Mag 04 2015

STORIA VENETA – 10: 828 – L’ ARRIVO DEL CORPO DI SAN MARCO. TRAFUGATO IN MODO AVVENTUROSO

Category: Storia di Venezia e del Venetogiorgio @ 00:04

 

Dal testo di Francesco Zanotto

 

“Era questo involto da capo a piedi in una clamide di seta tessuta e sigillata con molti impronti: si conchiuse di sostituirvi il corpo di Santa Claudia, e di farne il cambio per guisa, che non se ne dovesse scorgere indizio. Tagliarono per ciò il manto di retro; estrassero il corpo di San Marco, e l’altro di Santa Claudia vi collocarono;  cosicché in sul dinanzi ne rimasero intatti i suggelli. Quindi i Veneziani trasportarono il corpo dell’Evangelista alle lor navi, coprendolo di erbaggi e di carne porcina in odio a’ Saraceni … ” 

 

ANNO 828 

 

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Giuseppe Gatteri

 

Cosa ci racconta il disegno di Gatteri

 

Un gruppo di mercanti veneziani che commerciano con gli Arabi asporta dal suo sepolcro e nasconde in una nave le spoglie dell’Evangelista. AI ritorno a Venezia il Doge perdona loro di aver infranto il divieto  di commercio con i nemici e organizza grandi accoglienze per onorare la sacra reliquia che  diviene simbolo e culto di Venezia … 

 

10 – LA SCHEDA STORICA 

 

Con la pace di Aquisgrana Agnello Partecipazio era riuscito a sancire ufficialmente l’autonomia di Venezia nei confronti dell’impero franco e a riaffermare lo storico legame della città con  Bisanzio. Il  nuovo dogato, tuttavia, non fu privo di seri problemi e continue minacce.

I Franchi non avevano infatti del tutto rinunciato ai tentativi di inglobare nel loro impero anche l’area veneziana. Tentativi che puntualmente ripresero sotto i successori di Carlo, Ludovico il Pio e Lotario. La congiura ordita contro lo stesso doge, che da tempo aveva assunto quale coreggente il figlio Giustiniano, era quasi sicuramente ispirata dalla corte franca. La congiura fallì tuttavia miseramente e due dei tre caporioni vennero impiccati dinanzi alla chiesa di S.Giorgio. Il terzo trovò invece rifugio e non certo casualmente, presso l’imperatore franco Lotario. Fallita la strada apparentemente più sbrigativa della eliminazione fisica, i Franchi si rivolsero alle vie diplomatiche non rinunciando alle loro mire sulle isole venete.

Nell’827, lo stesso anno in cui veniva a morte lo stesso anziano doge Agnello, venne infatti convocato a Mantova un concilio. Lo scopo: riunire le due sedi separate delle diocesi di Aquileia e di Grado. Ad Aquileia veniva così riconosciuta l’antica supremazia sull’intera provincia ecclesiastica ed il vescovado di Grado rientrava invece nella diocesi lombardo-aquilense. Nella stessa rientravano anche la sedi dell’Istria ancora sotto il dominio franco.  A venir minacciata da simili provvedimenti, era ora l’autonomia religiosa della chiesa veneziana che aveva nel Patriarcato di Grado la sua storica sede spirituale. Ben se ne avvide il doge Giustiniano, succeduto al padre e che acutamente vide nel possibile trasferimento delle reliquie di S. Marco da Alessandria d’Egitto a Venezia, un’ irrinunciabile occasione per riaffermare invece, con la dovuta legittimità, l’autonomia della propria chiesa E qui la storia si tinge di leggenda.

 

Rapporti difficili con gli Arabi 

 

Malgrado Venezia avesse accettato ufficialmente le disposizioni dell’imperatore di Bisanzio con le quali si vietava ogni commercio con i Saraceni, i rapporti con questi e i Veneziani, erano in realtà proseguiti tranquillamente.   E così, quando una flotta veneziana di circa dieci navi approdò al porto di Alessadria, i due capitani e tribuni Buono di Malamocco e Rustico di Torcello, si recarono, come da consuetudine, nella chiesa di S. Marco dove  erano custodite da secoli le sacre reliquie dell’evangelista.

