Mag 19 2019

LE STRADE ITALICHE ED ETRUSCHE

Via etrusca  che attraversa il paesaggio  

 

Il clima europeo si stabilizzò fra il 3° e 2° millennio a. C, in cui le oscillazioni di temperatura, che sempre avvennero (<3500>2800<2000>1200<1000>400°a.C.), divennero simili alle attuali, ed il nuovo clima detto neotermale, fu l’attuale temperato umido atlantico, condizionato dall’anticiclone delle Azzorre. In questa epoca scompare completamente la tundra e si formano immense foreste di abeti, faggi, ontani, querce, con praterie di graminacee sulle alture; si estingue l’alce e arrivano cervi, caprioli, stambecchi, l’orso diventa piccolo e rado, soppiantato da branchi di lupi, volpi, cinghiali, lepri.

 

Muta l’epoca da Preistoria a Protostoria con la Civiltà del Ferro, che in Europa inizia nel 1.000 a.C e si compenetra con l’inizio dell’età storica, attorno al 500 a.C, senza un preciso confine, perché vi sono culture che non scrivono i loro eventi (Celti) ed altre culture che li scrivono ma sono stati cancellati (Etruschi); perciò si pone un confine convenzionale che inizia l’età storica italica, con la Civiltà Romana, e reclude gli Etruschi in un limbo che sfuma tra protostoria e storia; e dunque, questo testo che cerca le tecnologie più delle citazioni storiche, vuole restituire agli Etruschi il pieno titolo che meritano, di inventori delle strade moderne, che poi i romani attuarono su larga scala facendosene il proprio simbolo.

 

L’età Protostorica fu la grande epoca dei commercianti Greci, Fenici ed Etruschi, perché il ferro portò una rivoluzione tecnologica che cambiò il corso della storia, e sostituì il dominio dei grandi imperi orientali, con le nuove potenze occidentali del ferro, pur che fossero di cultura inferiore.

 

I centri del potere orientale capirono subito il capovolgimento che stava avvenendo, e perciò mobilitarono tutta l’attività commerciale dei popoli marittimi, per fornire ferro, ferro, e ferro, che raggiunse prezzi da favola, un po’ come oggi è la storia del petrolio. Da qui le civiltà marittime Greci, Fenici ed Etruschi, divennero ricchissime, senza la necessità di attuare politiche imperialiste.

 

Così l’avvento della civiltà commerciale, cambiò ed incrementò la situazione stradale, mutando i percorsi, i criteri di viaggio, le tecniche e le logiche con cui si fanno le strade.

 

Prima il grande motore stradale fu il transito di mandrie e greggi, che camminavano senza esigenze, poi gli agricoltori aggiunsero miglioramenti di percorso per trasportare granaglie dalle campagne ai villaggi, ma furono varianti modeste, perché tutti vivevano della sola economia locale, che trasportava prodotti agricoli in gerle a spalla, o covoni e fascine a dorso d’asino, tra campagna e villaggio, e dunque tutta la concezione stradale rimase limitata all’idea del sentiero, del trattura e della mulattiera, e se pure già vi fosse un commercio esteso su vaste aree, era poca cosa perché poteva scambiare qualche otre di vino con qualche capra o formaggi tipici di vallata; perciò tutto questo passava sulla groppa dei somari.

 

Tutto cambiò col ferro, perché ne serviva molto ed è pesante; dunque si passò alle carovane di carri, e siccome costava caro, si doveva scambiare con altre carovane di merci, tra vino, olio, vasi e suppellettili di valore, perciò non si può buttar lì alla chetichella una storia che dice, che dopo il bronzo venne il ferro, perché bisogna dire che allora cambiò tutto.

 

LE STRADE ITALICHE

 

L’età del ferro Italico si sviluppò prima lentamente, in piccole aree isolate, colonizzate da genti indoeuropee e poi celtiche; prevalsero i villanoviani all’Elba, seguirono quelli della Valtrompia, i Friulani, i Valdostani; per il resto sono presenti numerosi popoli italici allineati sulla Civiltà Eneolitica che abbiamo visto, fatta di attività pastorale e mandriana, con una agricoltura dei cereali poveri, ed una marginale attività metallurgica del bronzo, che si svolge in piccole officine d’uso locale; dunque si viveva in un “piccolo mondo antico” e senza tempo, fatto di villaggi di capanne e piccoli sentieri.

