Dic 18 2013

EPISCOPATO DI S. ZENO

Category: Chiesa Veronese Storia Pighi,Libri e fontigiorgio @ 14:11

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San Zen che ride

 

CAPO V

 

SOMMARIO. – S. Zeno fondatore della chiesa veronese – Sua provenienza Opinioni sull’epoca del suo episcopato – Epoca ambrosiana provata dalla serie dei vescovi precedenti, dalle condizioni della chiesa veronese nel tempo di S. Zeno, dalle lettere di sant’ Ambrogio Opinione contraria, e suoi argomenti La « Ordinatio  Sancti  Zenonis » Operosità di S. Zeno – Durata dell’episcopato di S. Zeno.

 

La fede! « E’ questo il gran dono da Zenone largitoci; ossia la fede divina operante per la carità.  Essa è donum Dei; è il dono per eccellenza di Dio; è il dono più prezioso che Dio possa farci; perocchè la fede, così il Tridentino, è la radice di ogni giustificazione e salute, e senza fede, come sta scritto, è impossibile piacere a Dio: essa per conseguente è il dono a Verona per opera di Zenone portato. Vero è che qualche secolo innanzi il lume della fede avea qui cominciato a spargere i suoi benefici raggi; ma, colpa l’odio gentilesco e le barbarie de’ tempi, dominati sopratutto dalle molteplici crudeli e spaventose persecuzioni, scarsamente la fede avea potuto metter piede fra noi ed allargarsi.  Cotalchè per vero fondatore ed apostolo della fede nelle nostre contrade si può e deve proclamare S. Zenone».

 

Così l’em. cardo Luigi Di Canossa in una omelia tenuta ad una folla immensa di fedeli stipati nella basilica di S. Zeno il dì 25 agosto dell’anno 1889 celebrava la grazia immensa fatta da Dio a Verona col mandarle vescovo S. Zeno (1). Altrettanto aveva detto più concisamente undici secoli prima l’anonimo pipiniano:

 

Octavus Pastor et Confessor Zeno martyr inclytus

Qui Veronam praedicando perduxit ad baptismum

 

D’onde sia a noi venuto S. Zeno, è assai difficile determinare. Il citato anonimo pipiniano dice che egli venne dalla Siria: secondo il Panvinio, « quamquam ab aliquibus Graecus fuisse legatur,  multorum tamen opinione Veronensis  fuisse refertur» (2).

 

Ora è opinione abbastanza comune che egli sia d’origine africano. Lo stile dei suoi sermoni nulla ha dell’orientale; esso è latino, e tutto latino: oltrecchè di Apulejo,  Clemente Alessandrino,  S. Cipriano,  Lattanzio,  egli ha reminiscenze di Tertulliano, e tali da lasciar travedere che ne conosceva le opere e ne avea fatto suo lo stile caratteristico. Si aggiunga che nelle sue citazioni bibliche egli usa sempre un testo africano.  Dunque S. Zeno s’era formato alle scuole africane. La sua provenienza dell’Africa ci è pure confermata dal suo sermone sul martirio di sant’Arcadio, martirizzato a Cesarea della Mauritania: egli descrive questo martirio con tali particolari e con tale vivacità di forma, da lasciar trasparire che egli lo abbia veduto coi suoi occhi (3).

 

La questione più importante intorno a S. Zeno era quella che riguarda l’epoca del suo episcopato. E diciamo che questa era la questione; giacché oggi, grazie a Dio, si può dire terminata.

Disputavano su questo punto gli eruditi veronesi e non veronesi: alcuni volevano che S. Zeno fosse stato vescovo nella seconda metà del secolo III all’epoca di Gallieno imperatore; e generalmente eran coloro, che volevano la nostra chiesa fosse di origine apostolica; perciò ponevano sant’Euprepio nel secolo I,  S. Pracolo nella prima metà del secolo III, S. Zeno nella seconda, S. Lucio decimo vescovo verso la metà del secolo IV.

Per questa opinione (epoca gallienana) tra i nostri stavano i vescovi Agostino Valerio,  Luigi Lippomano,  Innocenza Liruti; inoltre Panvinio,  Peretti e Bagata,  Campagnola,  Cenci,  Federici,  Sommacampagna,  Gilardoni ed altri: fuor di Verona erano della stessa opinione Ughelli,  Bonacchi,  Selvaggi,  Baronio e forse qualche altro.

