Dic 18 2009

Brentino Belluno di Verona: Ecco la Mansio Servasa, l’autogrill romano

Category: Verona archeologia e paleontologiagiorgio @ 14:41

la mansio servara

Archeologi al lavoro alla «Mansio Servasa»

La catena della storia di Brentino Belluno ha un anello in più. Siamo solo a metà dell’opera e già la terra fa emergere altri preziosi tasselli che raccontano il passato di «Mansio Servasa».

Ritrovamenti di questi giorni, dalle funzioni ancora avvolte dal mistero, rivelano novità. In primis: questo insediamento romano, una stazione di sosta e cambio di cavalli, un deposito merci con abitazioni, vasche, canalizzazioni, camminamenti e cortili, proseguì almeno fino al Medioevo.

Si è concluso, infatti, lo «Scavo-scuola» di Brentino, progetto avviato nel 2004 dall’Università Cà Foscari di Venezia in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto, e proseguito nel 2005, fermatosi poi per mancanza di fondi.
 Ora, grazie ai finanziamenti dalla Fondazione Cariverona, della Regione e del Comune, archeologi e studenti hanno ricominciato a sondare.

Il sito misura ben 2mila metri quadrati ed è ritenuto molto importante; perché aiuterà a fare chiarezza sulla storia locale, sulle dinamiche di comunicazione e commerciali che caratterizzavano la zona ed il ruolo che svolse.


«Mansio Servasa» sorge presso la Via Claudia Augusta, una delle più grandi arterie dell’Italia transpadana che incanalava il traffico dal Po alle Alpi e oltre.  Quella era la via consolare che, da Ostiglia sul Po passando per Verona e per la valle dell’Adige, raggiungeva Trento (Tridentum) e, a nord est, l’attuale Austria.

«L’importanza di uno scavo non sta tanto nel valore intrinseco degli oggetti che restituisce», premette l’archeologa Raffaella Bortolin, che lo cura sulla base del progetto di cui è responsabile Annapaola Zaccaria Ruggiu, ordinario di archeologia e storia dell’arte greco romana a Cà Foscari.


«Collocato in un territorio di grande rilievo per la presenza di ville, piccoli centri, stazioni di sosta, segna la continuità tra la preistoria e il medioevo e ci consente di ricostruire percorsi ancora poco noti, vie che dal Po fino a territori transalpini supportarono passaggi di eserciti, transiti commerciali e scambi economici veicolando culture, oggetti, merci».
Poco resta di quelle civiltà.

Quando lo scavo iniziò, tra il 1968 e il 1970 durante i lavori di costruzione dell’autostrada Verona-Brennero, non emersero solo resti di ambienti antichi, ma pure frammenti ceramici, utensili, oggetti che subito ne indicarono la rilevanza.

Tutto fu riposto in due magazzini, sul posto, ma il materiale fu rubato cosicché non può più essere usato per attività di studio.  Inoltre nei secoli la spoliazione dei materiali, riutilizzati, è stato grande.

«Anche per questo è importante continuare a scavare qui», dice Bortolin. «Potremo acquisire nuovi dati, comprendere come l’insediamento s’è evoluto, le sue trasformazioni nel tempo, se fu sede di insediamenti temporanei o stabili e quando è stato abbandonato».

Già le scoperte recentissime hanno dato chiarimenti:  «Ci siamo concentrati nell’area nord che ha confermato la presenza di strutture e attività tardo medievali di cui non possiamo conoscere le funzioni dovendole studiare», si limita a dire.


«Queste ultime indagini ci permettono di ritenere che il sito sia stato frequentato tra il primo secolo dopo Cristo. e fino al V e VI secolo, con una continuità che si registra fino al XIII con successive interruzioni da accertare».

Aggiunge: «Intanto abbiamo capito meglio le funzioni delle strutture già note attraverso un’accurata pulizia, verificato con precisione l’estensione dell’edificio, i livelli delle abitazioni, la presenza dei pavimenti di questo complesso a pianta molto articolata», spiega.

«Qui dovevano esserci spazi coperti e scoperti, ambienti di servizio e vita quotidiana, depositi di viveri, porticati, un cortile di origine coeva ad una fontana non più visibile perché fugata».

È invece ben visibili, nella fascia a sud, un sistema di adduzione di vasche in sasso, laterizi e malta idraulica che distribuiva l’acqua tramite canalette.


«Erano ambienti residenziali, dimore di una certa importanza come segnalano una soglia di marmo Rosso Verona e le pavimentazioni in cocciopesto di stanze, che, forse, erano abitazioni o ricovero dei viaggiatori». Tutto da verificare con il proseguimento degli scavi.

Fonte: srs di Barbara Bertasi  da  L’Arena di martedì 21 ottobre 2008 provincia pag. 35

(VR 18 dicembre 2009)


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