Diverso dal quieto andare sui sentieri dei villaggi, fu l’attività commerciale di questa epoca che seguì altre concezioni stradali, realizzate dagli stessi commercianti, e che si riconoscono in due tipi:

 

Commercianti carovanieri: utilizzavano vari tratti di percorsi già fatti dalla transumanza, scelti con le direzioni adatte per collegare gli abitati principali, per trasportare merci a dorso di mulo: e passavano da un territorio all’altro, seguendo itinerari lunghissimi che collegavano golfi, porti, pianure, guadi fluviali, valichi alpini. Seguivano di preferenza percorsi sui crinali dei monti, perché erano più sicuri, ed usavano percorsi di fondovalle solo per passare da un crinale all’altro.

 

Dunque non costruivano strade ma solo sceglievano tra i tratturi esistenti, quelli che avessero percorsi allineati sulla direzione, che fossero poco accidentati o si potessero rabberciare nei punti più impervi, e soprattutto che avessero pendenze idonee al transito di muli carichi.

 

Non usavano carri a ruote e dunque non avevano particolari esigenze di fondo stradale.

 

Poiché l’attraversamento dei territori di differenti popoli e tribù comportava il rischio di attacchi di predoni, questi trasporti furono organizzati in modo da potersi difendere, perciò furono costituiti dalle “Carovane”, cioè lunghe file di animali carichi, scortate da uomini armati; situazione diversa dai trasporti isolati, sui brevi sentieri locali tra campagne e villaggi.

 

Ancora va detto che occorrevano dei ripari per le soste della notte, e qui ricorsero ai castellari che già erano stati fatti dai pastori della transumanza, e li modificarono per renderli adatti ad ospitare una intera carovana. Questi ripari dovettero anche essere attrezzati di acqua e foraggio per le bestie, perché le greggi dei pastori pascolavano e bevevano lungo i percorsi diurni, e se ne stavano quiete nei castellari di notte; invece gli animali delle carovane dovevano solo camminare durante il giorno e quindi necessitavano di pascolo o pastura foraggio nei punti di sosta.

 

Dunque si nota che una via carovaniera non è più soltanto un trattura più lungo e rettilineo, ma, pur restando una via naturale, cioè non costruita, è dotata di un insieme di accorgimenti che gli consentono di funzionare per questo scopo; e dunque questi dettagli ci consentono di ricostruire dove passarono le antiche vie carovaniere.

Commercianti navigatori: costruivano basi portuali presso la foce dei fiumi, che poi risalivano con imbarcazioni, come già detto, e realizzarono percorsi stradali lungo il corso dei fiumi (greto e alzaia), necessari al traino delle imbarcazioni controcorrente. Dunque erano vie di fondo valle che, dove il fiume non era più navigabile, proseguivano con mulattiere tra colli e monti fino al valico montano, oltre il quale raggiungevano il corso di un altro fiume navigabile nella vallata successiva.

 

Questo sistema di viaggio era più organizzato, perché richiedeva la collaborazione di barcaioli e di mulattieri dislocati in zone diverse; però consentiva il trasporto di grandi quantità di merci perché i tragitti in barca prevalevano decisamente sulle lunghezze dei tragitti a terra

 

I percorsi di fondovalle erano pericolosi nell’antichità, per via dei predoni; però in questa situazione c’era una buona sicurezza di viaggio fondata sul mezzo di trasporto natante, che era protetto dall’acqua che lo circonda, e fondata sull’appoggio degli intermediari, cioè gli abitanti locali presso i monti del valico, sul percorso di mulattiera tra la fine di un fiume e l’inizio del successivo; queste genti erano interessate a partecipare ai trasporti, perciò si preoccupavano di tutelare i carichi dai predoni.

 

LE STRADE ETRUSCHE

 

L’età del ferro Italico coincide con la colonizzazione etrusca, perché questi furono gli artefici della sua commercializzazione. L’attività metallurgica portata in Italia dalle invasioni indoeuropee, sarebbe rimasta un costume locale, di provincia, se non fosse stata valorizzata e sviluppata dall’attività commerciale etrusca. Gli Etruschi conoscevano già l’importanza del ferro perché parte di loro vennero dalla regione caucasica, dove il ferro già si estraeva dai monti Eusini dell’Armenia Pontica, mentre altri dell’area egea, già commerciavano il ferro del Tauro, nel sud della Turchia: gli uni e gli altri erano perfettamente inseriti nei traffici commerciali con Persiani, Siriani, Egiziani, Ellenici, e come iniziarono la colonizzazione della Toscana, avviarono il commercio del ferro dell’Elba prima, e dei Celti poi, nonché svilupparono tutte le altre attività che già c’erano allo stato embrionale, come i bronzo, la ceramica, la tessitura, la lavorazione del legno e del vino, creando un nuovo mondo industriale.