A questi per primo si oppose Scipione Maffei, mostrando le contraddizioni storiche inevitabili nell’assegnare a S. Zeno l’epoca di Gallieno; (4) e quindi la necessità di differirne l’episcopato d’un secolo intiero: (epoca teodosiana od ambrosiana): a Maffei in seguito aderirono i Ballerini,  Biancolini,  Perazzini,  Carli,  Venturi,  Cavattoni,  Brunati,  Zenti,  Giuliari, e recentemente il ch.mo prof. Cipolla; inoltre molti non veronesi. Il  can. G. Jac. Dionisi tenne una via di mezzo, ponendo l’episcopato di S. Zeno dall’anno 300 circa all’anno 344; e credette di averlo dimostrato. (5)

 

Noi non entreremo in una questione ormai antiquata ed eliquata.  Indicheremo brevemente i più gravi fondamenti, sui quali si appoggia l’opinione oggi comune (6), accennando poi quanto sia debole il fondamento principale dell’opinione contraria.

 

Da quanto abbiamo detto nei capi precedenti, S. Procolo fu vescovo di Verona sulla fine del secolo III e sul principio del secolo IV; S. Lucillo fu vescovo verso la metà del secolo IV.   D’altronde dai tre documenti, che sono la base della storia della chiesa veronese, S. Procolo fu il vescovo quarto, S. Lucillo fu il vescovo sesto, S. Zeno fu il vescovo ottavo; dunque necessariamente S. Zeno fu vescovo di Verona dopo la metà del secolo IV.

 

Un secondo argomento ci vien dato dai sermoni di S. Zeno. Evidentemente S. Zeno avea in mira la confutazione dell’eresia di Ario, quando diceva «unam  substantiam,  virtutem,  deitatem  Patris  et  Filii »  –  « de Deo nascitur Deus… totum  habens  Patris,… aequalis  in  omnibus,  qui a Pater in ipsum alium se genuit ex se »(7).  Nè è meno evidente che egli intendeva confutare l’eresia di Gioviniano, quando di Maria diceva « fuit virgo post connubium, virgo post conceptum, virgo post filium » (8).

Da altri sermoni consta che in quell’epoca il culto cristiano era liberamente permesso nella città, il culto degli idoli era rilegato nelle campagne di proprietà privata, il mondo era quasi tutto cristiano, gran numero di neofiti ricevevano nella Pasqua il santo Battesimo: questi ed altri fatti accennati nei sermoni di S. Zeno sono altra prova gravissima che S. Zeno li scrisse dopo l’èra costantiniana e propriamente nella teodosiana.

Che i sermoni attribuiti a S. Zeno siano opera del secolo IV, era cosa talmente certa al card. Baronio, che, volendo egli ad ogni costo ascrivere all’epoca di GaIIieno  il S. Zenone vescovo e martire e patrono di Verona, escogitò un secondo Zenone, vescovo esso pure di Verona verso la metà del secolo IV, autore dei sermoni attribuiti per errore al S. Zeno patrono di Verona. Sennonchè egli stesso dovette ben tosto sconfessare il suo infelice ritrovato.

 

Terzo argomento è il celebre caso della vergine Indicia.  Il nostro vescovo Siagrio (sarebbe l’undecimo nel Velo di Classe), non sappiamo per quali accuse, sottomise una certa Indicia vergine ad una ispezione, ed in seguito a questa la condannò alla penitenza.

La vergine, ritenendosi trattata ingiustamente, ricorse al vescovo di Milano sant’Ambrogio; il quale, scrivendo poi a Siagrio, lo riprese acerbamente, perchè avesse ardito sottomettere a tale prova e poi condannare una vergine provata, anzi velata e consecrata da Zenone di santa memoria: «puellam  Zenonis  sanctae memoriae  iudicia  probatam,  eiusque  sanctificatam  benedictione »(9).

Ora qui sono evidenti tre cose: La prima; che lo Zenone «sanctae memoriae», che avea provata e velata la vergine Indicia,  dovea esser morto poco tempo prima della lettera di sant’Ambrogio a Siagrio;  la seconda, che lo stesso Zenone era stato vescovo di Verona, constando di certo da tutti i documenti di quell’epoca che la velazione delle vergini era riservata esclusivamente ai vescovi; la terza, che lo stesso Zenone, da sant’Ambrogio era stimato uomo di tanta autorità, che essa sola avrebbe dovuto bastare a garantire l’innocenza di Indicia. Dunque questo Zenone deve essere il santo vescovo e patrono di Verona: la chiesa veronese non ha mai conosciuto tra i suoi vescovi che un solo Zenone.

