Mar 24 2014

ALCUNE GLORIE VERONESI

Category: Chiesa Veronese Storia Pighi,Libri e fontigiorgio @ 03:25

altare-tornacoro-duomo-verona-stemma-canossa.1200

Il vecchio Altare Maggiore nel tornacoro  del Duomo di Verona con il grande stemma del Canossa;  Lodovico di Canossa fu sepolto il 3 febbraio nel duomo di Verona, nel coro dinanzi all’altar maggiore; Bernardo Donato pronunziò l’orazione funebre. Sulla tomba venne successivamente collocata una lapide con il suo stemma, e i suoi nipoti vi aggiunsero poi un epitaffio; nel 1544 vi venne sepolto il Giberti, deceduto l’anno prima.

 

 

VOLUME  II –  EPOCA  IV – CAPO III

 

SOMMARIO. – Lodovico di Canossa – Adamo Fumano – Bernardino Maffei – Sant’Angela Merici – B. Lucia – Francesco Zini – Giovanni Del Bene – Nicolò Ormaneto – Onofrio Panvinio.

  

Un erudito scrittore veronese, parlando del secolo XVI, dice che esso per Verona fu «il periodo più splendido della nostra cultura classica» (1).  Noi, avendo assunto come compito nostro, non di esporre la storia di Verona, ma soltanto di dare alcuni cenni storici sulla sua chiesa, diremo soltanto di quelle glorie che spettano alla chiesa, sia pér il grado delle persone in sè, sia per la natura delle opere da loro istituite o favorite; seguendo presso a poco un ordine cronologico.

 

Il  primo personaggio, celebre, che ci si presenta nei primi decenni del secolo XVI, è il conte Lodovico di Canossa, nato in Verona l’anno 1476 da Bartolomeo ed Isabella degli Uberti(2). Ancor giovane, sia per le sue doti personali, sia per la nobiltà della sua famiglia, si trovò impigliato in affari politici; prima presso il duca di Urbino, poi in Roma nella Corte Pontificia sottò i papi Giulio II, Leone X, Adriano VI.  Nel 1514 da Leone X fu mandato per una legazione a Londra, dove entrò in relazione con Erasmo di Rotterdam. Nel 1515 era in Francia, dove si  cattivò tosto la stima ed il favore del nuovo re Francesco I, il quale poi nel 1525 lo mandò come suo ambasciatore presso la Repubblica Veneta. In questo ufficio tenuto per oltre tre anni lavorò indefesso per gli interessi del suo re, massime nelle terribili lotte disastrose con l’imperatore Carlo V. Fin qui il conte Canossa diplomatico.

 

Ma egli, non sappiamo in quale anno, fu ordinato sacerdote; anzi nel 1511 fu nominato vescovo di Tricarico; al quale vescovado rinunziò poi nel 1528: nel 1516 per la interposizione di Francesco I fu nominato vescovo di Bayeux in Francia; al quale vescovado rinunciò nel 1530, quando per la sua malferma salute vide di non potersi dedicare alla cura della sua chiesa. La vita del Canossa anche nella carriera ecclesiastica, massime per la correttezza dei suoi costumi, per il suo zelo illuminato e per la sua operosità, fu assai encomiata da uomini illustri e da nostri scrittori del secolo XVI.

Sia come diplomatico, sia come vescovo, il Canossa fu in intima e cordiale amicizia congiunto al nostro vescovo Giammatteo Giberti; come ci attesta la copiosa corrispondenza epistolare tra di loro. Si disse che talvolta nelle cose politiche il Canossa abbia avuti alcuni screzi col Giberti. Certamente l’uno e l’altro amavano la Chiesa e la Santa Sede, e ambedue la volevano libera da qualsiasi prepotenza estranea: il Canossa ambasciatore del re di Francia favoriva gli interessi del suo rappresentato; ma anche il Giberti propendeva piuttosto alla Francia che alla Germania e alla Spagna. Dunque, se tra i due diplomatici vi fu qualche divergenza, non potè essere che su qualche punto particolare e di importanza secondaria.  La prova principale di questi screzi si avrebbe nella famosa lettera anonima scritta da Venezia al Giberti con la data 11 dicembre 1526, della quale si vorrebbe fosse autore il Canossa(3): ora noi altrove abbiamo dimostrato che quella lettera certamente non è di lui(4).