 

Dire Etruschi è come dire commercianti, e dire commercio è come dire necessità di strade sicure; per questo gli Etruschi furono i primi costruttori di strade vere e proprie, con le stesse tecnologie con cui costruirono le città murate, i ponti, le dighe, i porti.

 

La concezione stradale era maturata già prima in Mesopotamia, dove era sorta la necessità di percorsi lunghissimi su sentieri, con carovane di cammelli, perché la siccità che andò sempre aumentando, ridusse drasticamente tutta la più antica la rete dei collegamenti fluviali

 

Gli Etruschi provennero un po’ da tutti i paesi orientali, dal Caucaso all’Anatolia, dall’Egeo alla Siria, e dunque portarono in Italia tutte quelle esperienze già note, e le adattarono al nostro territorio.

 

Perciò le vie etrusche sono percorsi “costruiti”, applicando vere e proprie tecniche per riadattare i preesistenti tracciati della Transumanza e le Mulattiere, o per aprire nuovi percorsi, e su queste vie posero vere e proprie stazioni di sosta e protezione dei carichi, in viaggio attraverso territori stranieri.

 

Abbiamo già visto che i pastori usavano punti di sosta e bivacco sui castellari, ma loro ci portavano pecore e si accampavano per la notte senza esigenze; poi vennero le carovane di muli che posero strutture più organizzate, ma che rimanevano disabitate tra un transito e l’altro, perché erano in luoghi isolati distanti chilometri dai villaggi, perciò continuavano ad essere dei bivacchi, in cui i pastori del luogo che già vi si recavano con le greggi, venivano incaricati di ripulire gli abbeveratoi, rifornire di fieno per i muli di carovana, legna da ardere, e portare loro prodotti alimentari in vendita, quando vedessero una carovana in transito.

 

Con la civiltà etrusca il commercio divenne un’attività sistematica, per portare mercanzie estere e raccogliere prodotti locali in scambio, di villaggio in villaggio, oltre al più grande traffico del ferro, e dei relativi prodotti necessari al controvalore, che viaggiavano su lunghe distanze, in cui permaneva la condizione di muoversi come estranei, all’interno di aree abitate da genti diverse; perciò il problema primario rimase quello della sicurezza di viaggio, su percorsi dotati di ripari migliori, perché si transitava in continuazione con grandi quantità di merci di valore, che interessavano ai predoni.

 

Perciò l’organizzazione etrusca cambiò totalmente la situazione, facendo trasporti con carovane di carri, anziché a dorso di mulo, e con stazioni di sosta che fossero abitate, per essere vere e proprie stazioni di servizio, sosta e protezione, con lo spazio per contenere tutta una carovana, al sicuro entro le mura, i magazzini, i fienili per pasturare gli animali, i maniscalchi per ferrare gli zoccoli di muli e cavalli, i carpentieri per riparare le ruote dei carri, le osterie per far mangiare la moltitudine che conduceva la carovana, il recapito di messaggi da inviare ad altre località, e tutte quelle cose che una cittadina poteva fornire, per essere un punto di accoglienza e supporto dell’attività commerciale.

 

Fu così che nacque il metodo di fondare colonie sugli itinerari stradali, analogamente a come già si faceva per le colonie costiere lungo gli itinerari marittimi. Sorsero numerose cittadine minori, murate, più o meno equidistanti, intermedie tra le città maggiori, con funzioni di base di appoggio, presidio di zona, manutenzione stradale, fornitura di tutti i servizi di sosta e di viaggio, nonché furono emporii commerciali, per vendere prodotti nel circondario e sfruttare le risorse del luogo.

 

Il sistema delle città murate, comportava la rigidità organizzativa e di popolamento, dovuta alle dimensioni limitate ed immutabili definite dalla cerchia di mura; perciò l’aumento demografico che vi si generava inevitabilmente, doveva essere gestito con uno sfollamento sistematico periodico, e quella gente che si doveva trasferire, andò a popolare ogni nuova colonia, ovvero una città satellite legata alla città madre; per cui sorse il sistema di giurisdizione delle Lucumonie e le strade adatte a tenere saldi collegamenti tra città principale e satelliti, nell’intorno e lungo gli itinerari.