 

Quanto all’opinione contraria, avvertiamo che essa oltrecchè alla presunta apostolicità della nostra chiesa, si appoggia principalmente alla cronaca del notaio Coronato (10).  Essa racconta che,  avendo S, Zeno cacciato da due buoi un demonio, questo entrò nel palazzo del principe GalIieno e cominciò a tormentare l’unica sua figlia: S. Zeno, chiamato al palazzo,  con un segno di croce liberò quella giovane dal demonio; ed allora Gallieno in segno di riconoscenza gli donò la sua corona regale e permise di edificar chiese al nome di Cristo.  Ora questa cronaca già per molti capi è giudicata leggendaria.

Per quanto spetta alla narrazione presente, dal contesto apparisce che Gallieno dovea abitare in Verona, od almeno non lungi da Verona; ciò, che non si può dire di Gallieno imperatore. Del resto Coronato non dà mai al suo Gallieno il titolo «imperator » lo dice soltanto «rex… princeps».  Secondo il Dionisi, la giovane guarita da S. Zeno non sarebbe stata una figlia di Gallieno, imperatore, ma Giulia figlia di Quinto Julio Salonino Gallieno, secondogenito di Gallieno imperatore: così egli porta il fatto ai primi decennii del secolo IV (11).  Secondo altri questo Gallieno padre della giovane guarita sarebbe stato un regolo della Rezia.  Tutto considerato, questa leggenda potrà avere un fondo di vero, come vedremo: ma da essa non si può trarre argomento alcuno per fissare l’epoca di S. Zeno.

 

Ancor meno può giovare alla predetta opinione la vita di S. Zeno scritta da un monaco del monastero zenoniano nel secolo XII: essa in gran parte non è che la trascrizione di quella di Coronato.

 

Quanto al Ritmo pipiniano, avvertiamo che esso fu scritto un secolo dopo la cronaca di Coronato e quindi assai probabilmente deriva da essa. Riportiamo qui quanto esso dice di S. Zeno; osservando che, dove il codice che riportiamo ha «Gallieni », altri hanno « Galli », altri « Aeliani ». – A suo luogo lo daremo intiero con le varianti.

 

Octavus Pastor et Confessor Zeno Martyr inclitus

Qui Veronam praedicando reduxit ad baptismum.

A malo spiritu sanavit Gallieni filiam.

Boves cum plaustro vergente reduxit a pelago.

Et quidem multos liberavit ab hoste pestifero

Et e fluvio ereptum suscitavit mortuum.

Multa idola destruxit per crebra ieiunia.

Non queo tanta narrare huius Sancti opera,

Quae a Syria veniendo usque in Italiam

Per ipsum omnipotens Deus ostendit mirabilia.

 

La « Ordinatio » di S. Zeno fu « VI. id. dec. », ossia il giorno 8 dicembre, al qual giorno la assegnano gli antichi nostri codici liturgici; alcuni sotto il titolo « Dedicatio sancti Zenonis », altri sotto il titolo « Natale sancti Zenonis ». Sappiamo che nel medioevo era detto « dies natalis » di un vescovo quello, in cui egli iniziava il suo episcopato (12); anzi un tal giorno il pontefice S. Leone Magno lo diceva  «servitutis  nostrae  natalitium diem ».

 

Non sappiamo dove e da chi sia stato ordinato vescovo S. Zeno. Se a Roma, nell’anno 362 era Pontefice Liberio: se l’ordinazione fu a Verona, si dubita da qual vescovo; se da Aussenzio vescovo di Milano, o da Fortunaziano vescovo di Aquileia: le ragioni più gravi militano per quello di Milano, come vedremo in seguito.

 

 

Dell’immensa operosità di S. Zeno e dei frutti copiosi, che ne ritrassero i veronesi, abbiamo prove indubitate. Dopo circa cinquant’anni dalla morte di lui un suo successore, S. Petronio, ne tesseva un breve, ma eloquente, panegirico.

« La sua voce, egli dicea, risuona ancor così viva nella chiesa veronese, che io non comprendo come voi, sacratissimi e carissimi fratelli e voi popolo beato del Signore, vogliate ancor degnarvi della mia pochezza. La grandezza delle sue virtù non può trattenersi tra gli angusti confini della chiesa nostra, ma penetra fino nelle estreme regioni del mondo e tocca la sublimità stessa del cielo ».

 

La sua operosità lasciò traccie in Verona per più secoli. La cronaca di Coronato, benchè infarcita di leggende, ci riferisce le tradizioni veronesi del secolo VIII; le quali ancor ricordavano la straordinaria santità di Zenone,  la sua fermezza nel predicare la fede, le molteplici conversioni di pagani da lui operate, la sua potenza contro i demoni, i suoi innumerevoli miracoli.  Sulla fine del medesimo secolo il Ritmo pipiniano attribuiva a lui la conversione di tutta Verona al cristianesimo.

