Con una griglia di questo tipo, appare evidente dove c’è uno spazio vuoto, in cui invece dovrebbe esserci qualcosa; e dove ci sono costruzioni sotto le quali debba necessariamente esserci stato un qualcosa d’altro.

 

Questa è l’Archeologia Deduttiva, che conduce poi all’Archeologia della Prospezione Strumentale. Non serve più scavare per sapere cosa esistette e come fu fatto; si scava solo per recuperare quegli oggetti che valgono la pena in riferimento ai costi, con il dovere di inventariarne i dati.

 

 

Fonte: RODAN, Il filo di Arianna, da Archeomedia del 31 ottobre 2011

Link: https://www.archeomedia.net/wp-content/uploads/2011/10/23_Arianna.pdf

 

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