 

Il Canossa coadiuvò il Giberti nella riforma della chiesa veronese e nel mantenimento di opere di beneficenza istituite a tutela dell’ onestà dei costumi. Ancor vivente dava al Giberti somme cospicue a questo scopo: altre ne lasciò a lui nel suo testamento per la fabbrica dell’ospedale della Misericordia, per la dotazione del Conservatorio della SS. Trinità, per la costruzione del tornacoro nella cattedrale.

 

Una recente biografista del Canossa dice che gli scrittori veronesi non convengono sulla data della morte di mons. Lodovico di Canossa. Ora quella data è certa da un manoscritto della Biblioteca comunale spettante al secolo XVI, che con circostanze minute ci dà l’anno, il mese, il giorno: questo fu il 31 gennaio 1532.  Certi di far cosa grata ai lettori, lo diamo testuale:

«Reverendissimo Monsignore Vescovo di Bagus morite adi 31 zenarro 1532 et morite in di merchorri, Li soi parenti e neuodi fioli de uno suo fratello che fu el Conte Bacharin da cha nosso … li qual parenti e neuodi tene el corpo morto in chassa fina adi 3 febrarro 1532 et ha hore 22 el fu sepulto Et fu … fato un bel sequio a, sua segnoria, et li andò tuti le monesteri di frati che vano ali corpi, e tuti li preti de domo et tuti li parochian delle gessie dele contrade et tute le scholle et compagnie delle gessie dela magnifica cità de Verona. Et li andò monsignor Veschovo de Verona con li magnifici retorri chamerlenghi et conti et marchesi e zentilhomeni et tuta la tera. Et li fu fato un belissimo hobito a sua segnoria per eser tanto homo da ben et ben voludo da la terra. Et fu sepulto sua segnoria in ne la gessia del domo dela magnifica cita de Verona. El zorno seguene li suoi neuodi et parenti fece una lemosina a poveri 6000 a tuti segnento pan et uno pocho de salle per uno»(5).

Si noti l’uso, che aveano le case illustri di fare dopo il funerale dei parenti, l’elemosina ai poveri dando a ciascuno un pane ed un’po’ di sale. (a)

 

Una gloria della chiesa veronese e particolarmente del Capitolo della nostra cattedrale fu Adamo Fumano.

Nato verso gli anni 1506-1508, studiò le lingue greca e latina a Padova sotto il magistero del celebre Romolo Amaseo, ed ancor giovane fu tra i più accetti famigliari del nostro vescovo Giberti. Da Giberti nel 1535 ebbe la parrocchia di Villafranca: dello stesso fu socio nella legazione di lui e del Polo in Francia e nel Belgio per lo scisma d’Inghilterra: nel 1541 accompagnò il card. Gaspare Contarini alla dieta di Ratisbona. Defunto il vescovo Giberti, il Fumano ne lesse una bella e commovente orazione funebre che fu più volte interrotta dalle lagrime dell’oratore e degli uditori(6).

 

Poco di poi fu ascritto fra i canonici della cattedrale: vi fu ammesso secondo il rito «ducendo eum per ipsas ecclesias et ante altare maius genibus flexis orare faciendo, cornua illius osculari, candelabra de loco ad locum removendo, campanas pulsando, portas claudendo et reclaudendo et omnes alios actus fieri faciendo qui in similibus possessibus soliti sunt et requisiti in signum verae et actualis possessionis et tenutae acceptaes»(7). Questa immissione in possesso si fece il giorno 16 maggio 1549 nella chiesa di S. Elena.

