Mag 26 2018

ICO

Category: Enzo Monti Raccontigiorgio @ 03:21

 

 

   Di professione pittore, Ico vive della pensione minima: avendo lavorato qualche anno per la nostra Arena dipingendo scenografie. Con la crisi, non è che i pittori se la passino proprio bene: racimolano qualche spicciolo anche se sparano certe cifre.

 

 Orbene, quel che è di rigore per il resto degli uomini, non vale in genere per gli artisti. Hanno i coluri equinoziali sfasati e i più vivono anche fuori dalle righe. Ma la legge, al pari della vita, non transige purtroppo, e, come spesso accade, vengono castigati.

 

 In casa sua son tutti artisti, gatto compreso. Figlio d’arte, oltre il metro e settanta, con un profilo da medaglia, con occhi acuti e penetranti evidenziati da folte sopracciglia, porta un taglio di capelli d’altri tempi. Cavalca la moda, anzi, l’ha anticipata senza cadere nell’esagerazione dei calciatori del giorno d’oggi. Infatti, sulle tempie e ai lati il taglio è sempre stato piuttosto corto, mentre una scriminature centrale divide i capelli se non proprio ricci almeno mossi. Veste sempre con robetta da poco, rivelando buon gusto e stile d’artista. Mi fa impazzire quando d’estate sfodera la sua tuta di jeans su camicette variopinte  che gli danno un’aria di vacanziere più che da operaio in pausa di lavoro. Lo potete incontrare in tutte le osterie che praticano buoni prezzi, e lo potete riconoscere per le saracche che tira. Alla frontiera, potrebbe essere arrestato solo per contrabbando di bestemmie.

 

 Grande suo amico è Faustino, anch’egli artista: un ometto pelle e ossa, più piccolo di me, con muso da volpino, capelli biondo-castani lunghi e lisci raccolti a coda. Formano una coppia formidabile. A chi è dotato d’immaginazione danno l’idea d’un cane dal pelo lungo al guinzaglio del suo padrone. Certo che di Faustino non ne ho mai sentito  la voce, in compenso, so che non abbaia.

 

 Un bel giorno, accadde che questa felice coppia si recasse in Valpolicella. Lo scopo della passeggiata era di liberarsi dei loro terribili mali di testa e di soddisfare le voglie d’una ben nota ostessa.

 

  Alle undici entrarono nel locale, si sedettero a un tavolo e ordinarono pane e salame con del vino rosso. Alla giovane cameriera che li servì, chiesero della padrona. Questa sarebbe scesa nel locale all’ora di pranzo. All’improvviso, era ritornato il marito che fa l’autotrasportatore e che sarebbe ripartito nel pomeriggio.

 

 Leggendo il giornale e fumando qualche sigaretta tirarono l’ora di pranzo. Ordinarono un piatto di trippe. Le stavano gustando, quando scesero nella trattoria la proprietaria con il marito che, senza dar tanto nell’occhio, andarono a sedersi a un tavolo d’angolo per desinare. La donna finse di non averli visti. Al contrario, l’uomo li degnò in continuazione di sguardi cattivi, prevedendo che quei due avrebbero pagato il conto con qualche scarabocchio, visto ormai che di tele il locale ne aveva anche in cantina.

 

 Dopo mezzora, la donna venne al loro tavolo facendo finta di servirli, sottovoce confidò che il marito era in attesa d’una telefonata e che poi sarebbe ripartito per l’Austria. C’era solo da pazientare ancora un po’.

 

 Dalle quattordici in poi si misero a giocare a carte, a scopa naturalmente. Passarono il tempo segnando  punti, fumando sigarette, e bevendo vino: tanto vino. Venne l’imbrunire. Le voglie si afflosciarono e la pazienza per l’attesa si esaurì. Decisero di far ritorno in città. Prima di salire in macchina, per rassicurare e rincuorare l’amico, Ico:

 

 – Adesso, andremo pian pianino, in modo da non far incidenti e per non essere fermati dalla polizia.

 

 Ma per quanto si presti attenzione, sia in casa, per strada o sul lavoro, la vita d’oggi è talmente complicata che state pur certi che ci si dimentica di qualcosa. E poi, cosa ci volete fare se agli sfigati capitano una dietro l’altra?  Appena fuori di Negrar, la paletta dei Carabinieri intimò loro di fermarsi. Ci voleva anche quella!

 

 Come il finestrino s’abbassò, l’odor di vino arricciò il naso e tolse il fiato a quel nostro bravo carabiniere che si premurò di farli scendere e di accertarsi sulle loro condizioni. Entrambi i nostri eroi facevano fatica a reggersi in piedi. Non ci fu tanto bisogno di verifiche. Gli agenti si fecero consegnare la patente e il libretto della macchina. Ancora un altro intoppo: la macchina apparteneva al fratello di Ico, insegnante all’Accademia e anch’egli pittore. Oltre alla compilazione del verbale, si sprecò altro tempo per verificare la reale appartenenza dell’auto o se fosse stata rubata.

 

 Multa, ritiro della patente, fermo della macchina, e poi ritornare a Negrar facendosi, in quelle condizioni, più d’un chilometro per prendere l’autobus. Quante ne tirò Ico son solo da scordare. Non è stato portato dentro per miracolo.

 

 Dopo essersi allontanati di cinque o sei passi dai Carabinieri, Faustino ritornò indietro e avvicinatosi a uno di loro, in tono sommesso:

 

 – Scusi, mi tolga una curiosità: perché ci avete fermati?

 

 – Andavate a fari spenti.

 

 

Fonte: srs di Enzo Monti del 28 dicembre 2016

Link: http://enzo-monti.blogspot.it/2016/12/ico.html

 

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