Non era certo un momento facile quello per i cristiani che vivevano nei territori conquistati dagli Arabi. E così Buono e Rustico parlando con il monaco Stauracio e col prete Teodoro di quella chiesa, vennero a sapere che il Califfo, al fine di reperire nuovo materiale da impiegare nella costruzione del suo nuovo palazzo, aveva dato l’ordine di spogliare tutte le chiese cristiane dei loro marmi per poi distruggerle. Udita la notizia i due tribuni persuasero i due religiosi sulla necessità di trasferire le sacre reliquie altrimenti ben presto profanate dagli infedeli. Da eludere tuttavia, non c’era solo la vigilanza dei Saraceni, ma anche quella degli stessi cristiani di Alessandria, gelosi delle loro sacre reliquie.

Questa venne ingannata inserendo nell’involucro delle reliquie di S. Marco il corpo di S. Claudia mentre i Saraceni vennero facilmente elusi coprendo la cassa che accoglieva il corpo dell’Evangelista con carne di maiale affumicata, notoriamente in odio ai musulmani.

E così, dopo un viaggio che la tradizione vuole miracolosamente concluso dopo una terribile tempesta, le spoglie mortali del Santo arrivavano là dove, ed è ancora la tradizione a parlare, un angelo aveva predetto allo stesso S. Marco che lì un giorno avrebbero ricevuto il loro definitivo riposo.

Non è del tutto improbabile, anzi, è pressoché certo, che la spedizione dei due tribuni avesse in realtà avuto il tacito appoggio dello stesso doge. Questi infatti, con l’arrivo a Venezia delle sacre reliquie, puntava ad ottenere un ben preciso risultato politico.  Era in sè già significativo che le reliquie non fossero portate nel duomo di Grado bensì direttamente a Venezia.

I sacri resti dovevano evidentemente restare dove si trovava anche la sede politica delle Venezie, la sede del doge che si ergeva così anche quale unico garante e difensore della propria chiesa. Le basi di quello strettissimo rapporto tra potere ducale e chiesa veneziana erano di fatto state gettate. Non solo. Con le reliquie a Venezia, il doge sperava ancora che lo stesso Patriarca di Grado – le origini della cui giurisdizione si facevano tradizionalmente risalire appunto a S. Marco -, portasse la sua sede a Venezia, cosa che si verificò, ma solo alla fine del Medio Evo.

Giustiniano contava evidentemente in questo modo di poter meglio controllare la lealtà del Patriarca, finito a seguito del concilio di Mantova sotto la diocesi aquilense (franca).  Lealtà del Patriarca che nell’immediato significava anche impedirgli una pericolosa alleanza con i Franchi per poter riavere da questi le sedi perdute dell’Istria. Già in un recente passato, e Giustiniano ben lo sapeva, questa circostanza aveva avuto delle conseguenze drammatiche per alcuni dogi.

Così i Veneziani avevano risposto, dunque, alle decisioni del concilio di Mantova, con una chiara e decisa riaffermazione anche in campo religioso della propria autonomia attraverso la quale, in quello specifico momento, passava anche quella politica.

Giustiniano, morto nell’829, non poteva non preoccuparsi del destino delle tanto preziose reliquie. Poco prima di morire, infatti, dispose quale sua estrema volontà, che venisse eretta a sue spese una chiesa degna di accogliere e custodire i sacri resti del nuovo patrono di Venezia. Da allora la città e la sua potenza sarebbero sempre stati identificati e rappresentati con il suo simbolo, il leone con il Vangelo.

Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  1, SCRIPTA EDIZIONI

 

 

Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  1, SCRIPTA EDIZIONI

Link: http://www.storiavicentina.it

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