 

Nell’anno 1562 accompagnò il nostro vescovo Bernardo Navagero, Legato di Pio IV al Concilio di Trento, e poco di poi col consenso del Pontefice fu ascritto tra i segretari del Concilio(8) in quella occasione portò con sé e fece conoscere ed apprezzare ai Padri del Concilio le costituzioni dei nostri vescovi, Tebaldo e Giberti. Stette pure a Trento insieme al vescovo nostro Agostino Valier, al quale nei ritagli di tempo interpretava e commentava le omelie di S. Gregorio Nazianzeno. Terminato il Concilio, tornò a Verona, ed ivi nel 1566 fu eletto vigilatore degli Accoliti.

 

Oltrecché sacerdote integerrimo, il Fumano fu insigne letterato, autore di opere insigni e traduttore di varie omelie di S. Basilio e di S. Giovanni Crisostomo. Opera sua originale è un poema sulla logica «Logices libri quinques»; il quale non fu pubblicato che due secoli più tardi nel 1739. Altre due opere autografe ed inedite si trovano nella Biblioteca capitolare: «Observationes verborum seu nomenclator verborum obscuriorum» e «Collectanea rerum ad Ecclesiam Veronensem et Canonicorum Capitulum pertinentium». Morì ottuagenario nei primi mesi del 1587(9). (b)

 

Romano, ma pur anco veronese, fu Bernardino Maffei. romano, perchè nato a Roma da Girolamo ed Antonia de Maffei l’anno 1514: veronese, sia perchè oriundo di famiglia veronese, sia perchè ebbe la sua educazione ecclesiastica in Verona, ed ivi sercitò parecchi officii.

Fatti i primi suoi studi a Padova, venne a Verona presso il vescovo Giberti, dal quale fu nominato parroco di Zevio e poi canonico della cattedrale. In seguito tornato a Roma, fu segretario del card. Alessandro Farnese e poi anche dello stesso Farnese creato Papa col nome Paolo III: fu vescovo di Massa Carrara e poi di Chieti. Anche in questi  offici lungi da Verona conservò amicizia e relazione col Giberti, con Francesco della Torre, col Flaminio. Nell’ufficio di segretario del papa ebbe frequenti corrispondenze per occasione del Concilio di Trento e per i dissidii con l’imperatore Carlo V (10): dallo stesso Paolo III nel concistoro 8 aprile 1549 fu creato cardinale del titolo di S. Ciriaco.  Di questo onore dice il Flaminio: «sumrna quem virtus tibi tradidit»: il Consiglio di Verona deliberò: «Bernardino Maffeo civi veronensi Cardinali electo publicae congratulationis litterae scribantur»(11).

Morì in età ancor fiorente il 16 luglio 1553, e fu sepolto nella chiesa di S. Maria sopra Minerva. Avea scritto una vita di Paolo III, e notizie sul conclave in cui fu eletto; alcuni commentari sulle lettere di Cicerone, un trattato sugli antichi vasi, rilievi e basso-rilievi, sulle medaglie antiche, ecc. Il Tiraboschi lo encomia come insigne erudito e grande latinista(12)

 

Una gloria della nostra diocesi fu Sant’Angela Merici nata a Desenzano nel 1474 da Giovanni Merici e Biancosa Biancosi(13). Passò i suoi primi quaranta anni, parte in Desenzano, parte a Salò e poi nuovamente a Desenzano: ascritta al Terz’Ordine di S. Francesco, votò a Dio la sua verginità, e fu modello di ogni virtù ai suoi famigliari ed a quanti avevano la grazia di avvicinarla.

Nell’anno 1516 andò a Brescia; di dove nel 1524 andò in pellegrinaggio in Terra Santa, poi a Roma per il giubileo del 1525, e più volte al santuario di Varallo.