Gli Etruschi furono i primi a costruire città murate, i primi a fondare colonie ad itinerario stradale, ed i primi a formare comunità multietniche, perché ogni città o colonia, fu abitata da etruschi e indigeni.

 

– Il sistema politico-sociale etrusco era basato sulla integrazionetra le genti, perché ciò dava forza agli scambi commerciali, per cui ogni città o colonia veniva costruita secondo la solita tecnica della cerchia di mura, e veniva popolata in parte da etruschi ed in parte dalle genti locali che avevano partecipato ai lavori di costruzione. Analoga fu la costruzione delle strade che si dovevano trasformare dal sentiero naturale alla via costruita,con precise tecniche e criteri idonei al transito di carri a ruote, pesanti, con valori, che dovevano viaggiare con adeguata velocità e sicurezza.

 

Per costruire tutte queste cose, su ampi territori, occorreva il lavoro di molta gente, e perciò invalse l’uso di pagarla, almeno in parte, col diritto di abitazione nella città, più sicura che fuori; perciò i coloni etruschi coadiuvati dai nativi del posto, si amalgamarono lavorando ed abitando assieme, per cui si diffuse rapidamente la cultura etrusca tra indigeni che pur conservavano loro costumi e credenze.

 

A differenza degli altri popoli italici, permeati di monoculture tipiche delle società di origine tribale, gli Etruschi formarono società cosmopolite, come si usava già in Oriente, in cui si pone una legge che ordina l’etica esteriore necessaria alla convivenza, ma non tocca l’etica interiore dei valori e credenze, alle quali ogni popolo rimane legato molto più a lungo, e che se venisse forzato a mutare anche qui, provocherebbe crisi di stabilità sociale.

 

Questa cultura integratrice produce un forte sviluppo di attività economiche, ed una crescita tecnologica, per la somma di esperienze diverse; però non produce la vera coesione sociale, che matura soltanto col cambio di più generazioni. I popoli diversi uniti nel principio della tolleranza, convivono, si adattano ad un comportamento ed una ripartizione dei ruoli, ma rimangono intimamente separati, ciascuno con le sue tradizioni e credenze, non si sentono gli uni uguali agli altri, e l’assenza di un sentimento unitario fa mancare l’orgoglio dell’identità di popolo.

 

Questa fu la causa dello sfaldamento della civiltà etrusca, quando venne meno il potere centrale che vede e provvede; interrotti i commerci etruschi e vuotate le casse del re, non si poté fare più nulla. Condizione analoga alle odierne chiusure di stabilimenti, dovute ad una amministrazione che non trova più le condizioni economiche per proseguire.

 

Diversa fu la vicenda delle nazioni permeate dell’identità di popolo, come la civiltà greca, le orde galliche, il primo cristianesimo, e l’artificiosa religione di stato romana; furono comunità convinte di doversi battere anche senza denari, pur di sostenere la propria identità, e prevalsero sulle avversità.

 

Caratteristiche delle Strade Etrusche

 

Non uso il termine di strade preromane perché è generico ed include le vie preistoriche, le vie italiche e le vie etrusche, però come già definito con le vie preistoriche, uso il termine vie etrusche per indicare l’insieme di quelle antiche strade a lunga percorrenza, sorte in età etrusca anche fuori dell’Etruria, che sono fatte con precise tecniche e concezioni avanzate, inventate o importate dall’oriente, per razionalizzare gli antichi sentieri, tratturi e mulattiere, e farli diventare percorsi adatti alle carovane commerciali con carri a ruote.

 

– A partire dall’8° secolo a.C. la civiltà etrusca, pianifica una rete stradale che consente di raggiungere sistematicamente ogni punto del territorio, e fa degli Etruschi i primi veri ideatori di strade, perché scelgono parte dei preesistenti tracciati della transumanza e li trasformano in strade carrarecce.

 

Le strade etrusche sono principalmente carovaniere, cioè lunghissimi percorsi che vanno diretti da un territorio ad un altro, ma per quanto dritte non sono perfettamente rettilinee come le romane, ma si adattano alle forme del terreno, con tracciati con pendenza entro limiti costanti del 6-8% che arrivano al 10% nei tratti solo mulattieri.

