Lug 08 2015

STORIA VENETA – 57: 1379 – LE DONNE OFFRONO ORO ALLA PATRIA. PER REAGIRE ALL’OFFENSIVA GENOVESE

Category: Storia di Venezia e del Venetogiorgio @ 00:45

 

Dal testo di Francesco Zanotto

 

“I bisogni della guerra che ogni dì più si facevan sentire, essendo ridotta Venezia, come in altro luogo notammo, agli ultimi estremi, chè i Liguri, già impossessati di Malamocco, le toglievano ogni mezzo di aiuto, obbligarono il Senato a tener vivo più sempre l’ardore dei cittadini, stimolandoli a recare quanti aiuti potevano, sia colla borsa, che colla persona. Per ciò fare con risultamento felice, decretava il dì primo decembre 1379, che al finir della guerra medesima si avessero ad accettare nel Consiglio Maggiore, ed ascriversi quindi al patriziato, trenta famiglie fra quelle che più si fosser distinte nello aiutare la patria in tanta calamità … ”

 

ANNO 1379

 

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Giuseppe Gatteri

 

Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.

 

Quando la patria chiama … Le necessità dell’erario sono sempre un pozzo senza fondo ma di fronte alla possibilità di una catastrofe militare i sentimenti della popolazione si rivelano buoni e generosi. Si dà fondo alle ricchezze personali pur di consentire il riarmo della flotta …

 

LA SCHEDA STORICA – 57

 

Fallito il tentativo – o presunto tale – di liberare il legittimo imperatore bizantino Giovanni Paleologo da parte di Carlo Zeno, la tensione tra Genova e Venezia nel Levante era destinata a salire ulteriormente.

Per tutto il 1377 si poteva assistere ad un andare e venire di ambascerie tra le due città nemiche con messaggi, rifiuti e richieste sempre più pesanti. Genova non si riteneva più responsabile degli attacchi che i veneziani subivano in Oriente mentre Venezia rispondeva che nulla poteva essere discusso a proposito di quell’area se prima Giovanni non fosse ritornato sul trono imperiale.

Nel frattempo al comandante veneziano Pietro Mocenigo venne dato l’ordine di far vela verso Costantinopoli per chiedere all’imperatore Andronico il rilascio dei veneziani fatti arrestare per rappresaglia nell’isola di Tenedo. Pietro Mocenigo, in realtà, non arrivò mai nella capitale. Altrove ed improvvisamente era richiesta la sua presenza. Genova infatti, aveva messo in mare una flotta di galee che avrebbe dovuto ricongiungersi con una squadra di navi bizantine per attaccare la stessa isola di Tenedo.

Avutane notizia Pietro Mocenigo fu costretto inevitabilmente a cambiare rotta ed obbiettivo. La guerra con Genova era veramente incominciata. Tuttavia, se il possesso della preziosa e strategica isola, passaggio obbligato per i commerci con l’Ellesponto, il Mar di Marmara, Costantinopoli e il Mar Nero fu il principale ed ufficiale motivo della riapertura delle ostilità, la guerra vera e propria fra Genova e Venezia si sarebbe ben presto spostata su altri e più familiari scenari.

 

L’eterno conflitto

 

Il destino di Venezia si giocò infatti dapprima nel Tirreno, poi, in una pericolosissima risalita, nell’Adriatico ed infine nella stessa laguna.

Gli schieramenti erano già noti. Genova infatti vedeva dalla sua parte, in questa ostinata e furiosa guerra con Venezia, il solito re d’Ungheria e Francesco da Carrara che mai in cuor suo aveva accettato le umilianti condizioni della pace con Venezia del 1373.

Il governo ducale, dal canto suo, era invece riuscito a far aderire alla causa veneziana il signore di Milano Bernabò Visconti, con il patto che tutte le eventuali conquiste fatte per mare sarebbero andate alla Serenissima, mentre quelle terrestri a Milano. Fra queste anche Genova se le cose fossero finite come si sperava e si prevedeva.

Chiariti gli accordi, sancite le alleanze, ai veneziani non restava che organizzarsi per far fronte all’impegno bellico. Vennero formate delle commissioni straordinarie di Savi al fine di snellire ed accelerare le decisioni politiche, ma soprattutto per facilitare la raccolta di denaro. Con questo si doveva specialmente pagare le truppe mercenarie per i combattimenti di terraferma oltre che finanziare eventuali fortificazioni nei punti più strategici come il trevigiano, o comunque ritenuti più’ vulnerabili.

Si proseguì poi formando delle squadre di dodici uomini (duodene) ciascuna delle quali doveva fornire per estrazione a sorte uno o più soldati il cui pagamento restava però a carico di quelli che non erano stati estratti. Era questo un modo tutto veneziano per alleggerire lo sforzo finanziario del governo ducale, ma anche un modo, nel contempo, per coinvolgere e rendere partecipe tutta la popolazione, sia chi era destinato a partire, sia chi invece restava in città.

Fra questi, naturalmente le donne che sul finire del 1379 offrirono volontariamente i loro monili per sostenere l’impegno bellico in difesa della repubblica. In quell’anno, effettivamente, le cose si erano messe molto male per Venezia. Le navi genovesi avevano attaccato Grado e Caorle infliggendo una durissima sconfitta alle navi veneziane davanti a Pola.

 

La guerra si avvicina alla città

 

La notizia della sconfitta e dell’avanzata nemica suscitò paura e sconcerto a Venezia dove scattò l’allarme generale.

Si provvide immediatamente a rinforzare le difese e le fortificazioni dato che la Repubblica poteva ora contare solo su una mezza dozzina di navi di fronte ad una flotta nemica che andava invece sempre più ingrossandosi per l’arrivo di rinforzi dai vari alleati. E così il porto di Lido venne sbarrato e l’abbazia di S. Nicolò fortificata.

Durante quelle settimane estive del 1379 i veneziani, tutti i veneziani, lavorarono febbrilmente giorno e notte per fortificare la loro città. Fu uno sforzo corale di tutta una comunità che non voleva perdere la propria libertà.

Alla fine dell’anno il governo ducale si vide costretto a ricorrere ad un prestito forzoso per far fronte al crescente e prolungato sforzo bellico e difensivo. Si decretò così il 10 dicembre che trenta fra le più generose famiglie sarebbero state accolte, finita la guerra, nel patriziato cittadino ovvero nel Consiglio Maggiore; alle famiglie di rango inferiore che avessero ugualmente ed in qualunque modo partecipato alla guerra, sarebbero invece spettati 5.000 ducati d’oro annui; da ultimo si decretò un premio a quei forestieri che si fossero schierati con Venezia.

La risposta della cittadinanza fu naturalmente massiccia e generosissima, stando almeno alla nota del denaro che si riuscì a raccogliere in quei giorni terribili in ciascun sestiere della città: Castello 1,300,683 lire; S.Marco 1,506,854; Canaregio 1,106,600; Dorsoduro 627,700; S.Polo 1,040,703; S.Croce 6,294,040 lire.

Quel denaro doveva necessariamente servire a ribaltare una delle situazioni più tragiche e disperate in cui Venezia si era ritrovata dalle origini della sua storia.

 

Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 2, SCRIPTA EDIZIONI

Link: http://www.storiavicentina.it

 

 

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