Verso il 1530 diè principio ad un sodalizio di vergini viventi in seno alla propria famiglia, le quali e con l’esempio e con la parola fossero apostole della fede e della vita cristiana. La nuova congregazione sorta sotto il patrocinio di Sant’Orsola si può dire legalmente costituita nel 1534, canonicamente approvata dal card. Andrea Cornaro vescovo di Brescia con decreto dato l’8 agosto 1539.  Però poco sopravvisse la santa fondatrice: essa santamente morì in Brescia il 27 gennaio dell’anno seguente nella casa del sodalizio presso la chiesa di Sant’Afra; le sacre sue spoglie furono sepolte nel sotterraneo della stessa chiesa; ora si trovano nella chiesa superiore. ( c)

 

A superiora della Congregazione fu allora eletta la contessa Lucrezia di Lodrone; la quale avrebbe voluto che le vergini Orsoline a segno della loro verginità portassero una cintura di cuoio. Questa novità incontrò una forte opposizione: ma il papa Paolo III con una bolla data il giorno 9 giugno 1544 confermava la società di vergini fondata in Brescia sotto il patrocinio di Sant’Orsola: ed in seguito concedeva una speciale indulgenza a tutte quelle, che portassero sul vestito quel simbolo della verginità. La bolla è indirizzata “Episcopo Veronensi (dovea essere Pietro Lippomano non ancora entrato nella diocesi), Archidiacono, Archipresbytero Ecclesiae Brixiensis”(14): la sede vescovile di Brescia era vacante.

 

Il  santo arcivescovo di Milano, S. Carlo, favorì la nuova Congregazione, istituendola a Milano l’anno 1560: pare che l’abbia pur fatta conoscere ad apprezzare anche a Verona. Qui però fu istituita soltanto nell’anno 1570: la prima protettrice e governatrice fu la contessa Lucrezia da Sacco: le vergini, abitando nelle proprie famiglie, si adunavano, ora in una chiesa, ora in un’altra, per i loro esercizi di pietà.  A principio del secolo seguente poterono avere una casa comune con annesso oratorio in Cittadella, (15) detta della Madonnina.

 

Il nostro solerte investigatore di cose veronesi pone qui la B. Lucia.

Nata a Verona nel 1500, entrò ancor giovanetta nell’Ordine delle Mantellate dei Servi di Maria: si dedicò tutta nell’assistenza degli infermi nell’ ospedale della Misericordia; e specialmente in occasione d’una pestilenza nel 1574. Morì essa pure di questo morbo in una casa del Campo Marzo, forse presso la chiesetta, che ivi esisteva. Nel calendario dei Serviti la memoria della B. Lucia si celebra il giorno 31 del mese di marzo.(16)

 

Francesco Zini nacque a Verona nel secondo decennio del secolo XVI. Ancor giovane ebbe la grazia di essere ammesso tra i famigliari del Giberti; grazia, che egli stesso riconosceva essere il più grande beneficio a lui dato da Dio.

Fatti i suoi studi a Padova, fu qualche tempo maestro nella scuola degli Accoliti: poi fu chiamato a Padova ad insegnarvi etica in quella accademia. Dal vescovo Luigi Lippomano fu mandato a reggere la parrochia di Lonato; e forse da allora contrasse intima relazione col card. Reginaldo Polo, che talvolta si ritirava a vita privata a Maguzzano. Fu pure canonico della nostra cattedrale; e poi nel 1544 il vescovo gli diè a reggere la parrocchia di S. Stefano, nella quale terminò la sua vita mortale l’anno 1580. (d)

 

Quanto alle sue doti letterarie era eruditissimo nelle due lingue, greca e latina: tradusse in latino alcune omelie di S. Giovanni Damasceno sul culto delle sacre immagini: tradusse pure alcune opere di S. Gregorio Nazianzeno, di S. Gregorio Nisseno, di S. Efrem Siro ed altri. Opera tutta sua, e breve, ma classica, è «Boni Pastoris exemplum» (17): il Pastore modello è il vescovo Giammatteo Giberti; e dell’opuscolo considerato in se stesso dice uno scrittore nostro che esso dovrebbe esser nelle mani di ogni sacerdote preposto alla cura delle anime.(18)