 

Gli Etruschi seguirono le forme delle valli, ed individuarono i punti di interesse fondamentali, come transiti fluviali, alture adatte per città, pianure agricole, zone minerarie, e collegarono tutto con una rete di strade preordinate, lungo le quali fecero sorgere gli abitati ad opportuni intervalli regolari, per la sosta dei viaggiatori sui percorsi, per formare colonie di sfollamento delle città primarie, e per inglobare le genti locali con l’integrazione culturale etrusca.

 

Gli Etruschi si resero conto che la penisola italiana è suddivisa naturalmente dalle vallate degli Appennini, parallele tra loro e con andamento da nord-ovest a sud-est, che sono interrotte qua e la da valli minori trasversali, e che tutti questi spazi erano già stati percorsi dai tratturi della transumanza; per cui pianificarono con i loro criteri geometrici, di scegliere i tracciati più razionali per realizzare una rete viaria capace di interessare sistematicamente tutto il territorio, così da raggiungere qualsiasi punto per creare itinerari mercantili e sviluppare località per trarne risorse.

 

Come già era nell’idea di suddividere lo spazio urbano e la bonifica agricola, con un reticolo di strade a scacchiera, così gli Etruschi divisero l’intero territorio italico, con una rete viaria regolare ad andamento longitudinale e trasversale tra i monti della penisola.

 

Per questo motivo nomino una cosiddetta “Griglia Etrusca”, quando cito il sistema stradale etrusco, in cui il protagonista viario è “il territorio”, cioè è il soggetto che va ripartito razionalmente. Non importa che una città si divida in strade dritte e perpendicolari tra loro, mentre un territorio si divide in strade un po’ sbieche, perché rimane il concetto che tutta l’area è suddivisa in corsi longitudinali e trasversali, con i quali è possibile raggiungere qualsiasi località dell’area, e dunque impiantarvi commerci, fondare colonie, sfruttare risorse locali.

 

Diversa è la concezione stradale romana in cui il protagonista viario diventa “la città” e non più il territorio, per cui le strade non si fanno più seguendo l’idea della scacchiera, ma si fanno sull’idea che la città è il centro gravitazionale di un territorio, per ciò le strade devono disporsi a raggiera, che si dipartono dal centro urbano, verso il suo circondario.

 

– Entrambe queste due concezioni di logica stradale furono ideate dagli Etruschi, i quali però posero le strade a raggiera soltanto sulla loro capitale Volsinii (Viterbo) affinchè l’idea della centralità di culto fosse rappresentata anche dall’idea della centralità direzionale, con cui venivano collegate tutte le comunità. La civiltà romana fortemente egocentrica, raccolse subito questo messaggio, e perciò fece di ogni città romana il centro di una raggiera di strade, ed il collegamento tra un città e l’altra fu appunto uno dei raggi stradali di penetrazione del circondario.

La grande differenza stradale portata degli Etruschi, fu di percorrere i fondovalle invece dei crinali, perché erano più pianeggianti e lineari, adatti a farvi passare i carri a ruote.

 

Per giungere a questa scelta si dovette risolvere il problema della sicurezza del viaggio che, gli italici risolsero passando dai crinali dei monti; mentre l’organizzazione etrusca congiunse il sistema delle carovane anziché i trasporti isolati, l’uso dei carri a ruote anziché il dorso di mulo, la scorta di uomini armati a cavallo anziché a piedi, la presenza di stazioni fortificate equidistanti lungo le carovaniere.

 

Nel parlare di percorsi etruschi uso il termine “Vie” e non strade, perché il secondo termine è romano e derivata dalla parola “strata” che significa via fatta a strati (sottofondo di ghiaia, massicciata compatta e lastricato di beole sopra). Le Vie si differenziano dai sentieri, tratturi e mulattiere, perché sono dotate di strutture costruite, non presenti nei precedenti percorsi preistorici.

 

 

Il termine Vie (viaein latino) deriva dalla radice indoeuropea *wegh- con il suffisso -ya, che significa “andare”, ma anche significa “trasportare”.

