Set 11 2012

CREDIAMO DI MORIRE PER LA PATRIA MA MORIAMO PER LE BANCHE

Smedley Butler, U.S. Marine Corps

CREDIAMO DI MORIRE PER LA PATRIA MA MORIAMO PER LE BANCHE.”

Lo diceva pure SMEDLEY BUTLER Generale US Marines e più decorato soldato storia USA, in tempi non sospetti, morto nel 1940.

IL GENERALE DI DIVISIONE SMEDLEY BUTLER SPIEGA IL PERCHÉ DELLA GUERRA PERPETUA.

Ho speso 33 anni nei Marines, la maggior parte del mio tempo facendo l’impiegato di alta classe per grandi affari, per Wall Street e banchieri. In breve, ero un malvivente per il capitalismo. (Smedley Butler, U.S. Marine Corps)

LA GUERRA È SOLTANTO UN IMBROGLIO. Credo che il modo migliore di descrivere un imbroglio sia come qualcosa che non è affatto ciò che sembra dalla maggioranza della popolazione; soltanto un ristretto gruppo interno sa di cosa si tratta, e viene gestito per il vantaggio di pochi ed a scapito delle masse.

Io credo in un’adeguata difesa dei confini nazionali e nient’altro. Se un paese penetra nel nostro territorio per combattere, allora combatteremo. Il problema dell’America è che quando il dollaro guadagna solo il 6% qui da noi, poi si agita se ne va oltreoceano per guadagnare il 100%; allora la bandiera segue il dollaro e i soldati seguono la bandiera.

Non andrei di nuovo in guerra, come ho fatto, per proteggre qualche lercio interesse dei banchieri. Esistono soltanto due cose per le quali dovremo combattere: una è la difesa delle nostre case, mentre l’altra è la Dichiarazione dei Diritti del Cittadino; la guerra per qualsiasi altro motivo è semplicemente un imbroglio.

Non c’è trucco nel carniere delle truffe che la gang militare non utilizzi; essa ha i suoi “uomini dito” per indicare i nemici, i suoi “uomini muscolo” per distruggerli, i suoi “uomini cervello per disporre i piani di guerra ed un “Grande Capo”: il capitalismo supernazionalistico. Può sembrare strano che io, che sono un militare, adotti un tale termine di paragone. La sincerità mi costringe a farlo. Ho passato trentatré anni e quattro mesi in servizio permanente attivo in qualità di membro della compagnia più abile di questo paese, il Corpo dei Marines, e con tutti i gradi, da sottotenente a generale di divisione. In questo periodo, ho impegnato la maggior parte del mio tempo nella veste di uomo muscolo di rango elevato per il Grande Business, per Wall Street e per i Banchieri; per farla breve ero un delinquente, un gangster del capitalismo.

A quei tempi avevo solo il sospetto di far parte di un racket: ora ne ho la certezza. Come tutti i militari di professione, io non ho mai avuto la mia opinione personale sino a quando non ho lasciato il servizio; mentre obbedivo agli ordini dei superiori, le mie facoltà mentali sono rimaste in animazione sospesa, e questo è tipico di chiunque lavori nel settore militare.

Ho aiutato a rendere il Messico, specialmente Tampico, sicuro agli interessi petroliferi americani nel 1914; ho contribuito a rendere Haiti e Cuba dei luoghi decenti in cui i ragazzi della National City Bank potessero ricavare degli introiti; ho contribuito a saccheggiare una mezza dozzina di repubbliche centro-americane per gli interessi di Wall Street. La lista degli imbrogli è lunga. Nel 1909-1912 ho contribuito a purificare il Nicaragua per la società internazionale Brown Brothers; nel 1916 ho portato luce sulla Repubblica Dominicana per gli interessi dei produttori di zucchero americani; il Cina ho contribuito a far sì che la Standard Oil facesse i suoi affari indisturbata.

Nel corso di quegli anni ho avuto – come direbbero i ragazzi del retrobottega – un eccellente racket. Ripensando al passato, ho la sensazione che avrei potuto dare consigli ad Al Capone; il meglio che costui riuscì a fare fu gestire il suo racket in tre distretti; io ho fatto altrettanto in tre continenti.

 

Fonte: Estratto di un testo consegnato nel 1933 dal Generale di Divisione Smedley Bulter, (Corpo dei Marine degli Stati Uniti)

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