 

Anche Giovanni Del Bene fu istruito ed educato alla scuola del vescovo Giberti; fu poi arciprete di S. Stefano, e di lui si giovarono per servizi alla chiesa veronese Giberti e Luigi Lippomano. Scrisse un’ opera dogmatica contro le eresie del suo tempo, e varie poesie. Ma l’opera principale di lui sono i Sermoni sopra gli Evangeli di tutto l’anno. Dopo averli scritti per ordine del vescovo Lippomano, li mandò a lui che si trovava a Roma: questi li vide e li ritoccò, e li fece rivedere e ritoccare a Tullio Crispoldi: ma intanto l’autore Giovanni moriva nella seconda metà dell’agosto 1559; il suo fratello Niccolò arciprete di Isola della Scala li fece poi stampare a Venezia l’anno 1575: il nostro Scipione Maffei dice che quei Sermoni erano opportunissimi al clero anche nel secolo XVIII: noi aggiungiamo che sarebbero utilissimi ai sacerdoti preposti alla cura delle anime anche al presente, qualora fossero un pò modernizzati nelle diciture. Il Del Bene fu assai famigliare al card. Seripando; il quale celebra la munificienza principesca, con cui egli lo avea ospitato nella sua villa a Volargne, mentre tornava da Lovanio.(19)

 

Alla scuola del vescovo Giberti attinse pure la sua formazione sacerdotale e diplomatica Nicolò Ormaneto, nato a Verona al princìpio dello stesso secolo XVI.

Ancor giovane fu conosciuto, stimato, amato dal Giberti, che lo ordinò sacerdote, e più volte lo volle socio nelle visite della diocesi, affidando a lui gli affari più scabrosi. Nel 1540 per ordine del suo vescovo accettò la parrocchia di Bovolone, e la resse con tanta sapienza e carità, che quei parrochiani, dopo la sua morte, ne vollero perennare la memoria, benchè già da molti anni ne avesse dovuto abbandonare la cura.(20)  Morto il vescovo Giberti, fu stimatissimo e carissimo ai due vescovi Lippomani, Pietro e Luigi.

 

I dissidii religiosi e politici che agitavano l’Europa nella seconda metà del secolo XVI, e le doti singolari ond’era adorno l’Ormaneto, esigettero che egli, anzichè alla cura della sua parrocchia, dovesse trovarsi avvolto in affari di ordine pubblico. Già nel 1554 dovette adattarsi alle insistenti preghiere del card. Polo, ed accompagnarlo nella legazione a lui commessa dal papa Giulio III per far tornare l’Inghilterra all’unità della Chiesa cattolica: quella legazione lo tenne lontano dalla sua parrochia per circa tre anni, mandato dal cardinale una volta a Roma,(21) altra volta all’imperatore. Per le rare doti da lui spiegate in questa legazione il card. Alessandro Farnese gli esibì l’arcivescovado di Avignone: ma egli rispose che preferiva la sua parrochia di Bovolone, alla quale tornò nel settembre 1557. Nel 1562, riapertosi il Concilio il nostro vescovo card. Navagero, legato al Concilio, volle condur seco l’Ormaneto; il quale trattò con scienza profonda della comunione sotto le due specie, e fu mandato al duca di Baviera per indurlo a recedere dalle sue pretese, come di fatto recesse. Tornato a Verona insieme col cardinale nel dicembre 1563, molto si adoperò per la celebrazione di un sinodo allo scopo di attuare i decreti del Concilio di Trento.