 

I romani usavano chiamare Vie le antiche strade extrurbane che partivano da Roma

 

La denominazione stradale antica distingueva quattro tipi

 

angiportum:   era il nome dato ai minuscoli sentieri, di breve collegamento porta a porta

 

itinera:            le vie pedonali, i lunghi sentieri e le mulattiere (stretti e lunghi)

 

actus:              le vie in cui poteva passare un carro alla volta, di solito separavano i campi agricoli

 

viae:                le vie in cui potevano passare due carri contemporaneamente in controsenso.

 

Strade veloci:le vie importanti lastricate, con sottofondo a strati, per tutti i transiti anche di carri

 

Le vie etrusche furono fatte per il transito dei carri a ruote, non più dei soli animali, perciò furono selciate, ma senza farvi sotto le massicciate; più semplicemente posero uno strato di pietre (acciottolato o lastricato) sul fondo di terra battuta preesistente, e compattarono il fondo dei soli punti dove non fosse solido a sufficienza, però non fecero scavi con riporto di massicciata.

 

La tecnica dell’acciottolato fu usata solo sulle strade dove dovevano passare carri a ruote, mentre lasciarono la terra battuta nei percorsi secondari e pianeggianti; e queste strade preparate ma non pavimentate venivano chiamate “viae glareae”o “sternendae”, se venivano cosparse con ghiaia, oppure erano dette “viae terrenae”se rimanevano solo sterrate.

 

Non fecero strade perfettamente rettilinee come i romani, però raddrizzarono tutti i percorsi tortuosi delle vie preistoriche, e fecero solide costruzioni di mura, terrapieni, ponti e cunicoli, per rinforzare e durare nel tempo, poiché le strade erano percorse dai carri, spesso pesanti col ferro.

 

A differenza dei tratturi che gironzolano qua e là, le strade etrusche seguono il percorso più breve per congiungere una città con l’altra. Concetto esaltato poi dai romani che pur di fare strade rettilinee, sbancarono fiancate di monti, fecero gallerie e costruirono lunghissimi ponti per scavalcare vallate.

 

– Dove vi sono rupi o costoni di montagna, prima si aggiravano, ma poi gli Etruschi li attraversarono facendo le celebri “tagliate”, cioè canaloni scavati nella roccia dove farvi passare la strada, e dunque diedero inizio all’idea che le strade debbano essere dritte sul percorso più breve.

 

Al fianco delle strade posero muricci a secco di sostegno per evitare smottamenti, ed un canale di raccolta e scolo delle acque piovane che discendevano dal lato monte, costiparono pietrame dove erano guadi, pantani, salite, rivi di pioggia che potessero attraversare la strada.

 

Gli Etruschi non posero sulle strade le pietre miliari, per segnare le distanze stradali, ma posero simili colonnine di pietra, per segnare i confini di giurisdizione territoriale tra le città, e tra le proprietà delle terre, ed attribuirono un valore sacro a questi segnacoli, con pena di morte a chi li spostava.

 

L’organizzazione del viaggio etrusco concepì la suddivisione di ogni tragitto stradale in “tratte” di percorso modulari. Ogni modulo o tragitto era pari a sei miglia = 9 km = 1,5-2 ore di marcia a piedi con animali al seguito, o con carichi a dorso di mulo, o con carri trainati da animali da soma. Questi moduli di percorso erano stati concepiti per la consuetudine che in quell’intervallo gli animali dovessero fermarsi per pascolare, bere, riposarsi.

 

Ogni punto di sosta, equidistante sei miglia, prese il nome di Sestum“,che significa la misura della apertura di compasso (il raggio del cerchio sta sei volte nella circonferenza), ma significa anche “6°miglio”, e significa anche “Sosta”, da cui Siesta = riposarsi, (vedi capitolo II Modulo di Viaggio).

 

Va notato che le vie etrusche sono modeste rispetto alle romane, perché furono fatte con le stesse tecniche, ma con economia di mezzi, perché facevano costruire le strade dalla gente locale, zona per zona, e la pagavano parte col diritto di abitare in città, e parte con loro prodotti (vino, olio, sale, oggetti in bronzo e ferro, vasi ceramici, tessuti).

 

I romani invece poterono fare meglio perché non pagavano nessuno, ma andavano a catturare tanti schiavi quanti ne servissero. Da ciò viene quel po’ po’ di capolavoro stradale che riscuote tanta ammirazione.

 

: RODAN, le strade italiche , da Acheo media, del 26 novembre 2011

Link: https://www.archeomedia.net/wp-content/uploads/2011/11/26_Strade_Etrusche.pdf

 

 

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