 

Quanto egli abbia operato per il suo gregge, ce lo manifesta ancor più chiaramente S. Zeno nei suoi sermoni.  Appena venuto a Verona, fu sua prima cura abbattere il culto degli idoli; e da lui sappiamo che riuscì a rilegarlo nelle campagne, e là pure entro i possedimenti privati, e che ogni anno nella ricorrenza della Pasqua moltissimi ricevevano il Battesimo.

Con eguale ardore combattè l’arianesimo, che pochi anni prima era penetrato nell’Italia superiore, e massime in Aquileia e Milano sotto i vescovi Fortunaziano ed Aussenzio: di qui i suoi sermoni sulla Trinità, sulla eterna generazione del Verbo, sull’Incarnazione.

In pari tempo si studiava di informare i suoi veronesi ad una vita veramente cristiana: di qui le invettive severe contro l’avarizia e la lussuria, le paterne ammonizioni ai neofiti dopo il Battesimo, le festive allocuzioni nella Pasqua, le esortazioni frequenti all’umiltà, alla pazienza, alla carità, alla cristiana perfezione. A rendere più efficaci le sue parole, diede a tutti l’esempio d’una vita intemerata e santa; si allevò un drappello di irreprensibili sacerdoti, che a lui compagni, e fors’anco domestici, lo coadiuvassero nelle fatiche del ministero.

Tra le donzelle veronesi diffuse l’amore alla santa verginità, e con esempio forse nuovo nell’occidente raccolse un coro di vergini, che, uscendo dalle loro case, vivessero vita comune, e, sottratte agli occhi del mondo, rifulgessero di vita angelica agli occhi di Dio.

 

Quindi è che la chiesa veronese riconobbe sempre come suo fondatore e padre S. Zenone, e per l’immenso beneficio della sua conversione al cristianesimo gli fu sempre riconoscente e devota.

 

La durata dell’episcopato di S. Zeno sembra essere di circa diciotto anni: dall’anno 362 all’anno 380. Un recente scrittore tedesco la limita a dieci anni incirca (362-371, 372); e ciò per la ragione che i Sermones paschales di S. Zeno sono otto (13): ma questa opinione nel suo complesso è giudicata « più ingegnosa che solida» (14).

 

Il giorno della morte di S. Zeno dovette essere «pridie Idus Aprilis », ossia il 12 aprile; come consta dalla quasi generalità dei documenti liturgici, sia della chiesa nostra, sia di altre d’Italia e di Germania, sia dei monasteri benedettini. – In seguito vedremo con quale morte S. Zeno abbia coronato la sua vita.

 

 

NOTE

 

l Vedi la raccolta: S. Zenone Panegirici, Omelie ecc., pag.  205 (Verona 1889).

 

2 PANVINIUS, De Urbis Veronae viris etc.

 

3 S. ZENONIS, Sermones  Lib. II. Tract. VIII. (Ed. Giuliari).

 

4 MAFFEI,  De priscis  Veronae  Episcopis  Epist. ad Nic. Coletum, presso Istor.  Teolog.  Append.  Opusc. eccles.,  pag. 237-242.

 

5  DIONISI, L’epoca di S. Zeno, presso ZACCARIA, Dissert. di Storia eecles.,  Tom. III,  pag. 26-42, e Dei Santi Veronesi, pag. 84-94.

 

6  Chi desidera queste ed altre prove sviluppate più diffusamente vegga i BALLERINI, S. Zenonis  Serm. Dissert. I,  Cap. II, §  3;  GIULlARI,  S. Zenonis Serm. Comment., Cap. II.

 

7 S. ZENO, Sermones Lib. I, Tract. XII;  II, III.

 

8 S. ZENO, Sermones  Lib. I.  Tract. V.

 

9  S. AMBOSII, Opera omnia Epist. ad Syagrium, Tom. V., pag. 335-342, 342-488 (Mediolani 1881) (a).

 

10 Si trova presso BALLERINI, Proleg. ad Opp. S. Zenonis, pag. CXLVII.

 

11 DIONISI, Dissert. Cit. Nota 1., presso ZACCARIA, Op. cit., pag. 27, 36-38.

 

12 Cf. MACRI, Hierolexicon alla voce Episcopus.

 

13 BIGELMAIR, Zeno von Verona (Miinster 1904).

 

14 Così la giudica la Revue d’histoire ecclesiastique. – Del resto, della stessa opinione, e per analoghi motivi, era pure il Brunati.

 

 

 

ANNOTAZIONI AL CAP. V (a cura di A. Orlandi)

 

(a) pag. 38, nota 9:  cfr. P.L. 16, 891-904.

 

 

Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I

 

 

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