 

Ma fu breve, pur troppo, la sua permanenza nella diocesi di Verona. Il  santo arcivescovo di Milano, Carlo Borromeo, da Roma pregò il nostro vescovo Navagero, che volesse cedergli per qualche tempo l’Ormaneto allo scopo di porre un argine per opera di lui ai gravi disordini della diocesi di Milano. Avutolo a Roma, lo mandò a Milano nel luglio 1564 con autorità di vicario generale. Quivi l’Ormaneto fece veri prodigi di apostolato: celebrò un sinodo, che fu davvero provvidenziale; fondò il Seminario, visitò varie chiese e monasteri della città e della diocesi: dove l’opera sua riuscì vana, fu la riforma dell’ordine degli Umiliati.

Quando si recò a Milano S. Carlo, trovò ben avviata la sua diocesi, e ne ringraziò Dio ed il vicario Ormaneto; il quale allora per invito del pontefice Pio V dovette andar a Roma, ed ivi trattenersi alcuni anni (1565-1570) per dedicarsi alle visite ad alla riforma del palazzo apostolico. Così il Papa conobbe ancor meglio i meriti dell’Ormaneto, e nel 1570 lo nominò vescovo di Padova.

 

Entrato in Padova nel giorno 26 ottobre(22), si dedicò tutto al bene della sua diocesi, cominciando la visita, ed istituendovi il Seminario per la formazione di buoni sacerdoti: ma poco potè risiedere nella sua diocesi. Il Papa Gregorio XIII nel luglio 1572 lo mandò nunzio alla Corte di Filippo II re di Spagna.

 

Troppo avremmo a dire della sua operosità nei quasi cinque anni di quella nunziatura(23). Diremo invece che fin dal 16 aprile 1573

 

supplicò il Pontefice a volerlo ridonare alla sua diocesi, e, riuscita a nulla la sua supplica, raccomandò la sua chiesa a S. Carlo, che a lui molto dovea per l’opera di lui nella riforma della diocesi di Milano. Sempre egli sospirò a Padova; ma dopo lungo malore in Madrid nella notte dal 17 al 18 giugno del 1577 volò a ricevere la ricompensa dei suoi meriti in cielo.

Di lui scrisse S. Teresa: «Passò di vita un Nunzio santo, che favoriva molto la virtù: ….. ne venne un altro in suo luogo (M. Filippo Sega) che pareva l’avesse mandato Iddio per esercitarci nella pazienza»(24), (f)

 

Un vero prodigio di abilità negli studii filosofico-storici fu Onofrio Panvinio (25).

Nato a Verona il giorno 24 febbraio 1530 ed ivi battezzato col nome «Iacobus», appena dodicenne entrò nell’ ordine degli Agostiniani a Sant’Eufemia. Pochi anni appresso fu mandato a studiare a Padova, fu indi a Roma per ordine del suo Generale Girolamo Seripando poi cardinale.

 

Oltrecchè al Seripando, fu famigliare al card. Cervini ed al card. Farnese, presso il quale stette ben trattato per dieci anni.  Pare sia intervenuto al conclave in cui fu eletto Paolo IV: di questo pontefice scrisse anche una Vita, mostrandosi forse troppo severo ed acre contro di lui.

Nel 1557 lo troviamo ancora a Verona, poi a Venezia, poi in varie città della Germania, dovunque assiduo scrutatore di documenti storici, codici, pergamene, ecc.

Non fu troppo devoto alla vita claustrale, e forse per questo motivo ebbe dispiaceri da parte del pontefice Paolo IV(26): egli però avea un mecenate validissimo nel card. Farnese.

Al principio del 1568 andò in Sicilia: ivi nell’età ancor vegeta di trent’otto anni morì il giorno 7 aprile nel convento degli Agostiniani di Palermo(27): e fu sepolto nella loro chiesa.

 

È impossibile dare un catalogo delle sue opere; delle quali molte sono edite, alcune inedite. Di interesse generale è la storia della creazione di tutti i papi, e la vita di alcuni di essi(28). Per noi veronesi sono  importanti due opere: Antiquitates Veronenses e De Urbis Verona e viris doctrina illustribus. (g)

 

A questi aggiungeremo i nomi di altri ecclesiastici, che per la loro scienza o per il loro ufficio onorarono in quest’epoca la chiesa veronese: Galesio Nichesola fu vescovo di Belluno; Del Bene Nicolò, fratello di Giovanni, arciprete di Isola della Scala, dal nostro Maffei è annoverato tra gli illustri scrittori ecclesiastici; Rambaldo Gerardo fu vescovo di Civita nella Puglia, famigliare al card. Cervini, ed intervenne al Concilio di Trento; Marco Medici intervenne egli pure al Concilio e fu vescovo di Chioggia; Girolamo Nichesola fu vescovo di Teano; Marco Antonio Maffei fu cardinale del titolo di S. Callisto; Andrea Corner, Arciprete di Porto-Legnago, fu arcivescovo di Spalatro in Dalmazia.

 

È chiaro che la chiesa veronese ha di che gloriarsi per i personaggi illustri, che la decorarono verso la metà del secolo XVI: il fattore della maggior parte di loro fu il vescovo Giammatteo Giberti.

 

 

NOTE

 

1 – BIADEGO, Bernardino Donati, (Verona 1895).

 

2 – Di lui scrissero: FEDERICI, Elogi di illustri ecclesiastici veronesi, Tom. I, pag. 107-112 (Verona 1818); ORTI-MANARA, Intorno alla vita del Conte Lodovico di Canossa, (Verona 1845); CORINNA MIGLIORANZI, Lodovico di Canossa, (Città di Castello 1907).

 

3 – FUMI, Una lettera del Bayus … in Archivio della Società Romana di storia patria, Vol. XXIII, pag. 284 (Roma 1900); MIGLIORANZI, Op. cit. Docum. L.

 

4 – Nella nostra monografia Giammatteo Giberti, Capo IV; pag. 31 (Ediz. seconda).

 

5 – Biblioteca comunale di Verona. Ms. 914.

 

6 – Pubblicata dai BALLERINI, Giberti opera, pag. 253-296 (Verona 1733).

 

7 – Documento sul canonicato di Adamo Fumano (Verona 1900).

 

8 – PALLAVICINO, Storia del Concilio di Trento, Libro XXI, Capo II.

 

9 – FEDERICI, Elogi … , Tom. I, pag. 68-70.

 

10 – PASTOR, Storia dei Papi, Vol. VI, pag. 25, 520, 553, ecc; BALAN, Storia d’ltalia, VI, pag. 391, 397.

 

11Atti del Consiglio Tomo FF. c. 102; MAFFEI, Verona illustrata, P. II. Vol. III, pag, 269 (Milano 1825).

 

12 – Tratta di lui diffusamente MERKLE, Concilium Trident., Tom. II, Prolegomena, pag. XXIV-XXX.

 

13 – SALVATORI, Vita della Santa Madre Angela Merici, (Roma 1807); GIRELLI, Vita di S. Angela Merici Brescia 1888: Sac M. GRANCELLI, Di S. Angela Merici e del suo Istituto (Verona 1919); PASTOR, Storia dei Papi, Voi. V, pag. 352-355.

 

14 – Presso Salvatori, Op. cit., pag. 317; GIRELLI, Op. cit. , pag. 219. Questa Bolla nel Bullarium Romanum non si trova, neppure nella edizione recente pubblicata a Torino.

 

15 – BIANCO LINI, Chiese di Verona, IV, pag. 427-429.

 

16 -Sac. ANT. PIGHI, in Verona Fedele, 13 marzo 1915.

 

17 – Lo pubblicarono i BALLERINI, Giberti opera, pag. 253-296.

 

18 – FEDERICI, Elogi …. , Tomo II, pag.20.

 

19 – SERIPANDI, Commentarli, presso MERKLE, Op. cit. pago LXVIII, 546. (e)

 

20 – L’iscrizione è riportata da FEDERICI, Elogi …. , I,  pag. 140, seg.

 

21 – Lo mandò nuovamente a Roma nel settembre 1557, affinchè presso Paolo IV lo giustificasse dalle accuse di eresia mosse contro di lui: ma questa missione riuscì inutile. PASTOR, Storia dei Papi, VI, pag. 507.

 

22 – Nell’ orazione gratulatoria il p. Quaino Servita gli diceva: «Alumnus abieras, nutricius advenisti; abieras discipulus, ad venisti magister;  doctoris insignia Patavii receperas, nunc eadem aliis collaturus revertisti».

 

3 – Ne tratta diffusamente e con documenti da lui editi CARINI, Mons. Niccolò Ormaneto, nei Cap. II-XIII. (Roma 1894).

 

24 – S. Teresa, Fondazioni Capo XXVIII (Nell’edizione recente di Modena, Vol. III, pag. 436). Mori in tanta povertà, che il re Filippo II dovette pagare le spese del suo funerale.

 

25 – PERINI, Onofrio Panvinio e le sue opere (Roma 1899); MERKLE, Concilium Trident; II, pag. CXXXIII-CXXXV (Friburghi 1911).

 

26 – MERKLE, Op. cit., pag. CXXXIV. Nota 5; PASTOR, Storia dei Papi, VI, pag. 661 (Roma 1922).

 

27 – La data della morte è certa presso MERKLE, Op. cit.; FEDERICI, Elogi…, Tom. II, pag. 68 in nota.

 

28 – Lo scritto De creatione Pii IV papa e fu pubblicato da MERKLE, Conco Trid. Vol. II., pag. 575-601.

 

 

ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. III (A cura di Angelo Orlandi)

 

 

a) Per ulteriori notizie e ricca bibliografia su mons. Ludovico di Canossa si veda: C. H. CLOUGH, Canossa Lodovico, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 18, Roma 1975, pp. 186-192.

 

b) Il casato di famiglia di Adamo Fumano era Rigi (pronuncia Righi), ma fu designato con un cognome indicante il paese di provenienza, cioè Fumane. cf. P. BRUGNOLI, Il canonico Adamo Fumano, in La Valpolicella nella prima età moderna: 1500-1630, Verona 1987, p. 339.

 

c) Su Sant’Angela Merici esiste una vasta bibliografia. Si limitano le informazioni bibliografiche a due opere recenti di notevole impegno. T. LEDOCHOWSKA, Angèle Merici et la Compagnie de Sainte Ursule, Milano-Roma, 1967, t.2.; L. MARIANI – E. TAROLLI – M. SEYNAEVE, Angela Merici. Contributo per una biografia, Milano  1986, pp. XXII-694.

 

d) Per il canonico Pier Francesco Zini si veda: U. DA COMO, Umanisti del secolo XVI Pier Francesco Zini, suoi amici e congiunti nei ricordi di Lonato, sacro e amato recesso su la riviera del Benaco, Bologna 1928, pp. 254.

 

e) La studiosa canadese Penelope C. Brownell nelle sue ricerche sulla pittura nella villa di Volargne ha precisato che il Giovanni Del Bene, che accolse il Seripando non si identifica con questo don Giovanni Del Bene: quello infatti è un laico e, sembra, di altro ramo della famiglia.

 

f) Su mons. Nicolò Ormaneto si veda: C. MARCORA, Nicolò Ormaneto Vicario di S. Carlo Borromeo, in Memorie storiche della Diocesi di Milano, vol. VIII e X, Milano 1961-63.; L. TURRINI, L’Ormaneto dalla canonica di Bovolone alla Corte di Madrid, Bologna 1974, pp. XV-431. In queste pubblicazioni è reperibile anche parecchia bibliografia.

 

g) Le Antiquitates Veronenses del Panvinio furono pubblicate postume nel 1648, per cura di altri studiosi, tra cui si ricorda mons. Cozza de’ Cozzi, canonico e vicario generale del vescovo di Verona.

 

 

 

Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II

 

 

 

Rispondi

Per commentare devi accedere al sito. Accedi.